Dal sito Off Lines Org di C. Kates © Traduzione, note e glossario a cura di Alessia Guidi, 2000.
La storia di Charlotte Kates, tradotta in italiano e presentata da Alessia Guidi, è un racconto dettagliato dei cinque mesi che la ragazza, non ancora maggiorenne, ha vissuto all'interno di una "org" di Scientology di media grandezza, forse paragonabile a quelle di Torino, Verona o Brescia. Mi ha molto colpito perché racconta il tipo di euforia che si prova quando si è dentro, le persone meravigliose che si incontrano, l'entusiasmo e i "grandi obiettivi". Credo sia il racconto più realistico che ho letto su questo aspetto della vita in Scientology, che non dovrebbe mai essere dimenticato. È estremamente utile per capire le motivazioni che spingono e hanno spinto molti di noi ad unirci a quel gruppo. Anche quando, come ci racconta Charlotte, si era al corrente delle aspre critiche rivolte al movimento. Le numerose testimonianze personali che "Allarme Scientology" pubblica sono state scritte per lo più da persone con alle spalle un'affiliazione durata anni, che avevano ricoperto incarichi direttivi o "tecnici" piuttosto elevati. Una realtà che i frequentatori di basso livello, cioè la maggioranza, non conosce né riconosce. Ed è per questo che molto spesso tende a liquidarla come menzogna, invenzione, cattiveria messe in giro dai "nemici". Inoltre chi per anni ha subito soprusi fatica non poco a ricordarsi i primi tempi, a vederne le positività. Tende a rivivere gli abusi subiti, a parlare di quelli, nel tentativo di mettere in guardia il prossimo. Forse solo Monica Pignotti era riuscita a rendere così bene l'esaltazione che tutti, indistintamente, abbiamo provato all'inizio. La realtà che i publics normali conoscono è quella raccontata da Charlotte: una "org" popolate da persone davvero e sinceramente brave, dedicate, oneste, altruiste, interessate a te. Tese a raggiungere un obiettivo importante, che porterà enorme beneficio all'umanità intera. L'ambiente è forse un po' troppo rigido, ma si impara presto ad accettarlo. In fondo per raggiungere un obiettivo è necessario essere determinati e disciplinati... e poi chi ci sta intorno pare l'accetti senza problemi - quindi se ci sentiamo disturbati il problema dev'essere in noi, non nell'ambiente circostante, così ci sforziamo di adattarci. E ben presto facciamo nostri scopi e obiettivi di questi compagni così caldi, comunicativi, all'apparenza felici e realizzati, e non vogliamo essere da meno. I corsi o i procedimenti introduttivi che abbiamo fatto ci hanno dato benefici tangibili, diventa naturale conformarci o "sospendere il giudizio" in attesa di saperne di più. Credo che per Charlotte il contatto con l'informazione critica sia stato determinante. Le ha permesso di rendersi conto che il disagio che provava in certe circostanze, i dubbi che l'assalivano e le contraddizioni che viveva non erano colpa sua come si tendeva a farle credere, e non sarebbero scomparsi con ulteriori corsi o procedimenti. Erano sensazioni che altri avevano provato prima di lei nei medesimi termini. Avevano cause ben definite, portavano in una direzione ben precisa. Chi come me si è avvicinato a Scientology in un'epoca in cui, almeno in Italia, non era disponibile informazione critica ha spesso impiegato anni per giungere alle conclusioni a cui è giunta Charlotte in cinque mesi. Semplicemente perché si continuava a cercare dentro di noi o nel mondo esterno a Scientology le ragioni dei nostri dubbi, delle contraddizioni stridenti, i motivi della mancanza di ulteriori benefici, quei benefici spettacolari che ci avevano colpiti all'inizio e ci avevano fatti innamorare. E che insieme al bombardamento propagandistico interno, alla pressione dei compagni, al condizionamento sociale a cui eravano sottoposti ci avevano indotti a pensare e credere che Scientology fosse infallibile e che i problemi fossero da ricercare altrove, non dentro la sua stessa struttura. In fondo sarebbe bastato un confronto sincero con i nostri compagni, la libertà di parlare apertamente dei nostri sentimenti, sensazioni, problemi e dubbi per renderci conto di quanto fossero comuni e diffusi. Ma questo, in Scientology, non è permesso. E allora si continua a interiorizzare la colpa nel timore di essere giudicati da chi ammiriamo, da chi ci sembra felice e realizzato. Nel timore di essere costretti a studiare da capo in cerca di una parola malcompresa che ci hanno insegnato essere l'unico motivo per cui si hanno dubbi o ci si sente in disaccordo, con conseguente perdita di tempo e, spesso, di denaro. E quando abbiamo la certezza di aver compreso ogni singola parola ma ancora avvertiamo disagio, ci affanniamo a cercare qualche fonte di soppressione nel mondo esterno a Scientology, magari incolpando amici e familiari che non condividono pienamente la nostra scelta, arrivando a far diventare sempre più labili e superficiali quei rapporti, se non addirittura a troncarli. La realtà pura e semplice è che dentro Scientology tutti, in misura maggiore o minore, si finge una felicità e una soddisfazione che non si prova del tutto. Ma si ha paura di dar voce ai veri sentimenti provati perché farlo significherebbe disapprovazione e cicli di etica, cioè punizione. Questa non è la strada verso la libertà, ma la strada verso il conformismo acritico, l'obbedienza cieca e, in definitiva, il fanatismo. Credo che gli scientologisti dovrebbero riflettere molto serenamente su questo punto, sforzandosi di essere sinceri con se stessi. Dovrebbero cercare di aprirsi con i propri compagni per verificare se il disagio che spesso provano è un sentimento diffuso. È mia ferma convinzione che lo sia, perché non ho trovato un solo ex scientologo che non l'abbia vissuto, che non abbia finto che andasse tutto bene, anche se dentro aveva l'inferno. Ma non poteva mostrarlo agli altri. Ricevo numerose e-mail di scientologisti attivi, anche di livello avanzato, che mi raccontano i disagi e le contraddizioni che stanno vivendo. È emblematico che si rivolgano a me, che la loro organizzazione definisce "persona soppressiva", cioè nemica di Scientology e degli scientologisti, per avere una valvola di sfogo, o in cerca di aiuto e consigli. Significa che Scientology ha fallito. Non è addossando agli altri la colpa dei propri fallimenti che si cresce spiritualmente, e nemmeno è questo il cammino verso la libertà totale. Fino a quando la dirigenza di Scientology rifiuterà, come ha sempre fatto, di assumersi la responsabilità dei propri fallimenti continuerà a fallire. Le org continueranno ad essere luoghi di passaggio, con tanta gente che viene e altrettanta che se ne va. Con tanta gente scontenta, amareggiata, critica. Con tanta gente che sporge denuncia come accade, e da sempre è accaduto, ovunque sia arrivata Scientology. Martini, 2000 La storia di Charlotte Kates che vi propongo credo sia estremamente interessante. È lunghissima, lo so, non ditelo a me che l'ho tradotta :-(… ho impiegato quasi sei mesi. Charlotte era una ragazza di soli 17 anni quanto, nel 1997, rimase affascinata da Scientology. La sua affiliazione è durata poco, appena 5 mesi, ma nel suo racconto è possibile riconoscere il fascino che un'organizzazione come Scientology esercita sulle persone. Avvicinatasi sull'onda della semplice curiosità, paradossalmente indotta da una trasmissione televisiva molto critica su Scientology, nel giro di poche settimane si ritrova a firmare un contratto da un miliardo di anni con la Sea Org, il corpo elitario paramilitare di Scientology. Sofferente di un disturbo alla tiroide, la ragazza viene convinta a sospendere le terapie. Successivamente si ritrova a manifestare per giorni interi contro la Commissione di Inchiesta inviata a Washington dal governo federale tedesco. Il suo racconto della manifestazione, molto simile a tante altre che abbiamo visto anche in Italia e in Europa, presumibilmente intese a dimostrare contro una presunta "intolleranza religiosa", è emblematico. Charlotte, infine, è stata parte attiva nella promozione del programma "Meet Scientologists online", cioè quelle migliaia di pagine web tutte uguali in cui scientologisti di tutto il mondo si presentano, e cercano di attirare l'attenzione dei lettori a fini di proselitismo oltre che, naturalmente, intasare i motori di ricerca nel tentativo di impedire la visualizzazione del materiale critico all'organizzazione. Alla fine Charlotte se ne è andata. L'ha fatto soprattutto grazie alla Rete, che le ha dato strumenti di riflessione e informazioni essenziali per operare una scelta informata. Le ha dato modo di confrontarsi davvero e di discutere apertamente i dubbi che l'attanagliavano. Una frase di Charlotte mi ha particolarmente colpita. Quando da scientologista ancora attiva entra in Rete e constata che ormai dipendeva «dai "nemici" e dai "soppressivi" per avere aiuto, consigli e verità. Nel giro di qualche ora le persone che fino a pochi giorni avrei combattuto con ogni mezzo a disposizione si dimostravano miei difensori. A quel punto credo proprio che niente avrebbe potuto farmi tornare allo stato mentale di un devoto scientologista, perché l'intera "tech" su "SP" e "nemici", su "PTS" e "maneggiamento" si era semplicemente sbriciolata. Quando chi si dice appartenga a quel 2,5% di popolazione malvagia diventa guida per lo scientologista, allora la Chiesa di Scientology non ha più nulla da offrire». Da quando ha deciso di abbandonare la Chiesa di Scientology e parlare apertamente della sua esperienza, Charlotte è stata fatta bersaglio delle molestie per cui l'organizzazione è nota. I suoi ex amici non esitano a tenere "manifestazioni" davanti alla casa in cui vive, definendola "fanatica", "fomentatrice di odio" e "intollerante". Questa testimonianza offre numerosi spunti di riflessione, ed è il motivo per cui ve la propongo. In allegato troverete inoltre un articolo relativo alla morte di uno scientologista tedesco a cui Charlotte fa riferimento nel suo scritto; il "Life History", cioè la serie di domande personali a cui gli staff di Scientology devono rispondere periodicamente; le foto delle molestie subite dalla ragazza dopo essere diventata apertamente critica e un utile glossario di termini e gergo di Scientology. Alessia Guidi |
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