Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic. Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © Der Spiegel - La Repubblica.
BELGRADO
(30 APRILE) - Questa non è più una guerra, è un castigo
divino. La notte scorsa, oltre agli spaventosi boati dei missili, anche
il terremoto, forte: ha scosso le case, agitato i muri, fatto vibrare le
finestre.
In ottobre, quando la gente aspettava ogni
notte le bombe durante le trattative per la pace fallite, era successa
la stessa cosa: una notte, un improvviso terremoto aveva scosso Belgrado.
Buttata di colpo giù dal letto, la città si era rovesciata
per strada, convinta che il bombardamento fosse cominciato. Ma qualche
minuto dopo, quando si è capito che si trattava "solo" di un terremoto,
tutti avevano tirato un sospiro di sollievo, tornando tranquillamente a
dormire. In tanti, però, avevano vissuto l'evento come un segno,
un avvertimento dal cielo: che cosa si sta preparando, cosa accadrà
se resteremo così irragionevoli, così senza coscienza, così
passivi, e permetteremo a questo regime di continuare il suo gioco d'azzardo
con le nostre vite?
Sei mesi dopo, ora che le vere bombe hanno
cominciato a cacciare le persone dalle loro case, la gente non pare ancora
aver capito bene. Calmi, sottomessi, docili come vittime che sembrano trovar
piacere nel loro boia, ci siamo imbarcati tutti assieme per un viaggio
senza ritorno, guidati dal Grande Capo che partecipa solo virtualmente
a tutto quello che succede, ma in realtà si nasconde in un posto
profondo sotto terra, in uno dei suoi tanti fortini lussuosi. Forse questo
terremoto della notte scorsa è stato solo il risultato della caccia
che gli dà la Nato, una caccia che si svolge laggiù nel buio,
e sono stati gli ordigni moderni a provocare il sisma.
Oppure la terra ha tremato con la forza
di un nuovo, estremo segno dal cielo. Chi sarà capace di riconoscere
questo segno? E se lo riconosce, chi sarà capace di sapere cosa
dobbiamo fare?
Faccio un nuovo esame a me stessa e alla
mia coscienza, dopo questa orrenda notte. E la prima cosa che mi confesso
è che ormai ascolto con autentico interesse soltanto le notizie
che parlano delle distruzioni subite da Belgrado. Quando sento cosa è
stato colpito a Novi Sad, oppure a Valjevo, l'attenzione cala. Quando il
telegiornale trasmette i resoconti da Pristina, perdo decisamente la pazienza,
cambio canale, cerco su altre emittenti nuove notizie su Belgrado. È
una specie di limitazione della coscienza umana che con il tempo accende
il pilota automatico e permette all'indifferenza di fare breccia, dando
accesso alle emozioni soltanto quando qualcuno abbastanza vicino a noi
diventa vittima di una disgrazia: qui sotto la nostra finestra, oppure
nel giardino dall'altra parte della strada. La soglia della nostra sensibilità,
negli ultimi dieci anni, si è abbassata sempre di più, consentendoci
di abituarci molto presto alle immagini che arrivavano dalle guerre in
Bosnia e Croazia. Anche a quei tempi funzionava il pilota automatico che
guidava le nostre coscienze: quello che non succede direttamente a te stesso
non ti interessa molto, piano piano diventi impercettibilmente indifferente.
Adesso, dopo appena un paio di settimane
o dopo un solo giorno di partecipazione emotiva, i motori del meccanismo
di difesa si accendono da soli. Il senso generale di sgomento viene sostituito
da un interesse selettivo, capisco che mi sensibilizzo solo sulle esplosioni
vicine, e nello stesso tempo dimentico le cose più gravi. Dimentico
quella gente uccisa e massacrata nel Kosovo, dimentico le colonne di profughi
che muoiono sulle strade o alle frontiere, dimentico le vittime innocenti
degli errori della Nato, dimentico tutti, tranne me stessa.
Il terremoto di stanotte era un segno,
il bombardamento solo uno dei tanti. L'indifferenza è un delitto,
sono coscienza e compassione a distinguerci dal Grande Capo che queste
qualità - è ormai dimostrato con certezza - non possiede.
Questa città è stata strappata bruscamente al suo torpore
e ora deve rimanere sveglia, con gli occhi spalancati, per confrontarsi
con i suoi demoni, con la sua colpa. Dopo sarà capace di trovare
la forza per ricominciare. E quelli privi di coscienza li lasceremo dentro
i loro fortini, a decine di metri sotto terra, finché non saranno
seppelliti dall'oblio, per sempre.
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