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Scommesse nella notte: dove cadono le bombe?

Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic.

Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© Der Spiegel - La Repubblica.

BELGRADO (29 APRILE) - In questo paese tutto è sottosopra, anche il modo di scrivere un diario. Questo genere letterario, che descrive cosa accade, da noi è stato violentato dagli scritti quotidiani che la moglie di Milosevic pubblicava su varie riviste per casalinghe. Invece di scrivere le cose successe, lei nella sua prosa oscura annunciava le cose che dovevano avvenire. Se nel suo diario menzionava qualcuno, tutti sapevano che cosa sarebbe successo: un'epurazione dal partito, la condanna pubblica di una persona. Così, Mira Markovic ha stravolto il genere, descrivendo nei suoi diari gli eventi che accadranno, e questo non perché sia una chiaroveggente, ma perché è lei stessa la creatrice delle notizie, creandole come il nostro futuro, emanando le decisioni e facendo le liste di quelli che sono favoriti o caduti in disgrazia alla "corte" di Milosevic.

Anche io, scrivendo questo diario di "guerra", ho cambiato le regole: invece di scrivere di sera, come è abituale, descrivendo le cose alla fine del giorno, io scrivo il mio diario di buon'ora, dopo un'altra notte di sonno interrotto, dall'ascolto delle esplosioni. Qui le cose più importanti accadono di notte: quando le sirene d'allarme segnano l'arrivo del buio e degli aerei della Nato, la "festa" inizia.

Ascoltando le esplosioni, immaginiamo se il boato è una bomba oppure un missile, se ce ne sarà una sola oppure tante; e poi: cosa è stato colpito? Quando mi sveglio con un sobbalzo, mezza addormentata, ma con l'orecchio già allenato a questi suoni, pronuncio ad alta voce il luogo dove credo sia caduta la bomba: "Il ponte!", borbotto fra i denti, dopo una serie d'esplosioni forti e a catena. "Stato maggiore", risponde il mio fidanzato, quasi dormendo. Poi continuiamo a dormire fino alla prossima occasione di scommessa. "È qui vicino", rispondo dopo un forte boato. "Forse hanno colpito un'altra volta la televisione", dice lui, aggiungendo sempre la stessa frase: "Dormi, non avere paura".

È cosi per tutta la notte. Ci svegliamo la mattina presto e, prima di lavarci, accendiamo la tv. Ascoltiamo le notizie su cosa è stato colpito la notte; io raccolgo le informazioni per il mio diario. Qualche volta vinco io la scommessa, qualche volta lui, ma più spesso nessuno.

Chi non vince mai sono le persone che abitano accanto ai luoghi presi di mira. Perché tutti, benché ormai si sia tutti un po' incoscienti e privi di buonsenso, non scommettono mai sui luoghi dove vivono. Pensiamo sempre che il colpo arrivi altrove, lontano da noi. E tutti dicono le stesse frasi: "Dormi, non avere paura", "non succederà qui vicino", "quanto tempo rimane perché faccia giorno, perché finisca l'attacco?"; siamo qui a contare le ore, dormendo e sognando la fine.

Nonostante il disprezzo che provo verso i tentativi letterari della moglie di Milosevic, mi piacerebbe che lei continuasse a pubblicare i suoi "diari". Così potrei sperare d'indovinare un giorno, tra le parole, l'annuncio di quello che accadrà inevitabilmente e che desidero più di tutto: la fine della loro era - che sarà l'inizio di una nuova vita per noi. Nel frattempo, spero che, ascoltando regolarmente quella frase: "Dormi, non avere paura", non passerò di colpo dalla vita alla morte, come la gente di Surdulica.

 
 
 
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