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Ma perché la Chiesa ha aspettato 10 anni?

Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic.

Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© Der Spiegel - La Repubblica.

BELGRADO (18 GIUGNO) - Da qualche giorno evito di soffermarmi a riflettere sulla dichiarazione pubblica della Chiesa Serba ortodossa e del suo patriarca Pavle che chiedono al Presidente della Repubblica e al governo di dimettersi. Prendo tempo, perché anche la Chiesa ha esitato troppo, per dieci interi anni, prima di rivolgersi così chiaramente e severamente al pubblico.

Anche dal punto di vista morale, per un lungo periodo la nostra Chiesa si ritirava in una specie di neutralità, approvando con il proprio silenzio il regime per un periodo troppo lungo. D'accordo, la Chiesa non dovrebbe occuparsi di politica, ma nei momenti decisivi per un popolo, si deve pur prendere posizione in qualche modo. Il primo a condannare il bombardamento del nostro paese è stato il vescovo belgradese, Monsignor Perko, prima che gli ufficiali della chiesa "ufficiale" serba ortodossa si facessero sentire. Quando durante questa guerra, il Presidente, la sua infame moglie, e il loro libidinoso figlio, hanno ospitato ad un "pranzo familiare" (cito dai media ufficiali) anche il nostro patriarca e il patriarca russo Aleksej, mi sono arrabbiata contro la Chiesa, delusa perché ha permesso in momenti decisivi di essere manipolata da un regime di anti-Cristi. Così si é persa la possibilità di aiutare le forze democratiche che hanno provato disperatamente a cambiare il corso della storia. Perciò quando ho sentito l'appello della Chiesa al leader e al governo, mi sono chiesta: "Perché non fanno i nomi?" Che significa: "Noi chiediamo la sostituzione del Presidente della Repubblica e del suo governo". Se questo dal punto di vista legale riguarda il presidente della Repubblica serba Milutinovic che è solo una marionetta, o il presidente della Jugoslavia che ha condotto tutto il gioco? Perché non sono mai completamente chiari e non chiamano le cose con il loro nome, accettando tutte le conseguenze dei loro gesti?

Adesso, i media del regime hanno iniziato ad attaccare il patriarca con grande forza, chiamandolo "il collaboratore dei killer della Nato", che è una grande bugia, così pericolosa e così sfacciata, che sembra richiamare a un nuovo spargimento di sangue, questa volta fratricida, sembra invitare i serbi-atei ad andare contro i serbi-cristiani, e con questo atto finire la pulizia del terreno, per lasciare spazio libero al regno di Milosevic.

Questo è successo nello stesso giorno in cui certe squadre militari sotto il comando di Belgrado, al confine tra Croazia e Montenegro, hanno maltrattato fisicamente due sacerdoti cattolici. In questo stesso giorno, il patriarca Pavle ha fatto un passo ammirevole, decidendo di trasferirsi nel Kosovo e di condividere il destino del suo popolo.

Non ho voglia di parlare pubblicamente della mia convinzione religiosa, considero questo una cosa intima, e penso che sia estremamente scorretto distinguere una Chiesa da un'altra in un paese in cui tanti pseudo-fedeli da varie parti hanno condotto "guerre dei crociati" sterminando gli appartenenti delle altre religioni. Il regime che da una parte rappresenta un mucchio di atei aggressivi, che disprezzano e umiliano ogni Chiesa, e dall'altra i fedeli falsi, che non rispettano nemmeno le leggi fondamentali della morale, non ha mai avuto fede in niente, tranne che nel proprio potere. Nonostante, oggi più che mai, mi facciano paura le nuove divisioni che possono nascere tra di noi, mi metterò al fianco di quelli che sono contrari a uno stato poliziesco, mi metterò al fianco dei sacerdoti, non solo quelli della Chiesa ortodossa. Oggi sarò ritta al fianco di quei coraggiosi preti della Chiesa cattolica che alle autorità militari hanno mostrato che non hanno paura e che non tacciono.

(Traduzione di Aleksandra Jovicevic)

 
 
 
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