Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic. Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © Der Spiegel - La Repubblica.
BELGRADO (15 MAGGIO) - Le nostre vite somigliano sempre di più a delle tragedie greche: un mucchio di vicende
terribili, tanto sangue, carneficine, tradimenti ed errori, e tutto questo per confermare una verità comune. Nel nostro caso,
la morale è questa: la guerra non è buona (è cattiva?). Per essere più precisi, è banale. In
guerra soffrono più di tutti proprio quelli in nome dei quali la guerra è scoppiata. Il nostro presidente l'ha iniziata,
come dice lui stesso, in nome del popolo serbo. La Nato ha risposto in nome del popolo albanese del Kosovo. Poi è
seguito il macello. E le conseguenze più gravi le hanno subite proprio i popoli albanesi e serbi, cittadini legittimi e illegittimi di
questo paese.
L'ennesimo "tragico errore" dei bombardieri Nato due giorni fa, che in parole povere significa la morte
di quasi ottanta persone, massacrate con armi micidiali, ha creato nuovo materiale per questa serie di tragedie. Per la propaganda
serba la cosa più importante è stata sottolineare cinicamente la nazionalità delle vittime, proprio perché
le vittime erano tutte albanesi. I portavoce della Nato hanno risposto a questa propaganda con percentuali e numeri, e dicono che
il numero degli errori paragonato a quello degli attacchi, è quasi inesistente, essendo appena una percentuale decimale.
Sommando tutti i morti, le vittime "collaterali" nei treni, nei pullman, la gente nascosta nei boschi, la gente sorpresa
nelle lore case mentre dormiva, tutti insieme risultano solo qualche centinaia di cadaveri macellati, e rappresentano solo una
piccolissima percentuale! Hitler aveva già pronunciato una frase famosa: "É giustificato tutto quello che
si fa per il benessere del popolo tedesco!".
É un paradosso cinico: il bombardamento dei profughi fa parte di
una politica globale che viene attuata per il benessere del popolo albanese. Almeno così affermano quelli che
conducono questa guerra. In questo modo, se usiamo una semplice logica, appare che le vittime albanesi dell'altro ieri sono
cadute per la libertà e per il brillante futuro del loro popolo. L'unico problema è che nessuno ha chiesto a questa
gente se è d'accordo a sacrificarsi in questo modo. E, in generale, chi vuole un miglioramento al quale si arriva con la
forza brutale? Così si chiude il cerchio e arriviamo un'altra volta al punto da dove siamo partiti: la guerra è
banale e stupida. Ma la paura e la compassione, sono l'elemento che manca in queste nostre tragedie alla maniera balcanica.
Qui, nessuno ha ancora capito nulla, la gente sta morendo senza ragione e senza obiettivi, tantissime persone sono costrette a
emigrare, e più questo numero aumenta, più si afferma la verità che il nostro tiranno, nonostante tutte le
democrazie dell'Occidente, vuole dimostrare: non esistono i diritti umani. Non esiste il diritto dell'uomo per la vita, né
il libero movimento né la felicità. Oggi non esiste niente che appartenga a un uomo e che domani non possa
essergli alienato con le bombe o con il terrore politico- militare. Più grande è la colonna dei profughi albanesi,
più grande è la felicità del nostro dittatore, e più si conferma la sua "politica" che per
molti anni ha creduto nell'abolizione dei diritti umani. Nel frattempo, la percentuale aumenta, l'odio tra le nazioni aumenta, la
gente muore, l'uomo normale scompare.
Qualche volta mi sembra che queste nostre guerre balcaniche finiranno solamente
quando il numero dei sopravvissuti sarà così piccolo che tutti potranno nascondersi sotto un albero di prugne.
Ma come è possibile che a quel punto ci porti un dittatore piccolo e ordinario, contro il quale una volta gli studenti tiravano
le scarpe, e che tutto il potere del mondo armato, in oltre cinquanta giorni di guerra, non è riuscito a sconfiggere? E se non
fosse lui l'obiettivo dei loro attacchi?
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