Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic. Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © Der Spiegel - La Repubblica.
BELGRADO (5 MAGGIO) - Ieri sera ho deciso
di passare la giornata esercitando quella pratica degli attori che consiste
nell'identificarsi con un personaggio. "Che cosa farei se fossi un dittatore
mediocre di un paese mediocre?", questo è l'esercizio che mi sono
assegnata per tentare di prevedere il destino dei miei concittadini. Ho
pensato di passare l'intera giornata nel modo in cui immagino che la passi
Lui. Ho iniziato a recitare di mattina presto. Mi sono alzata arrabbiata
con il mondo intero, senza ragione. Ho lanciato uno sguardo cattivo verso
il cielo della Serbia, poi ho chiesto al mio fidanzato di eseguire due
ordini irrealizzabili. "Prepara il caffè, porta i panini caldi e
poi vattene via, perché mi dai fastidio", gli ho chiesto senza tanti
preamboli.
Il mio fidanzato voleva accontentarmi,
però erano ordini che non poteva portare a termine. Non poteva preparare
il caffè, perché non c'è elettricità. I panini
erano caldi ieri, ma oggi sono freddi e duri come la pietra. E sarebbe
anche uscito di casa per non darmi fastidio, ma non sapeva dove andare,
perché questo è il suo appartamento. Arrabbiata per le inadempienze
del mio più stretto collaboratore ho voluto punirlo con durezza.
"Non avrai più il diritto di parlare, né di muoverti liberamente,
né di avere proprietà private. Non riceverai regolarmente
lo stipendio, né guiderai la macchina, e avrai solo venti litri
di benzina al mese!", gli ho urlato. "Va bene", ha risposto lui in modo
conciliante, "anche perché la macchina si è rotta e tutto
mi è stato già tolto". "Abolisco tutti i tuoi diritti civili
e anche quelli umanitari, ti arruolerò per forza e ti spedirò
al fronte, se ne avrò voglia!", ho continuato. "Posso prepararti
un caffè con l'acqua fredda, lo vuoi?". Sì, che lo voglio.
Così bevo il caffè freddo, stupefatta dall'atteggiamento
del mio fidanzato. Un uomo intelligente. Amante della giustizia. Umano.
Come è possibile che non organizzi un colpo di stato per togliermi
il potere? E dove sta questa opposizione, perché non si mettono
insieme, perché non mi danno l'assalto, non mi cercano nella mia
residenza? Perché non mi spodestano?
"Gli occhi di tutto il mondo sono girati
verso di te oggi, tu sei l'unico che può cambiare questa situazione.
Con un'azione improvvisa puoi fermare le sofferenze di tutti", gli dico,
e so che lui lo sa, perché questa stessa frase l'ha già sentita
mille volte ai briefing della Nato. Lui gira la testa, beve il caffè
freddo e mi guarda in modo strano, ridendo sotto i baffi. Decido di migliorare
il mio umore e inizio ad ascoltare le notizie sulla supremazia del mio
esercito su tutti i fronti. Oggi abbiamo colpito un altro aereo della Nato,
mi dice la radio, e questo dovrebbe essere, se ricordo bene, il settantesimo
dall'inizio della guerra. "Non c'è male", penso ascoltando il notiziario.
I russi si preparano a entrare in guerra, le riunioni di appoggio per me
e il mio regime commuovono tutte le capitali del mondo, il morale del popolo
è altissimo. "Non c'è male", e mi viene da sorridere, bevendo
il mio caffè. Se qualcuno dovesse mostrare scontentezza o incredulità
di fronte alle notizie di regime, basterà aspettare la prossima
bomba. "Non c'è male, veramente", mi dico, e il mio umore migliora
rapidamente.
Ma se io fossi il dittatore, come reagirei
in una situazione del genere? Non c'è corrente elettrica, però
io ho i gruppi elettrogeni. Non c'è acqua corrente, però
io ho le riserve. L'economia non esiste più, ma anche prima dei
bombardamenti era al collasso. La gente è disoccupata, ma la metà
dei serbi erano già senza lavoro. Le famiglie sono divise, la gente
lascia il paese. Ma i miei figli sono qui, vicino a me. Le donne sono depresse,
perché non sanno che cosa fare. Ma mia moglie non è depressa,
perché è leader di un partito che la mantiene in uno stato
di sonno ipnotico permanente. La gente scappa dalle case incendiate, e
nella fuga perde la testa.
Però il mio fortino ha ancora un
tetto. La gente scappa, aumentano i profughi. Ma io sono qui, nessuno mi
obbliga a espatriare. Tutto quello che un uomo ha guadagnato in una vita,
può sparire in una notte. A me ciò non accadrà. La
mia fortuna è al sicuro. I soldi non esistono, ma chi li vuole?
Perché, che cosa si può comprare con i soldi? Sicurezza?
Libertà? Uno scudo contro le bombe? Ridicolo. Se io fossi il dittatore,
sarei molto contenta. E alla prima occasione, quando la posta inizierà
di nuovo a funzionare, manderei un telegramma di gratitudine a Bruxelles.
|