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Una bella doccia a lume di candela

Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic.

Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini.

© Der Spiegel - La Repubblica.

BELGRADO (3 MAGGIO) - La notte scorsa, la Nato, sicuramente per ragioni umanitarie, ha lasciato senza corrente elettrica due terzi della Serbia. Subito dopo, nelle varie parti del paese, anche gli acquedotti, nemici giurati dell'uomo "giusto", hanno smesso di funzionare. Con questa azione militare, silenziosamente, perché nessuno ha sentito l'esplosione, e in modo invisibile, perché nessuno ha visto le fiamme, il mio paese e la mia città hanno vissuto il black out. 

La notte scorsa Belgrado sembrava spettrale, e con la luna piena si potevano vedere i grattacieli, e dentro di essi la gente invisibile rinchiusa negli ascensori, o quella che nei loro appartamenti, presa dal panico, riempiva d'acqua tutti i vasi che poteva prima che sparisse, cercando insensatamente di conservarne per il resto della vita. Dopo tanti incidenti stradali, agli incroci delle strade, per terra, si trovano pezzetti dei vetri dei fari delle macchine, perché naturalmente neanche i semafori funzionano.

E questi semafori, questi ascensori, gli scaldabagni, i forni e le incubatrici per neonati, sembrano rappresentare il vero pericolo per la comunità internazionale, la fonte di tutti mali e delle catastrofi umanitarie. Per questo, contro di loro si doveva reagire in modo esplosivo.

A lume di candela riempio d'acqua la vasca del bagno e penso: ma che cosa si aspettano da me, cittadina ordinaria di questo paese contro il quale la Nato stasera ha reagito così brutalmente? Lavandomi la faccia con l'acqua fredda, mi dico che forse i signori della Nato si immaginano che domani io organizzi un colpo di Stato. Riempiendo le pentole d'acqua per il futuro uso del water, penso che forse dovrei acquistare armi per me e per i miei parenti, scendere in piazza e fare la rivoluzione. 

Forse si aspettano che io entri a far parte di una organizzazione che non esiste, che in una notte cambi il regime e che questo possa fermare tutto, mi dico parlando a me stessa, mentre sbatto contro i mobili nel buio di casa. Che cosa si aspettano da me, cittadina ordinaria di questo paese spettrale, che cosa devo fare di preciso, per provare al resto del mondo, che sono abbastanza "umana", e abbastanza disperata, per avere diritto all'acqua corrente e all'elettricità? Nel frattempo, fino a quando non trovo una risposta a questa domanda da quiz che potrebbe farmi vincere un premio, metto in ordine gli ultimi asciugamani puliti da usare con parsimonia nel futuro. "Fa abbastanza caldo," dice il mio fidanzato, "ci laveremo un po' meno". "Chi sa se potremo fare la doccia", gli rispondo, e mi viene in mente ciò che mi disse un amico che aveva vissuto a Sarajevo sotto le bombe: ti puoi lavare tutto il corpo con un litro e mezzo d'acqua. Basta una bottiglia di plastica piena d'acqua (che una volta era piena di Coca Cola), la metti fra le ginocchia e le stringi, poi prendi il sapone. Se ti pieghi abbastanza, sotto la pressione esercitata dalle ginocchia, l'acqua può arrivare fin al viso. Un litro e mezzo d'acqua al giorno. Ma noi siamo in due. La mia vasca da bagno contiene trenta litri. Basta saltare qualche giorno e, prima di avere i pidocchi, dovrebbe passare quasi un mese. 

Poi spengo la candela, rasserenata perché il fatto di stare al buio aiuterà sicuramente i profughi a non abbandonare il Kosovo. Non sapendo cosa fare di meglio, mi addormento. In questa notte più oscura delle altre, sogno: le riserve di carne che imputridisce nei congelatori spenti, pane biscottato e patatine fritte come unico pasto, panni sporchi che si gettano via dopo l'uso, il caldo che inizia in questo periodo dell'anno, e l'ebbrezza d'amore tra me e il mio fidanzato che pian piano svanirà quando cominceremo a puzzare come cani. Però, dentro il mio sogno mi sento felice, perché le ragioni umanitarie che guidano la Nato hanno trionfato un'altra volta.

 
 
 
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