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La Chiesa di Scientology aveva a libro paga uno dei redattori di Vanity Fair?

Un presunto memo interno alla chiesa getta il sospetto su un noto cronista. Spiava o non spiava? E per conto di chi?

Di © Di John Cook, New York Observer, 1 marzo 2011

©Traduzione a cura di Simonetta Po, ottobre 2011.

 
(Gawker.com, per cui lavora l'autore, ha rifiutato di pubblicare questo articolo)

La Chiesa di Scientology ha forse usato un redattore a contratto di Vanity Fair per infiltrarsi e raccogliere informazioni riservate sui giornalisti che considera nemici?

John Connolly è un personaggio famoso e amato nei circoli mediatici di New York. Ex detective del NYPD [New York Police Department] ed ex agente di borsa, si è poi inventato una terza carriera come giornalista investigativo di Vanity Fair, dove lavora a contratto, di Radar, Daily Beast, Gawker e altre riviste. Connolly è un investigatore della vecchia guardia, assunto più per la sua abilità di risalire al proprietario di una targa automobilistica che per la sua prosa. Nel 1990, quando faceva il freelance per Forbes, un giudice federale lo accusò di aver usato il suo vecchio distintivo del NYPD per ottenere atti giudiziari secretati.
Secondo USA Today, negli anni '80 la Security and Exchange Commission pose termine alla sua carriera di agente di borsa con una multa da 100.000 dollari e la radiazione permanente. Connolly è un birichino che lascia filtrare informazioni riservate, un pettegolo inveterato, una fonte di prim'ordine da cui ottenere indiscrezioni. Parla con un accento newyorkese da fumetto e conosce tutti. E, stando alle parole di due funzionari di altissimo livello recentemente fuoriusciti da Scientology, è stato per due decenni un informatore prezzolato della chiesa.

L'accusa proviene da Marty Rathbun, che prima di lasciare l'organizzazione era salito così in alto da diventare "auditor", o confessore, di Tom Cruise; e da Mike Rinder, ex portavoce capo di Scientology. Entrambi hanno lasciato la chiesa e ora accusano David Miscavige, suo attuale leader, di governare con la violenza e il terrore. Il 15 febbraio scorso [2011], Rathbun ha postato sul suo blog un lunghissimo memo interno della chiesa presumibilmente redatto da Linda Hamel, capo dell'"Ufficio degli Affari Speciali" - una specie di CIA interna. Il documento rivela che Connolly fornì segretamente alla chiesa delle informazioni riservate sulla preparazione della biografia di Tom Cruise scritta nel 2008 da Andrew Morton.

Secondo il memo, nel 2006 Connolly avvicinò Morton con la scusa di stare scrivendo «un articolo per Vanity Fair sulle sue biografie delle celebrità, tra cui quello in preparazione su Tom Cruise.» Continuò a spremergli informazioni sul libro e a riferire alla chiesa:

Connolly era qui a LA per lavorare al pezzo su Pellicano ["Talk of the Town", Vanity Fair, giugno 2006], contattò Morton e lo incontrò per chiedergli un'intervista per un articolo di Vanity Fair sui libri che Morton aveva già scritto sulle celebrità, compreso quello in preparazione su Tom Cruise. Connolly voleva vedere com'era fatto Morton, capire a che punto era con il libro, capire se fosse disponibile per un'intervista. Dopo averlo incontrato, Connolly ha riferito che Morton sembra avere già terminato le sue ricerche e sta già scrivendo il libro.

Connolly ha detto a Morton che il suo articolo non sarebbe stato sdolcinato e avrebbe sentito entrambe le campane, anche chi critica Morton. (Connolly userà l'articolo per investigare su come Morton ha trattato le celebrità nei suoi altri libri, uso di informatori dubbi, ecc. che minerebbero la sua credibilità). Morton ha risposto che sentirà dalla St. Martin's Press se sono disponibili a collaborare. Morton sembra interessato a generare pubblicità attorno al libro.

L'impressione di Connolly è che Morton sia uno scrittore serio, concentrato, ma anche una persona piacevole. Sa come usare il suo fascino per far parlare la gente. Morton gli ha detto che per scrivere il libro su Monica Lewinsky impiegò soltanto cinque settimane - questo significa che è capace di sfornare molta roba in poco tempo.

Morton ha detto che la gente si interessa a Tom Cruise, ecco perché ci vuole scrivere un libro. Parlando con lui, il giornalista ha avuto l'impressione che Morton avesse raccolto molte informazioni sulla chiesa, di cui parlerà molto nel libro Morton ha pure detto di avere una assistente che lo aiuta.

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L'impressione di Connelly è che Morton sia un avversario formidabile che non farà un passo indietro. Ritiene che Morton si sia già fatto un'idea sul taglio da dare al libro, ma non gli ha spiegato quale.

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Connolly vuole scrivere un articolo investigativo su Morton e sul suo uso di fonti criticabili e dubbie per i libri che ha già scritto su Madonna, i Beckham e Tom Cruise. Sarà un attacco a Morton e alla credibilità delle sue fonti.

Rathbun sostiene che il memo è la dimostrazione che «Connolly è stato un informatore dell'Ufficio degli Affari Speciali della Chiesa di Scientology per quasi due decenni.» Ho intervistato telefonicamente Rathbun, secondo cui il lavoro di Connolly per la chiesa era ad ampio raggio; lavorava per Gene Ingram, ex poliziotto e investigatore privato di Los Angeles molto famoso per essere una spia a pagamento di Scientology. «Ingram l'ho assunto io», mi ha detto Rathbun. «Ricordo bene quando mi parlò del suo amico John Connolly. Per anni ho visto regolarmente il nome di Connolly su programmi e rapporti interni, era una fonte attiva di informazioni e racconti.»

Rathbun ha fatto qualche esempio: Connolly fu coinvolto nella raccolta di intelligence su un articolo di Premiere del 1993 su Tom Cruise che preoccupava particolarmente la chiesa. I dettagli sono vaghi, ma Rathbun aggiunge: «Ricordo che Connolly raccolse informazioni riservate su quella questione.» Secondo l'ex dirigente, nel 2006 Connolly fu anche coinvolto nel «cercare di influenzare» Chuck Beatty, ex scientologist molto schietto.

Rinder, ex responsabile in quello che nel gergo scientologico si chiama "maneggiamento" dei media, conferma il racconto di Rathbun: «Connolly era una risorsa per avere informazioni sui media e occuparci di loro. Ingram lodava molto spesso le sue virtù - "Connolly può maneggiare questa cosa; scoprirà cosa c'è sotto e ha agganci in tutti i media". Gliel'ho sentito dire moltissime volte. Ingram ha addirittura incontrato Connolly al Celebrity Centre di Los Angeles.» Come Rathbun, anche Rinder ricorda vagamente il coinvolgimento di Connelly nella "ricognizione" sull'articolo di Premiere. Aggiunge che il giornalista «raccolse informazioni» anche su Wensley Clarkson, giornalista inglese che nel 1998 scrisse una biografia non autorizzata di Tom Cruise.

Rathbun e Rinder affermano che i servizi di Connolly erano pagati: «Assolutamente sì», dice Rinder. «Nessuno fa gratis quel tipo di lavoro. Non per la chiesa.» Anche Rathbun conferma: «Presumo fosse pagato. È il modo di lavorare di Ingram.» Nessuno dei due però ha conoscenza diretta dei pagamenti. Ingram non ha risposto alle nostre telefonate. Nemmeno la chiesa.

Quando ho letto il post di Rathbun e il presunto memo sono rimasto basito. Conosco John Connolly. Ha scritto un articolo per Gawker anche un paio di settimane fa. Abbiamo lavorato assieme per mesi a Radar, dove io ero redattore assunto e lui lavorava con noi a contratto per raccogliere soffiate, indiscrezioni e cose del genere. Abbiamo lavorato insieme a un articolo di copertina sui paparazzi di Los Angeles e ha collaborato con me per un lungo articolo sulla guerra di Anonymous contro Scientology. Connolly aveva ricevuto una richiesta da un membro di Anonymous e me l'aveva girata, dandomi anche i nomi e i numeri di telefono di due ex scientologist desiderosi di collaborare.

Ero su quell'articolo quando Connolly mi disse casualmente di conoscere alcuni investigatori privati che lavoravano per la chiesa. Nulla di particolarmente criticabile - uno dei motivi per cui Connolly è utile a riviste come Radar e Vanity Fair sono proprio le sue amicizie con parecchi investigatori privati. Il fatto che alcuni di essi avessero la chiesa come cliente, e che lui lo ammettesse apertamente, mi era parso abbastanza innocuo. Quando mi disse che uno di quegli amici lo aveva chiamato per chiedergli chi io fossi e su che cosa stessi scrivendo, mi fece pure piacere: era la conferma che la mia inchiesta stava toccando un nervo scoperto. Non ero preoccupato per ciò che Connolly poteva aver risposto. Mi fidavo di lui.

Poi accadde un fatto strano. Del tutto inaspettatamente Connolly mi chiamò per chiedermi: «Tu abiti a Brooklyn, vero?» Sì, risposi. «In quale quartiere? Ci sono appena stato in visita a dei parenti. È una zona bellissima.» Gli dissi che vivevo a Park Slope, che non è proprio vero. Vivo a Windsor Terrace, un quartiere vicino. Ma è più comodo dire Park Slope perché è più noto. Però la cosa mi suonò strana, non riuscivo a capire perché Connolly volesse saperlo, così decisi di dargli qualche falsa pista nel caso stesse aiutando gli operativi di Scientology a scoprire quale io fossi tra i 62 "John Cook" dell'elenco telefonico di Brooklyn. Scientology non mi ha mai molestato a casa e non ho mai chiesto direttamente a Connelly perché volesse sapere dove vivevo. Continuammo a tenerci in contatto e di tanto in tanto mi girava delle indiscrezioni per i miei articoli.

Quando ho letto le accuse di Rathbun, mi è immediatamente tornata in mente quella telefonata. Ho chiamato subito Connolly. Mi ha detto che non stava bene e che stava «prendendo un sacco di medicine» dopo una recente operazione per correggere un'aritmia cardiaca. Aveva già letto il post di Rathbun: «Stavo per chiamarti io. Quelle sono tutte stronzate.» Sì, ma come faceva la chiesa a sapere che lui aveva incontrato Morton? «Forse mi avevano messo il telefono sotto controllo, o forse si tratta di un documento falso.»

Connolly ha ammesso di conoscere Ingram, ma che nel loro rapporto le informazioni viaggiavano al contrario: «Una sera Ingram aveva bevuto troppo e mi raccontò ciò che stavano facendo a Rich Behar. Sono stato io a telefonare a Behar per dirgli che cosa gli stava combinando la chiesa.»

Behar era un giornalista del Time che nel 1991 scrisse un'inchiesta dettagliata su Scientology, "La florida setta dell'avidità e del potere". Scientology citò in giudizio lui e il gruppo editoriale per 416 milioni di dollari e condusse un'approfondita investigazione sulla sua vita privata. Riuscì anche a ottenere i suoi tabulati telefonici e i conti delle carte di credito. Behar mi ha confermato il racconto di Connolly. Mi ha infatti riferito che all'inizio degli anni '90 Connolly aveva contattato il dipartimento legale del Time con una soffiata: «Un agente della chiesa aveva bevuto troppo e aveva raccontato a Connolly di sentirsi molto fiero di ciò che aveva fatto per raccogliere informazioni su un mio familiare.» Behar si è detto «molto grato a Connolly per lo sforzo fatto per aiutarci.»

Connolly avvicinò Morton nel 2006, proprio come dice il memo della Hamel. L'assistente di Morton per il libro su Tom Cruise era Patricia Greenway, la quale mi ha riferito che Connolly si era presentato come un giornalista di Vanity Fair che lavorava a un libro su Anthony Pellicano e stava cercando di collegare Pellicano a Scientology. «Continuava a farmi domande su Scientology», mi ha detto la Greenway. «Cercava di spremermi informazioni. Gli parlai solo perché me lo aveva chiesto Andrew.» Contrariamente al memo, però, Connolly non disse mai alla Greenway di stare lavorando a un articolo su Morton - ma solo di essere un giornalista di Vanity Fair che lavorava a un libro su Pellicano.

Per quanto ne so, Connolly non ha mai scritto una singola parola su Scientology. Vanity Fair non ha mai scritto un solo articolo sul culto, anche se talvolta Scientology è emersa a margine di qualche altro suo pezzo. Beth Kseniak, addetta stampa della rivista, mi ha riferito che a Connolly non sono mai stati assegnati pezzi su Scientology, salvo alcune ricerche per un articolo di Nancy Jo Sales del 2008 su due persone che ritenevano erroneamente di essere perseguitate dalla chiesa. Radar e Spy, altre due testate che lavorano con Connolly, si sono invece occupate spesso di Scientology, ma mai con il suo aiuto.

Connolly però sostiene di aver collaborato dietro le quinte per degli articoli sulla chiesa. Quando Andrew Morton gli ha chiesto spiegazioni per e-mail sul memo della Hamel, tra le altre cose Connolly gli ha risposto: «Ho lavorato a diversi pezzi anti-Scientology senza però far mai uscire il mio nome. È stata una mia scelta.» Uno di questi pezzi "anti-Scientology" a cui avrebbe lavorato è il mio articolo del 2008 per Radar. Due ex scientologist mi hanno riferito che Connolly si era preso con loro il merito di parte di quell'articolo, anche se in realtà il suo contributo si era limitato a indicarmi tre fonti. Nel 2005 Radar pubblicò un articolo molto piccante di Kim Master sui rapporti di Tom Cruise con la chiesa, ma Connolly non vi lavorò.

La cosa strana è che nel corso degli anni Connolly ha ripetutamente, quasi ossessivamente, telefonato a parecchi ex scientologist importanti, sempre con la scusa di fare ricerche per degli articoli di Vanity Fair. «Mi ha telefonato centinaia di volte», conferma Chuck Beatty, ex scientologist che collabora spesso ad articoli su Scientology. «Mi diceva "se sai di qualche altro fuoriuscito, fammelo sapere". Mi ha fatto un sacco di domande su Cruise. E anche su Paul Haggis.» Haggis e la sua furiosa uscita da Scientology sono stati oggetto di un recente e devastante articolo di Lawrence Wright per il New Yorker.

«Voleva sapere a tutti i costi chi fosse "Blown for Good".» "Blown for Good" era lo pseudonimo usato da un ex-scientologist di alto rango attivo su numerosi forum anti-Scientology. In seguito si seppe che si trattava di Marc Headley, volontario della chiesa che ha vissuto e lavorato per 15 anni nella sua proprietà nel deserto della California. «Mi chiedeva di continuo chi fosse "Blown for Good"», riferisce Beatty.

Connolly manteneva contatti strettissimi anche con un altro fuoriuscito: Larry Brennan. «Mi avrà telefonato una cinquantina di volte, forse più», mi ha raccontato Brennan. «A volte chiamava anche due volte a settimana. Mi stava senz'altro addosso. Parlavamo delle nostre figlie. A volte gli chiedevo... "mi telefoni anche due volte alla settimana, una settimana sì e una no, e poi non scrivi mai questo benedetto articolo?" Mi disse che stava cercando il taglio giusto.»

Un altro dissidente di alto profilo con cui Connolly si teneva in contatto è Jason Beghe, attore cinematografico e televisivo che ha reso pubblico il suo abbandono in una serie di video [qui in italiano] e ha definito Scientology «molto pericolosa per la vostra salute spirituale.» Connolly cominciò a chiamarlo dopo la rottura del 2008, racconta Beghe, e continuò a farlo. «Ci ho parlato per almeno un paio d'anni. Era sempre interessato a quello che succedeva, oppure voleva solo cazzeggiare. Cercava di adularmi, "mi piace quello che stai facendo, Jason".» Beghe sospettava che Connolly non si tenesse in contatto per puri motivi giornalistici. «Mi aspettavo che la chiesa provasse a fare qualcosa contro di me e quando Connolly cominciò a telefonare diventai sospettoso. Gli ho sempre dato informazioni fumose, ero convinto che lui riferisse alla chiesa. Poi un paio d'anni fa Marty mi disse "Sì, credo che il tizio sia un informatore della chiesa".»

I contatti di Connolly con questi personaggi anti-Scientology non dimostrano nulla. In realtà ha fatto precisamente ciò che ci si aspetta da un cronista interessato alla chiesa. Il problema, però, è che non esistono prove che Connolly abbia mai scritto una parola su Scientology. Mentre esistono prove, sottoforma del memo di Rathbun, che lavorava per Scientology. «Mi faceva quel tipo di domande che avrebbe fatto una spia di Scientology», commenta Brennan. «Ma sono anche le domande che farebbe un giornalista o un amico.»

Rathbun ha deciso di pubblicare il memo dopo una telefonata di Connolly a Beghe. Era appena uscito l'articolo di Wright per il New Yorker e Connolly chiamò l'attore per avere informazioni. Gli fece un sacco di domande chiedendogli se Rathbun e Rinder non stessero di fatto complottando per prendere il potere della chiesa. «Mi disse che Marty e Mike stavano cercando di fare un colpo di mano», racconta Beghe. «Connolly stava cercando di seminare zizzania tra i nemici della chiesa.»

Se gli attivisti anti-Scientology si fossero convinti che Rinder e Rathbun non volevano smantellare la chiesa, ma solo deporre Miscavige e succedergli alla dirigenza, si sarebbe creato uno scisma che la chiesa poteva sfruttare a suo vantaggio. Beghe telefonò subito a Rathbun per riferirgli la conversazione e Rathbun decise di smascherare Connelly. «Non è uno che raccoglie solo informazioni», commenta Rathbun, «è un agente provocatore, voleva lavorarsi Jason.»

Connolly ammette tranquillamente le sue accuse a Rathbun e Rinder di voler prendere il controllo della chiesa. Quando gli ho telefonato per chiedergli del memo, mi ha risposto: «Quei due si sono spaventati perché ho fatto domande sullo scisma. Io e te dovremmo scriverci un articolo.» Ha anche spiegato a Morton di aver «curiosato in giro. Sto cercando un editore per un articolo sul possibile colpo di mano/scisma di Scientology, evidentemente qualcuno si sta innervosendo.»

Se Connolly fosse un agente pagato dalla Chiesa di Scientology per interferire sugli articoli che la preoccupano, ci si aspetterebbe di vedere le sue impronte sul pezzo di Wright per il New Yorker, ampiamente pubblicizzato prima dell'uscita. Connolly però non ha mai contattato Wright né ha cercato di raccogliere informazioni riservate su quell'articolo. Tuttavia, quando Wright faceva ricerche per il suo pezzo si è sentito fare il nome di Connolly: «Stavo molto attento», mi ha raccontato il giornalista. «Connolly non mi preoccupava, ma avevo sentito fare il suo nome. Ho intervistato diversi ex membri che mi dicevano "stai attento a questo e quell'altro". Qualcuno mi disse "scriveranno degli articoli su di te, cercheranno di diffamarti", ed è stato allora che è uscito il nome di John Connolly. Mi hanno fatto un sacco di nomi, tra cui il suo.»
[Nota del traduttore: a settembre 2011 Freedom Magazine, la rivista della Chiesa di Scientology che si dovrebbe occupare di diritti umani e riforme sociali, è uscita con un lunghissimo articolo su Lawrence Wright, il New Yorker e Paul Haggis].

Janet Reitman, redattrice di Rolling Stone, da cinque anni sta lavorando al suo libro Inside Scientology che uscirà tra qualche mese [è uscito a giugno 2011 - N.d.T.] Il volume trae spunto da un suo articolo del 2006 ed è stato di sicuro interesse per chiunque lavori come informatore dei media. La Reitman mi ha detto che Connolly non l'ha mai contattata e che non lo ha mai incontrato. Ma un annetto fa rimase rimasta molto sorpresa quando Brennan, una delle fonti per il suo libro, le telefonò per informarla che Connolly parlava di lei. «Di sicuro era molto informato su di me e sul mio libro, sapeva anche quando sarebbe uscito. Disse a Brennan quanto apprezzasse il mio stile.»

Non sono riuscito a trovare prove che Connolly sia stato realmente coinvolto nelle specifiche operazioni di cui mi hanno parlato Rathbun e Rinder. Beatty ha detto di aver parlato con Connolly per molto tempo, ma non riesce a ricordare esempi specifici in cui l'altro avesse cercato di influenzarlo, come invece sostiene Rathbun.

Rinder e Rathbun ricordano che Connolly raccolse informazioni confidenziali sull'articolo di John Richardson per Premiere del 1993. L'autore mi ha riferito che durante le sue ricerche l'uomo non lo contattò mai: «La chiesa ci ha sicuramente molto infastidito per quell'articolo. Ero andato a intervistare Rathbun e Rinder [all'epoca ancora dirigenti di spicco nella chiesa] con uno dei miei redattori. Avevano saputo solo due giorni prima che mi avrebbe accompagnato e in quel breve lasso di tempo erano riusciti a scoprire che era gay e che aveva lavorato a Rolling Stone come assistente. Nessuna delle due informazioni era mai stata resa pubblica. Sicuramente avevano qualcuno che investigava e quelle informazioni non possono che essere uscite da qualcuno che lavorava nel mondo dei media.»

Poco dopo, però, ebbe uno scontro con Connolly. Richardson stava lavorando a un articolo su Heidi Fleiss, la maitresse di Hollywood poi assassinata. Connolly scriveva per Spy o per New York e, mi riferisce Richardson, l'anno dopo iniziò a scrivere che Richardson aveva lasciato cadere la storia della Fleiss in cambio di una mazzetta. «I nostri legali furono costretti a diffidarlo formalmente e solo allora smise di riferire quelle stupidaggini. Non so dire però se si sia trattato di una rappresaglia di Scientology o di un errore in buona fede.» Wensley Clarkson, autore di una biografia non autorizzata di Tom Cruise su cui Rinder sostiene che Connolly avesse raccolto informazioni, dice di non averlo mai incontrato né sentito nominare.

Ho telefonato a diversi ex colleghi di Connolly per verificare le accuse di Rathbun, e pochi si sono mostrati sorpresi. Ma invece che condannarlo come talpa di Scientology, hanno minimizzato dicendo: «Sta giocando su due tavoli. Connolly è fatto così.»

In effetti, chi si mantiene con gossip, soffiate e indiscrezioni può solo trarre benefici dall'essere tenuto in considerazione dalla chiesa. Chissà quali preziosi segreti Connolly è riuscito a spremere da Ingram o da membri della chiesa, in cambio di qualche soffiata su una manciata di innocui critici, o di un saltuario controllo su qualche giornalista?

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I reporter sono continuamente a caccia di indiscrezioni. Inoltre, se le accuse di Rathbun sono vere e se quel memo è autentico, chi ci dice che Connolly abbia davvero trasmesso informazioni accurate? Se Connolly si è incontrato con Ingram al Celebrity Centre di Los Angeles - invito che io stesso non avrei sicuramente declinato - i potenziali benefici per le informazioni dall'interno sarebbero stati enormi. Si tratta pur sempre di Hollywood. L'altro lato della medaglia potrebbe essere l'aver spiato e mentito ai colleghi e alle fonti.

Appena letto il memo di Rathbun ho chiamato Connolly. Dopo aver parlato con Rathbun e Rinder l'ho cercato di nuovo diverse volte per avere ulteriori spiegazioni e chiarimenti. Ma non ha risposto alle mie telefonate e alle mie e-mail. Le mie richieste a Graydon Carter, direttore di Vanity Fair, sono state girate alla portavoce Beth Kseniak, la quale mi ha risposto che non è vero che Connolly aveva usato le credenziali del giornale per avvicinare Morton, contrariamente a quando scritto sul memo: «Per quanto ci riguarda, l'affermazione che avvicinò Andrew Morton presentandosi come reporter di Vanity Fair è infondata.» Quando le ho chiesto di parlare con Carter in merito all'accusa secondo cui Connolly avrebbe fornito per 20 anni informazioni confidenziali alla chiesa, mi ha detto: «Per queste cose deve chiedere a Connolly, non a noi.»

 
 
 
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