Indice e Capitolo 1: la storia di Info-Cult Di Mike Kropveld e Marie-Andrée Pelland, a cura di Info Secte/Cult, Canada, 2006.
NOTA: Info-Cult informa che la versione italiana del libro è una traduzione non autorizzata. Info-Cult non ha verificato il contenuto di questa versione. (NOTE: Info-Cult would like to note that the book in its Italian version is an unauthorized translation. Info-Cult did not verify the contents of this version). Traduzione a cura di Martini, autunno 2006.
Appendice 4: Le fasi di sviluppo dei piccoli gruppi
Un piccolo gruppo è un gruppo psico-sociale che può essere composto da 3 a 20 persone che si incontrano e interagiscono in previsione del conseguimento di uno scopo comune [traduzione] [240]
All'inizio un certo numero di persone prende in considerazione l'idea di creare un gruppo con una serie di obiettivi generali e specifici. Le loro azioni sono sostenute dall'idea che il gruppo debba soddisfare le loro esigenze [241]. I primi incontri con i potenziali membri possono essere estremamente tesi, poiché ognuno valuta le capacità e gli attributi altrui. In questa fase iniziale vengono definiti obiettivi e norme sul funzionamento del gruppo. Quando una maggioranza accetta le regole e gli obiettivi avanzati, il gruppo è formato. Questo processo di formazione è completo quando gran parte delle persone radunate accettano di aggregarsi per formare il gruppo [242].
Dopo essere stato fondato, il gruppo sperimenta un senso di cortese interdipendenza. Ogni membro riconosce la potenziale positività della partecipazione degli altri nel perseguimento degli obiettivi comuni. Il fatto che all'interno di un gruppo emergano conflitti è naturale. Tuttavia, al momento della formazione i membri tendono ad evitare ogni forma di conflitto. Il periodo di formazione spesso finisce in conflitto. Il comportamento di certi membri e l'idoneità dei loro atteggiamenti potrebbe essere messo in discussione. Questi individui potrebbero essere percepiti come ostacoli nel raggiungimento della missione del gruppo. Una volta espresse, tali percezioni possono condurre al conflitto, cioè a un nuovo stadio dello sviluppo del gruppo. I conflitti possono avere fonti diverse [243]:
Mentre i cambiamenti derivanti da conflitti aumentano lo stress e gli alterchi tra i membri, spesso essi hanno anche un impatto benefico sulla dinamica del gruppo. I conflitti possono distruggerlo, ma possono anche rafforzare tra i membri un senso di appartenenza. Dopo un conflitto il gruppo potrebbe essere più elastico e più capace di gestire i problemi che incontra [245]. Non è possibile raggiungere un rapporto armonioso tra i membri fintanto che non siano emerse e risolte le ostilità [246]. Alcuni gruppi tuttavia possono evitare ogni forma di conflitto per paura dei cambiamenti che potrebbero risultare dagli alterchi. I gruppi che rifiutano ogni forma di cambiamento possono esercitare molto controllo tra i membri per assicurarsi che essi aderiscano alle regole e non cambino in alcun modo il loro comportamento [247]. A prima vista i gruppi che non sperimentano conflitti possono apparire come organizzazioni i cui membri hanno relazioni positive. Tuttavia questa assenza di conflitto è spesso il risultato di un controllo sulle proprie azioni. L'assenza di conflitto all'interno di un gruppo può anche riflettere la fragilità di un'organizzazione. I conflitti sono più evidenti all'interno di gruppi stabili e uniti e forniscono ai membri l'opportunità di dar sfogo a sentimenti di ostilità. Una volta che i disaccordi sono stati risolti, i membri possono godere di relazioni più forti e armoniose.
Una volta che conflitti e disaccordi tra membri sono risolti, emerge un vero senso di coesione e cameratismo con i seguenti effetti [249]:
Sebbene la coesione tra i membri abbia conseguenze positive per la vita del gruppo, l'intensità di tale coesione può avere qualche effetto negativo. I membri possono diventare intolleranti su certi disaccordi, conflitti o comportamenti. Il più piccolo disaccordo o deviazione nel comportamento può essere severamente punito [250]. I membri che violano le norme di un gruppo di solito sono meno amati dagli altri membri [251]. La coesione può portare a:
I membri del gruppo lavorano insieme verso un obiettivo comune e, in gradi diversi, dedicano sé stessi al gruppo [253]. Le posizioni e le emozioni che i membri esprimono e la ratifica che essi ricevono dai compagni nelle interazioni quotidiane rafforzano sensibilmente il senso di appartenenza. Attraverso questi scambi e interazioni i membri percorrono lo stesso cammino e si radunano attorno alle stesse posizioni collettive. L'accordo collettivo solitamente porta ad un aumento di energia, a un senso di sicurezza accresciuto e a convinzioni più forti. Il senso di coesione che si sviluppa all'interno del gruppo può stimolare l'ostilità verso gruppi che non sottoscrivono la sua stessa logica.
La produttività o rendimento insorge quando il gruppo ha raggiunto una certa maturità. È importante notare che non tutti i gruppi raggiungono questa fase. In questo periodo il gruppo consegue alcuni degli obiettivi che aveva inizialmente fissato per sé. Il gruppo può oscillare tra questa fase e la fase conflittuale per tutto il suo periodo di sviluppo, fino a quando i conflitti non divengono insormontabili oppure tutti gli scopi iniziali non sono stati raggiunti.
L'ultima fase dello sviluppo può essere programmata o spontanea, e avviene quando il gruppo ha raggiunto gli obiettivi attorno a cui si era formato. Pertanto, attraverso il consenso, i membri del gruppo ne decidono lo scioglimento. Il gruppo potrebbe anche dissolversi all'insorgenza di un problema inatteso. Sviluppo e maturazione di un gruppo vengono qui presentati come una successione lineare di fasi. Tuttavia un gruppo può ripetere alcune fasi o alternarsi tra periodi di conflitto e produttività attraverso tutto il suo sviluppo. Certe fasi possono essere ricorrenti, o il gruppo può saltare da una fase all'altra e ripetere alcune fasi. Il gruppo pertanto può percorrere la strada della maturazione diverse volte [254]. 240. s. Landry (1995), op. cit. pp. 52-53.
241. S. Guimond, "Les groupes sociaux" in R.J. Vallerand (ed.), Les fondaments de la psychologie sociale (Montréal, G. Morin Éditeur, 1994), p. 655-705.
242. B. Richard (1995), op. cit.
243. R.L. Moreland e J.M. Levine (1982), op. cit.
244. M. Deutsch, The Resolution of Conflict: Constructive and Destructive Processes (New Haven, CT: Yale University Press, 1973).
245. R.P. Abelson, "Modes of Resolution of Belief Dilemmas", Journal of Conflict Resolution, vol. 3 (1959), pp. 343-352; R.P. Abelson, "Psychological Status of the Script Concept", American Psychologist, vol. 36 (1981), pp. 715-729.
246. W.G. Bennis and H. Shepard, "A Theory if Group Development", Human Relations, 9(4) (1956), pp. 415-437;
247. B. Richard (1995), op. cit.
248.H. Tajfel e J.C. Turner, "The Social Identity Theory of Intergroup Behaviour", in S. Worschel e W.G. Austin (ed.), The social Psychology of Intergroup Relations, (Chicago: Nelson Hall, 1986).
249. C. Leclerc, Comprendre et Construire les groupes. Chronique Sociales. Québec, Les Presses de l'Université Laval, (1999).
250. P. Corcuff, Les nouvelles sociologies (Paris: Nathan, 1995).
251. S. Schachter, "Deviation, Rejection and Communication", Journal of Abnormal and Social Psychology, 46 (1951), pp. 190-208.
252. J.R.P. French e B. Raven, "The Bases of Social Power", in D. Cartwright (ed.), Studies in Social Power (Ann Arbor: University of Michigan, 1959), pp. 150-167;
253. H. Tajfel, Human Groups and Social Categories (Cambridge: Cambridge University Press, 1981);
254. W.R. Bion, Experiences in Groups (London: Tavistock, 1961).
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