Il diario di guerra della drammaturga serba più dura contro il regime, ma che non ha voluto lasciare la sua città. Di Biljana Srbljanovic. Ogni giorno sul quotidiano La Repubblica, dal 28 Aprile 1999. Ripreso da Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © Der Spiegel - La Repubblica.
BELGRADO (12 GIUGNO)- Un ospite inatteso ha bussato alla porta di un mio conoscente.
L'uomo ha chiesto: "Chi è?", e l'ospite ha risposto: "Polizia militare". Il mio conoscente è diventato
serio. "Chi cerca?", ha chiesto, "Aprite e ve lo diremo", ha risposto l'altra voce. "Prima mi dica chi cerca e
poi aprirò", ha insistito il mio conoscente. "Prima aprite, e poi lo diremo", ha risposto l'ospite per la seconda
volta. "Ma che cosa vuole, adesso che la guerra è ormai finita" ha pensato l'uomo, non aprendo la porta: "Forse
non sanno che è finita, forse non guardano la televisione". Poi ha gridato: "Aspettate!" e si è
sporto alla finestra.
Dal primo piano della sua casa ha visto quattro soldati davanti alla sua porta. "Mostrate i vostri tesserini", ha chiesto.
Gli ospiti hanno tirato fuori qualcosa dalle tasche e nel buio hanno mostrato i tesserini all'uomo. "Non vedo, è buio",
ha detto l'uomo. "Aprite e li mostreremo", hanno risposto gli ospiti.
Il mio amico ci ha pensato un po'. Poi gli è salito il sangue alla testa, era stufo di tutto. "Non volete mostrarmi i
documenti", ha detto. "Non vogliamo", hanno risposto. "Allora vaffanculo!", ha gridato il mio amico
sbattendo la finestra.
Dicono che la guerra è finita, ma lo stato di guerra non è cancellato. Noi che abbiamo conosciuto la guerra, adesso
però potremmo conoscere la pace. Potremmo abolire le leggi marziali, il tribunale militare, le regole per la requisizione della
proprietà privata, oppure restituire la stessa. Potremmo rendere pubblico il numero e i nomi degli uccisi, adesso che non
c'è bisogno di nascondere questa informazione perché nuocerebbe alla "propaganda bellica". I
richiamati potrebbero togliere l'uniforme. E il palco in piazza della Repubblica, da cui ogni giorno venivano trasmesse le
"marce", si potrebbe smontare e gettare via. Oggi sono transitata dalla piazza e il palco era ancora lì.
La gente è in uniforme, i generali sono nei tribunali. Dicono che la guerra è finita, ma non sembra cosi.
Quel mio conoscente, da solo in casa, aspettava il rientro della moglie. "C'è qualcuno davanti alla porta?", ha chiesto.
"Solo i soldati", ha risposto lei, non sospettando nulla. "Ahi!", ha sospirato l'uomo e ha raccontato a sua moglie
cosa era successo. Lei lo guardava senza batter ciglio. Poi ha detto sottovoce: "Lo sai, quello non dovevi dirlo". Il mio
conoscente ha iniziato a tremare.
Ieri sera ho girato la città in macchina, e ho ripreso a rispettare i semafori. Da quando la gente è morta sotto le bombe
solo perché si trovava in macchina, vicino a obiettivi militari, aspettando che il semaforo diventasse verde, i semafori sono
diventati un'arma segreta della Nato. La notte prima di partire ero in macchina vicino a un palazzo federale, quando il cielo è
stato illuminato da un "Tomahawk". Abbiamo pigiato l'acceleratore e superato il semaforo rosso, la gente intorno a noi si
scontrava agli incroci, sembrava che tutti saremmo morti, o per le bombe oppure negli incidenti stradali, non importa. Le regole,
almeno quelle che riguardano il traffico, tornano lentamente in vigore. Spero che avvenga lo stesso anche con la legge penale.
Quel mio conoscente è rimasto in ansia per tutta la serata. Attorno a mezzanotte, ha mandato la moglie a sbirciare dalla finestra
per vedere dov'erano quelli che volevano entrare. Le strade non sono ancora illuminate, e c'era buio totale. Adesso non solo non si
vedevano i documenti: non si vedeva nulla. "Non li vedo", ha detto la moglie, e il panico ha invaso l'uomo. Ha composto il
numero della polizia, quella civile, il numero dove si denuncia un furto, per esempio. Al poliziotto di turno ha raccontato il suo caso. Il
poliziotto lo ha ascoltato in silenzio, poi gli ha chiesto una sola cosa: "E...allora lei li ha mandati in un certo posto...?". "Sì", ha risposto l'uomo, pentendosi subito. Poi il poliziotto ha aggiunto sottovoce: "Lei lo sa, quello non doveva dirlo". Il mio conoscente ha abbassato il ricevitore, e ha bevuto una doppia dose di sedativi.
Questa mattina ho sentito la prima barzelletta del dopoguerra, dedicata alle bombe all'uranio della Nato: "Nel 2020 un padre serbo
dice al figlio: sei un vero cretino, io nel 1999 ho superato l'esame di maturità sotto le bombe e tu con le tue due teste ti sei fatto
bocciare".
Il mio conoscente ha trascorso la notte svegliando gli amici al telefono. A ognuno ha raccontato la sua triste storia e da tutti ha avuto
la stessa reazione. "E tu li hai mandati....?", sapete già dove. L'uomo stavolta ha risposto a tutti di sì, con
voce lamentosa. E tutti, gli hanno risposto allo stesso modo: "Lo sai, quello non dovevi dirlo..."
Alcuni giornali lentamente iniziano a somigliare a giornali. Qualche commento sulla politica disastrosa del regime, pur con timidezza e
usando metafore, inizia a essere pubblicato. La gente inizia ad avvicinarsi a noi, "traditori famosi", e dice che anche loro
avevano sempre pensato le stesse cose. Ho avuto paura più di loro tutti insieme, solo che non volevo confessarlo. Mi
vergognavo dalla mia paura. Adesso tocca a loro vergognarsi del proprio spavento.
Quell'uomo, sapete già chi, al mattino ha scritto il suo testamento. Poi ha svegliato mezza città per dire addio
agli amici e parenti più cari. Ha indossato l'abito più bello, le scarpe dal matrimonio, ha abbracciato la moglie ed è
uscito incontro al suo destino. Ha inspirato forte, ha aperto quattro serrature e ha socchiuso la porta, superandola a stento. Sulla
strada... l'alba. Due cani, un gatto, la bicicletta e l'immondizia.
"Quelli" non c'erano. Ha guardato con attenzione, ha superato il bidone, ha svegliato il gatto e poi i cani. I cani hanno
iniziato ad abbaiare, il gatto è saltato sull'albero, lui è salito sulla bicicletta e in abito da cerimonia si è avviato
verso la città. È andato a trovare i suoi persecutori, per arrendersi, con orgoglio. "Non doveva dirgli quello...
", ha sospirato la moglie, guardandolo allontanarsi in bicicletta.
Oggi è ricomparso il cibo fresco negli alimentari. Le zanzare hanno ripreso a volare, attaccando le persone, celebrando la
libertà del spazio aereo. La benzina si ordina per telefono al mercato nero, e la consegna avviene direttamente a casa. Nei
ristoranti si servono le fragole di bosco e i boschi sono ridiventati accessibili. La gente aspetta impaziente il ritorno dei soldati, figli, mariti,
fratelli, sperando che la cifra ufficiale di 400 soldati uccisi sia quella esatta, e che la disgrazia non sia successa proprio ai loro cari.
Si annuncia la ricostruzione del paese, in tempi brevi. Nessuno sa niente, ma tutti hanno speranza. Confesso: anch'io spero. Ho
addormentato il cervello, anestetizzato il cuore, tengo gli occhi socchiusi e taccio, sperando: che altro posso fare? Speriamo che il
mondo non ci tradisca.
Quell' uomo in bicicletta gira ancora per la città. Vuole arrendersi, ma non c'è nessuno a cui arrendersi. Se per caso
lo vedete nel vostro quartiere, perduto, che sta cercando la strada per tornare a casa, ditegli che lo sto cercando. Perché
voglio congratularmi con lui. Dopo tutto quello che è successo, a ogni esercito, vincitore o sconfitto, tutti dobbiamo rispondere
come ha risposto lui. Se per caso incontrate un ciclista perduto, vestito di nero e con le scarpe di vernice, con i capelli imbiancati
dalla paura, ma con la faccia dispettosa, vi prego di riferirgli il mio messaggio: "Lo sai, dovevi veramente dirgli quello!"
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