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Autunno 2015: Scientology a processo in Belgio (3)

Prende avvio il procedimento che vede imputati 12 dirigenti e due associazioni della Chiesa di Scientology con accuse che vanno dalla truffa all'abuso della professione medica, fino all'associazione criminale

Cronaca di © Jonny Jacobsen, novembre 2015
© Traduzione di Simonetta Po, novembre 2015

«Chi decide?»

Di Jonny Jacobsen, 5 novembre 2015

Il processo è proseguito con l'esame dell'imputata Patricia R., che ha spiegato di essere scientologist, a periodi alterni, dal 1977, e di aver lavorato come auditor e supervisore del corso.

Durante l'esame Patricia non è stata particolarmente collaborativa. Non che fosse deliberatamente reticente, ma è sembrata avere difficoltà a comprendere alcune delle domande. Le sue risposte tendevano a essere brevi e non sempre pertinenti.

Riferendosi alle domande poste all'imputata precedente, il giudice Régimont le ha chiesto se le persone audite potevano rifiutarsi di rispondere alla domanda dell'auditor.

Sulle prime la sua risposta è sembrata affermativa. Poi è diventata meno chiara. «Desidera che le faccia di nuovo la domanda?», le ha chiesto il giudice. La donna ha risposto di no.

«L'auditing è a beneficio della persona affinché raggiunga degli obiettivi prefissati», ha risposto. «Inutile dire che se la persona non risponde, non raggiungerà quegli obiettivi.»

Perciò se non si vuole rispondere, si può scegliere di non farlo?

«No, non funziona così. Un auditor fa la domanda e forse il preclear [la persona audita] non è interessato, e il preclear non è obbligato a rispondere.» Ci sono diversi tipi di auditing e diversi tipi di domande che si possono fare, ha aggiunto.

In risposta a ulteriori domande, la donna ha detto che Dianetics, il libro di Hubbard, parla di auditing. Ha aggiunto che due persone possono audirsi da sole senza doversi rivolgere alla chiesa. La cosa ha colpito il giudice, che l'ha ritenuta strana perché l'auditing sembra essere un programma spirituale con una certa direttività. A volte è così, ha risposto Patricia. Lei era stata una auditor di basso livello fino al 1996, quando aveva lasciato la chiesa per un paio d'anni. Quando era tornata non era più qualificata.

«Quindi gli auditor professionali possono perdere il loro status», ha commentato il giudice. «Non l'avevano informata che dura solo cinque anni?» No, lei non lo sapeva, ha risposto. Ma non ne era rimasta particolarmente turbata. Non dava più auditing.

Il giudice le ha fatto domande sull'elettropsicometro o e-meter, lo strumento usato nell'auditing di Scientology. Voleva sapere come funziona, ma Patricia ha risposto che non lo sapeva.

«Non sono un'esperta», ha detto, «Ma posso dirle che da solo l'e-meter non fa niente.»

«Questo è ovvio», ha commentato il giudice. «Ho un microfono, ma da solo non fa niente.» Ma l'e-meter reagisce allo stesso modo se persone diverse danno la stessa risposta? È diversa tutte le volte oppure no? Il giudice Régimont voleva dei chiarimenti sul suo funzionamento.

«Ognuno è diverso», ha detto Patricia. «Io sono una che reagisce con facilità quindi per me potrebbe reagire in modo diverso.»

Quindi, ha chiesto il giudice, la stessa domanda può far reagire l'e-meter in modo diverso, a seconda di chi sta rispondendo? Sì, ha risposto la donna.

«E allora qual è il valore oggettivo di questo strumento?» Ma il giudice lo stava chiedendo alla persona sbagliata. «L'e-meter potrebbe reagire per mille motivi che non hanno nulla a che fare con la domanda [posta]», ha risposto Patricia.

«Perciò, quando l'e-meter reagisce è un modo che ha l'auditor per dire "Ah, c'è un problema"», ha suggerito il giudice.

«L'auditor lavorerà con la persona per risolvere il problema», ha risposto lei.

Subito o più tardi, ha detto il giudice.

«No, no no», ha risposto Patricia animandosi per la prima volta. «Non si vuole restimolare», ha aggiunto usando un termine scientology che significa scatenare ricordi negativi. «Se qualcuno ha un'emozione che non gli piace, può liberarsene», ha continuato. «L'e-meter è una macchina che ti aiuta ad andare nella direzione che vuoi. È solo una macchina: in sé non è niente.»

Il giudice ha detto di aver capito e ha cominciato a discutere di prezzi. Patricia ha detto di averne acquistato uno nel 1990 per circa 100.000 franchi belgi (un po' meno di 2500 euro). Ma, ha aggiunto, ci sono anche dei modelli deluxe il cui prezzo si aggira sui 6000 euro, è un po' la differenza tra il comprare un'utilitaria e una Porche.

Ma il giudice è tornato a ragionare sul funzionamento dello strumento. «Suppongo che il funzionamento di un e-meter sia stato stabilito da Ron Hubbard», ha iniziato. Da quanto la donna gli aveva detto, sembrava che l'e-meter desse letture diverse per persone diverse. «Quindi, negli anni '50 come poteva Mr. Hubbard anticipare il modo in cui oggi uno interpreta il movimento di una lancetta?»

Patricia non ne era sicura, «ma audendo la gente, deve avere imparato.»

«Ma poteva aver avuto solo un campione limitato», ha obiettato il giudice. «Lei nei confronti dell'e-meter mantiene uno spirito critico?», le ha chiesto. «Io lo prenderei con le molle.»

«Per quanto mi riguarda, ho sempre applicato ciò che ho appreso», ha insistito la donna.

Come esattamente?

È come per la vita, ha risposto Patricia. «Se funziona per me, allora funziona.»

E si può raggiungere un certo livello spirituale senza l'auditing?

Quando lei aveva iniziato era possibile raggiungere Clear – posto circa a metà del Ponte Scientology della Libertà Totale – con l'auditing di base di Dianetica, ha risposto la donna (l'auditing di Dianetica, almeno come descritto nel libro omonimo, non richiede l'utilizzo dell'e-meter).

«E chi dice che hai raggiunto lo stato di Clear?», ha chiesto il giudice.

«Le persone qualificate», ha risposto l'imputata. «Io non lo so, non sono qualificata.»

«Quindi se io faccio 50 sedute con il cancelliere qui», ha detto il giudice indicando la persona alla sua sinistra, «Chi dice... »

«Lei è una persona individuale», ha risposto Patricia. «Può dire di essere Clear dalla definizione data nel libro.»

«Però potrei essere Clear senza saperlo», ha commentato il giudice. «Proprio come agli occhi di qualcun altro potrei non essere Clear.»

«Lo specialista può dire che lei è Clear», ha detto Patricia. «Questo può succedere.»

«Bien», bene, ha detto il giudice. Quello è il suo modo di concludere un argomento e passare al successivo.

Il giudice Régimont ha quindi cominciato a fare domande sul Programma di Purificazione, un programma Scientology che prevede ginnastica aerobica, sedute in sauna e l'assunzione di dosi massicce di vitamine e minerali. Una delle accuse contro alcuni degli imputati è infatti l'abuso di professione medica.

Patricia era stata uno dei supervisori del programma e il giudice ha voluto sapere come è organizzato.

La donna ha spiegato che preparava la sauna, ma che era un pharmaciste a preparare in anticipo le dosi di vitamine (come la corte ha già sentito nelle precedenti udienze, tutti gli scientologist devono pagarsi le vitamine, oltre al corso).

«Andavo a vedere le persone quando uscivano dalla sauna per verificare come stavano», ha detto Patricia.

Per spiegare il programma? Sì, quando era lì, ha risposto. Ma la persona che fa il programma tiene anche un diario.

E chi decide i dosaggi delle vitamine? Quelli sono stabiliti dagli scritti di Mr. Hubbard. La donna ha detto che aveva avuto delle persone sul Programma che credevano nell'omeopatia e usavano dosaggi significativamente ridotti.

Quando il giudice le ha chiesto qual è il ruolo dei medici nel procedimento, la donna ha spiegato che se pensano che i loro pazienti possono fare il Programma, allora rilasciano un certificato. Ma il giudice Régimont ha stabilito che non tutti i medici hanno letto Mente sana in corpo sano, il libro di Hubbard sul Programma. Il che gli faceva pensare che alcuni medici autorizzassero dei pazienti senza essere a conoscenza delle dosi massicce di vitamine e minerali che avrebbero assunto: quantità su cui alcuni medici contattati dagli inquirenti avevano espresso preoccupazioni.

Patricia ha cercato di rassicurarlo insistendo su esami medici completi ed esami cardiologici. Non è che si può entrare e fare subito il Programma di Purificazione.

«E dopo non ci sono più controlli?», le ha chiesto il giudice. No, ha risposto la donna, quello è compito del medico. Anche se a volte i medici si rifiutano di autorizzare il Programma.

Quindi fu Hubbard a stabilire i dosaggi, ha commentato il giudice tornando all'argomento precedente.

«Se le piace pensare così», ha replicato Patricia. Il libro di Mr. Hubbard sull'argomento, Mente Sana in Corpo Sano, spiega tutto.

«Con tutto il rispetto per Hubbard», ha commentato poco dopo il giudice, «potrebbe anche non aver pensato a ogni singolo caso.»

L'imputata s'è detta d'accordo. Non ci si basa solo sui numeri, una persona può finire il Programma in pochi giorni e a dosaggi molto bassi, mentre a un'altra può occorrere di più.

«E chi decide?», ha chiesto il giudice. Quello dipende dal fenomeno, ha risposto Patricia, il che è sembrato significare quanto sperimenta e riferisce la persona sul Programma. Il giudice però non è sembrato soddisfatto: chi decide su questi fenomeni? «Mi ha appena detto che i dosaggi sono nel libro di Mr. Hubbard, ma che quei dosaggi dipendono dai fenomeni.»

Sì, ha risposto Patricia.

«Chi decide quali sono i fenomeni che portano a modificare il dosaggio?», le ha chiesto il giudice. «E' lei a decidere, il supervisore del corso?»

La donna ha fatto un paio di false partenze, chiaramente combattuta. «Non capisco la domanda», ha detto alla fine. Così il giudice ci ha riprovato.

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«Chi stabilisce i dosaggi, caso per caso?»

«Okay. Sono io e la Sig.na C [sua collega supervisore]», ha risposto la donna aggiungendo, con aria un po' di rimprovero, «Se avesse fatto la domanda in modo più chiaro... »

Il giudice Régimont ha fatto mettere a verbale la risposta: « Madame risponde che è lei a stabilire caso per caso ... le quantità di vitamine che dovrebbero essere assunte dalla persona sul Programma di Purificazione.» Il supervisore del corso prende queste decisioni in base a ciò che Mr. Hubbard ha scritto nel suo libro in merito ai fenomeni, ha aggiunto.

Maître Cedric Vergauwen, avvocato di Patricia, ha chiesto di mettere specificamente a verbale due punti chiave della sua testimonianza: i candidati al Programma di Purificazione vengono mandati a fare un controllo medico completo prima di iniziarlo; non vengono accettati se il parere medico è sfavorevole.

Ma gli avvocati della difesa hanno sollevato altri punti sul modo in cui il giudice aveva esaminato l'imputata.


Domande appropriate

Di Jonny Jaconbsen, 8 novembre 2015

Mentre l'esame del giudice Régimont dell'imputata Patricia R. volgeva al termine, si è fatto avanti Maître Pascal Vanderveeren, che rappresenta la Chiesa di Scientology in Belgio. Vanderveeren gode di una certa autorità tra i suoi pari in quanto ha svolto funzioni di bâtonnier [presidente dell'Albo], che ha il compito di moderare le dispute tra i suoi colleghi avvocati – per non parlare del lavoro svolto alla Corte Penale Internazionale. Perciò quando ha qualcosa da dire la corte è più attenta del solito.

«Per quanto riguarda queste cose siamo al cuore stesso della pratica religiosa e durante la discussione in aula c'è stata una certa costernazione», ha detto l'avvocato al giudice. Maître Vanderveeren è sembrato indicare non solo gli imputati, ma anche alcuni scientologist seduti tra il pubblico, in aula per sostenerli.

L'avvocato è sembrato suggerire che l'esame del giudice di Patricia R. in merito all'e-meter – l'apparecchio usato dagli scientologist durante la loro terapia, o auditing – avesse turbato alcuni degli scientologist presenti. Il giudice Régimont non era sembrato infatti convinto dell'efficacia dell'e-meter. Questo è il motivo per cui, ha proseguito l'avvocato, ha richiesto la testimonianza di esperti di religione che vengano in aula a spiegare queste questioni. «Sono l'avvocato della Chiesa di Scientology, ma devo ricordare alla corte che per ora la Chiesa di Scientology è una religione.»

Il che, naturalmente, è un riferimento al fatto che secondo la pubblica accusa i suoi clienti sono un'organizzazione criminale.

Secondo l'avvocato la linea di interrogatorio del giudice stava andando troppo in quella direzione – e lontano dal tener presente lo status di Scientology in quanto religione.

Il giudice Régimont ha mantenuto la sua posizione. Ha detto che Maître Vanderveeren può sicuramente difendere la chiesa, ma che gli imputati sono a processo per un certo numero di reati penali.

Ma avrebbe fatto lo stesso se si fosse trattato di cattolici? Si è chiesto Vanderveeren. «Avrebbe discusso i segreti del confessionale?»

Il giudice ha replicato di ritenere perfettamente ragionevole fare quelle domande per cercare di comprendere meglio il caso.

Ma da dieci anni questa particolare imputata non è più nella Chiesa di Scientology, ha ribattuto Maître Vanderveeren. Il giorno prima, all'inizio del processo, Vanderveeren si era offerto di fare una presentazione di 20 minuti per spiegare esattamente che cos'è la Chiesa di Scientology.

Il giudice Régimont aveva rigettato la proposta dicendo che avrebbe avuto tutto il tempo per esporre il suo caso. «La corte non deve essere presa per mano», gli aveva detto.

Poi all'inizio dell'udienza di martedì mattina alcuni avvocati della difesa avevano presentato al giudice un'altra questione. Secondo loro il giudice aveva fatto ad alcuni imputati delle domande generali su come funziona Scientology, domande che avevano poco a che fare con le accuse contro di loro.

Il giudice Régimont ha risposto che gli imputati erano già stati interrogati durante l'indagine sui fatti che li riguardavano: era in possesso di tutti i verbali pertinenti. Ciò che a lui interessava scoprire in aula era il funzionamento della Chiesa di Scientology – proprio perché la chiesa belga è tra gli accusati.

Avrebbe potuto gestire il caso “alla fiamminga”, ha aggiunto: verificare semplicemente l'identità degli imputati e come si dichiaravano rispetto alle accuse, poi procedere con le discussioni legali. Ma lui personalmente preferiva andare più in profondità, cercare di capire.

Comunque, ora Maître Vanderveeren gli stava offrendo ciò che il giudice ha definito una mise en guarde sympathetique – un avvertimento amichevole – sulla sua linea di esame. Ma stava perdendo la pazienza. «La corte sta cercando di trovare la sua linea», ha detto chiaramente irritato. Naturalmente, se la difesa lo desiderava poteva sempre usare l'approccio di base: nome, dichiarazione in merito alle accuse, discussione legale. «Non ho problemi», ha aggiunto (anche se chiaramente li aveva).

Maître Vanderveeren ha fatto un gesto verso i suoi colleghi: «Non sono qui da solo», ha replicato.

A questo punto è intervenuto Jean-Pascal Thoreau, il secondo dei due pubblici ministeri che fino a questo momento non aveva ancora parlato. È stato infatti il suo collega Christophe Caliman, che ha seguito l'indagine per oltre dieci anni, a fare tutte le domande.

Thoreau era chiaramente arrabbiato e non ha usato mezze misure. «Sono stupito del suo intervento», ha detto a Maître Vanderveeren. Agli imputati sono state fatte domande del tutto pertinenti, considerando i fatti in discussione e le accuse elencate nel rinvio a giudizio.

«Ha detto di essere stata una auditor e di aver gestito il Programma di Purificazione», ha sottolineato Thoreau riferendosi all'imputata Patricia R. Perciò le domande poste non gli sembravano eccentriche. Perciò che Vanderveeren fosse intervenuto per dire alla corte che avevano a che fare con una religione non gli sembrava per niente utile, «... e se vuole che parliamo di mancanza di obiettività … »

«... Non credo di avere fatto domande estranee al fascicolo», è intervenuto il giudice Régimont interrompendo l'attacco verbale del pubblico ministero. «Queste domande mi sembrano legittime e pertinenti.

«Compito della corte è decidere su questa questione», ha aggiunto. «E' nostro compito decidere se il caso ha dei meriti. Se non posso fare domande che forse sono difficili, allora posso smettere di farle e posso semplicemente annotare i nomi e chiedere se ci si dichiara colpevole o innocente. A me va bene.»

Ma, come ha fatto notare uno degli avvocati della difesa, il giudice aveva già interrogato approfonditamente tre degli imputati, per cui non poteva adesso passare a un esame più sbrigativo degli altri.

«La difesa avrà tutto il tempo per correggere la linea di fuoco», ha replicato il giudice. «Che mi lasci o meno fare le mie domande.»

Un altro legale della difesa è intervenuto per dire che qui erano tutti in buona fede e volevano che il processo proseguisse in modo tranquillo e trasparente. Ma, francamente, il modo in cui la Procura aveva condotto l'indagine...

Thoreau ha cercato di nuovo di intervenire e di nuovo il giudice Régimont lo ha zittito.

Un altro avvocato della difesa è intervenuto per dire che anche a lui interessava solo un dibattito tranquillo e trasparente. Ma francamente, il modo in cui l'accusa si era scagliata contro gli imputati... se fossero stati cattolici o musulmani sarebbe stato indifendibile.

«La differenza è l'associazione a delinquere», ha ringhiato il PM.

Una volta ancora il giudice Régimont è intervenuto per cercare di riportare la tranquillità e la trasparenza che tutti insistevano di volere. Maître Vanderveeren e i suoi colleghi avevano esposto le loro ragioni, ha detto. Ma non avrebbe permesso che la reazione degli scientologist presenti in aula determinasse la sua linea di interrogatorio.

Maître Cedric Vergauwen, avvocato di Patricia R., non è sembrato ancora soddisfatto. «Gli imputati ritengono che a processo sia la loro religione», ha sottolineato. «E' quindi comprensibile che si sentano feriti.» Come esempio ha citato il modo in cui era stato discusso l'e-meter e ha fatto la parola “dérision”, che in francese ha lo stesso significato dell'inglese [e dell'italiano – NdT].

Thoreau per l'accusa ha obiettato che è perfettamente normale fare domande sull'e-meter.

«Stia attento a come fa le sue domande», ha replicato Maître Vergauwen.

C'è stato qualche altro scambio tra gli avvocati della difesa e dell'accusa, e la cosa principale emersa è che per gli scientologist l'e-meter è uno strumento religioso, un oggetto sacro: perciò il team della difesa ha invitato a un po' di rispetto.

Il giudice Régimont ha posto fine al dibattito che rischiava di infiammarsi di nuovo. Ha detto di essere dispiaciuto se la sua linea d'esame aveva turbato qualcuno. E con questo ha aggiornato l'udienza al dopo pranzo.

Quando l'udienza è ripresa, il giudice ha continuato il suo esame di Patricia R. Che cosa aveva da dire in risposta alle accuse mosse contro di lei, truffa, violazione delle leggi sulla privacy, appartenenza a un'organizzazione criminale e associazione per delinquere?

«Sono molto turbata da un sacco di cose del fascicolo che mi riguardano», ha risposto l'imputata. «Non mi ritengo una truffatrice e non sono una truffatrice.» Se fosse risultato che aveva commesso delle illegalità, allora lo avrebbe accettato. «Ma non mi ritengo una criminale.»

«Perciò ha agito in buona fede?», le ha domandato il giudice.

«Se è davvero illegale allora l'ho fatto... ma non volevo fare nulla di illegale.»

Il suo avvocato Maître Vergauwen le ha fatto domande sull'uscita da Scientology: era entrata e uscita diverse volte.

Le domande del giudice avevano fatto emergere che, dopo l'adesione iniziale alla fine degli anni '70, la donna si era allontanata da Scientology per periodi più o meno lunghi, ma che era sempre stata una sua scelta e che non aveva mai subito pressioni per ritornare.

Poi nel 2005, a seguito dell'indagine penale, aveva lasciato lo staff perché voleva essere certa di che cosa aveva – e non aveva – il diritto di fare.

«Voglio saperlo», ha detto Patricia al giudice, «Non capisco.»

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Il giudice ha dettato un'altra annotazione al cancelliere: « Madame dice di aver lasciato tutti gli incarichi nella Chiesa di Scientology nel 2005, volendo sapere alla fine di questo processo se le azioni commesse nella Chiesa di Scientology erano o meno illegali.»

E aveva subito pressioni per ripensarci? No, per niente, ha risposto la donna. Il giudice ha fatto annotare anche questo.

Il PM Caliman le ha fatto qualche altra domanda, ma il suo modo di elaborare ha confuso la donna così non è riuscito ad avere le risposte chiare che stava cercando. La donna non è riuscita a dare una risposta chiara nemmeno all'ultima domanda: esistono procedure a cui sottoporsi prima di ottenere un rimborso?

«Non lo so», ha risposto Patricia. «Non capisco.»

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