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Tribunale di Milano - Sentenza del 2 luglio 1991 (estratti) - prima parte

Tratto da: Il diritto ecclesiastico, 1991, Parte II, pagg. 419 e ss..

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Ricerca, trascrizione e introduzione a cura di Floridi L.

 
Con Sentenza del Tribunale di Milano del 2.7.1991 si chiudeva il primo grado del Processo di Milano.

Alcuni adepti venivano condannati per i reati di circonvenzione di persone incapaci aggravato, maltrattamenti in famiglia e abbandono di minori aggravato.

Il Tribunale inoltre accertava altri comportamenti penalmente illeciti ma al contempo li dichiarava estinti per amnistia. Tali condotte illecite evidenziate dai Giudici consistevano nei reati di truffa aggravata e circonvenzione di incapace.

Alla fine del lungo procedimento giudiziario i giudici assolvevano altresì svariati imputati poiché, pur ritenendo sussistenti i vari reati (in particolare il reato di circonvenzione di incapace, violenza privata, estorsione e truffa) non fu possibile individuare esattamente i responsabili.

A tal fine, illuminanti sono le parole del P.M. Dott. Forno che nella requisitoria, con la quale in data 13.7.1988 chiedeva il rinvio a giudizio degli imputati, affermava: «Come si è già avuto modo di precisare nel corso della presente trattazione, le imputazioni che sono state contestate sono il frutto di una selezione fra centinaia di denunce, querele, esposti e dichiarazioni testimoniali (sia in sede di P.G. che di istruttoria sommaria e formale) che, per le più disparate ragioni, o riferiscono fatti non integranti tutti gli estremi di una qualche ipotesi criminosa, ovvero, quando tali estremi si presentano, risultano coperti da cause di estinzione del reato (prescrizione ed amnistia) ovvero da cause di non procedibilità (mancanza di querela, mancanza di richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia per i reati commessi all'estero)».

Al di là delle condanne, giova sottolineare la critica morale sollevata dai giudici in merito all'operare dell'organizzazione:

« I sistemi spesso praticati in seno all'organizzazione, quali emergono sia da numerose deposizioni testimoniali, sia da varie intercettazioni telefoniche (creare un clima "suggestivo", prospettare destini e mali ineluttabili a coloro che si fossero allontanati dall'organizzazione medesima, tentare di isolare gli adepti dai familiari contrari a quest'ultima, ricorrere ad insistenze pressanti e moleste per convincere le persone ad aderire all'associazione ed a versare somme anche rilevanti di denaro, volontà di lucrare il più possibile e ad ogni costo) non possono andare esenti da giudizi del tutto critici e negativi sotto un profilo morale ed etico: tuttavia non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante».
 
 
 
TRIBUNALE MILANO

- Sez. I Penale -

Sentenza del 2 luglio 1991 - Segalla ed altri 73 imputati

Pres. ed Est. Belfiore, Giud. ed Est. Mandrioli e Dell'Arciprete, P.M. Forno (parz. diff.)

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Misurazione della resistenza spirituale degli aderenti - Uso dell'E-Meter - Rituali e teorie di Scientology ­ Libertà di pensiero - Libertà religiosa - Giurisdizione dello Stato - Difetto (artt. 19 e 21 Cost.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Proselitismo - Creazione di un clima suggestivo - Insistenze pressanti e moleste - Volontà di lucrare - Illiceità morale - Irrilevanza penale.

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Centri Narconon - Commissione di reati in danno di aderenti - Dirigenti dell'associazione - Mancato concorso materiale o morale nell'azione - Responsabilità penale - Esclusione (art. 110 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Operatori - Vendita dei corsi di Scientology - Condotte moleste e insistenti - Persona incapace - Circonvenzione - Sussistenza - Persona frequentante i corsi di Scientology - Abuso del rapporto di fiducia - Sussistenza (artt. 61 n. 11 e 643 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Persona inferma di mente ­ Promessa illusoria di guarigione certa con sedute di auditing - Circonvenzione - Sussistenza - Danno patrimoniale di rilevante gravità - Sussistenza (artt. 61 n. 7 e 643 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Persona inferma di mente ­ Promesse lusinghiere di guarigione con sedute di auditing - Circonvenzione ­ Sussistenza (art. 643 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Persona inferma di mente ­ Pressioni prolungate per Partecipare a vari corsi di auditing e acquistare L'E-Meter - Circonvenzione - Sussistenza - Versamento di Somme cospicue - Danno patrimoniale di rilevante gravità - Sussistenza - Abuso del rapporto di fiducia - Sussistenza (art. 61 n. 7 e 11, 643 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Persona epilettica - Proposta di acquisto di sedute di auditing - Promessa della probabile scoperta della causa della malattia - Raggiro - Truffa - Sussistenza (art. 643, 1° comma c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Giovane infermo di mente ­ Operatori dell'organizzazione - Coabitazione - Percosse - Maltrattamenti - Sussistenza - Genitori del giovane - Induzione a non riammettere il figlio in casa - Abbandono aggravato di persona incapace - Sussistenza (artt. 571 e 592 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Organizzazione di Scientology - Invio di lavoratori presso la sede di Copenaghen - Maltrattamenti - Responsabilità dei dirigenti di Copenaghen - Diletto di responsabilità dei dirigenti italiani - Assoluzione (art. 572 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - Dianetic Institut - Enti culturali - IRPEG e IVA - Imposizione fiscale - Esclusione - Omessa dichiarazione di imponibili - Reato continuato - Insussistenza (art. 20, 1° comma, d.P.R. 1973, n. 598; 4, 4° e 5° comma, d.P.R. 1972, n. 633; 1 e 2 d.P.R. 1982, n. 954; in relazione all'art. 81 c.p.).

Culti - Culti ammessi - Chiesa di Scientology - .Centri Narconon - Commissione di più reati - Associazione a delinquere - Insussistenza (art. 416 c.p.).

 

 

L'uso dell'apparecchio denominato E-Meter da parte dell'organizzazione di Scientology, al fine di misurare la «resistenza spirituale» degli aderenti, rientra nell'ambito dei rituali e delle teorie dell'organizzazione stessa e non può essere sindacato dal giudice, perché la Costituzione garantisce la libertà di pensiero e di religione, con il solo limite del buon costume dei riti (1).

Anche se i sistemi sovente praticati dall'organizzazione di Scientology (diretti a creare un clima suggestivo, a prospettare destini e mali ineluttabili agli aderenti che si fossero allontanati, ad isolare gli stessi dai familiari contrari all'organizzazione, alle insistenze pressanti e moleste per indurre alla adesione e versare somme anche rilevanti, a lucrare il più possibile e a ogni costo) sono soggetti a critiche sfavorevoli sotto il profilo morale ed etico, tuttavia non sempre ciò che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante (2).

I presidenti e i vicepresidenti della Chiesa di Scientology e dei centri Narconon e, in genere, i rappresentanti di tali organizzazioni non sono responsabili in sede penale, neppure a titolo di dolo eventuale, delle condotte penalmente illecite di altri appartenenti alle dette organizzazioni, imputati di vari reati in danno di aderenti ad esse, qualora manchi la prova che i preposti abbiano partecipato materialmente a tali illeciti o in qualche modo abbiano concorso moralmente alla loro commissione, essendo gli illeciti una degenerazione frutto di iniziative individuali (3).

Le condotte non violente, né minacciose, ma moleste e insistenti, tenute nei confronti di persona inferma di mente, il cui stato di salute mentale era noto all'agente, anche quando l'infermo era in stato di prostrazione fisica a causa delle saune praticate, condotte dirette a indurre la persona offesa ad acquistare i corsi di Scientology e frequentare le sedute di auditing, facendole compiere erogazioni in denaro pregiudizievoli per il patrimonio, costituisce il delitto di circonvenzione di persona incapace, aggravato dal rapporto di fiducia esistente con l'agente operatore addetto a una sede dell'organizzazione, in quanto la parte lesa frequentava i corsi di Scientology (4).

Costituisce il delitto di circonvenzione di persona incapace, con l'aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, il fatto di indurre, con la promessa illusoria di una guarigione certa, persona inferma di mente - nota come tale all'agente - a erogare somme, ottenute contraendo un mutuo garantito da ipoteca, per pagare le sedute di auditing effettuate presso una sede di Scientology (5).

Il reato di circonvenzione di persone incapaci sussiste - senza l'aggravante del rapporto di fiducia - anche quando l'infermo di mente non frequenti i corsi di Scientology, ma l'agente, conoscendo il suo stato di salute mentale, l'abbia indotto a effettuare erogazioni pregiudizievoli per il suo patrimonio, con la lusinghiera promessa che un ciclo di sedute di auditing l'avrebbe fatto guarire (6).

Costituisce il delitto di circonvenzione di persona incapace, con le aggravanti del danno patrimoniale di rilevante gravità e dell'abuso del rapporto di fiducia, il fatto di indurre, con prolungate pressioni, persona nota all'agente come inferma di mente e che frequentava i corsi di Scientology, a versare somme ragguardevoli per partecipare a una serie di corsi e acquistare l'E-Meter, avvalendosi l'agente della sua qualità di addetto alle vendite (7).

Costituisce il delitto di truffa, nella specie estinto per amnistia, il fatto di indurre persona ammalata di epilessia a versare una somma ragguardevole per l'acquisto dall'organizzazione di Scientology di "un pacco di venti intensivi di auditing ", con l'ingannevole prospettazione che tale pratica avrebbe consentito di individuare probabilmente la causa della malattia (8).

Costituiscono i delitti di maltrattamenti e di abbandono di persona incapace, aggravato dal rapporto di parentela, i fatti, commessi da operatori di Scientology nei confronti di un giovane infermo di mente e con loro coabitante, consistenti nel percuoterlo ripetutamente e nel gettargli addosso secchi d'acqua, con il pretesto che tale trattamento fosse il solo modo per «vincere la sua natura», e nell'indurre i genitori di esso a non riammettere il figlio in casa, con l'asserzione che questo sarebbe stato il comportamento da tenere nei confronti di un soggetto "antisociale e pericoloso" (9).

Le persone in cerca di lavoro indirizzate da operatori non identificati dell'organizzazione di Scientology presso la sede di Copenaghen sono stati ivi assoggettati a un regime di vita integrante gli estremi del delitto di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), perché sottoposti a ritmi di lavoro e di studio intensi, con una retribuzione irrisoria, cibo scarso e sistemati in alloggi disagiati. Ma, poiché autori di tale reato sono i dirigenti e gli operatori di Copenaghen, i presidenti e i vice presidenti dell'organizzazione scientologica di Milano devono essere assolti per non aver commesso il fatto (l0).

Il Dianetic Institute e la Chiesa di Scientology, ai fini dell'IRPEG e dell'IVA, devono essere qualificati come «enti non commerciali», perché la loro attività non rientra fra quelle elencate nell'art. 2195 c.c., ma sono associazioni, se non religiose, quanto meno culturali, consistendo l'attività stessa nella cessione di libri (le pubblicazioni di L.R. Hubbard) e nella prestazione di servizi (auditing e purification) ad associati e partecipanti. I proventi di tali attività, pertanto, non sono soggetti a imposizione fiscale, onde i rappresentanti delle dette organizzazioni non incorrono nelle sanzioni penali previste dagli artt. 1, 1°, 2° e 4° comma, e 4 n. 7 della legge n. 516 del 1982, in relazione all'art. 81 c.p., per non aver dichiarato operazioni imponibili, e vanno assolti da tali reati continuati perché il fatto non sussiste (11).

Nel delitto di associazione per delinquere occorre che, fra tutti i partecipanti, esista un accordo per commettere più reati. Nel caso dell'organizzazione di Scientology e dei Centri Narconon tale imputazione è stata elevata solo nei confronti dei dirigenti e non nei confronti degli altri operatori o dei semplici aderenti, sicché l'associazione criminosa, secondo le prospettazioni dell'accusa, non si identificherebbe con le dette organizzazioni, ma con una struttura distinta dalle due, che agirebbe deviando dalle direttive del fondatore L.R. Hubbard. Peraltro, tali deviazioni sono state attuate dai singoli imputati senza un preventivo accordo per commettere delitti, onde il reato di associazione per delinquere non sussiste (12).

 

 
Fatto e Svolgimento Del Processo

Le imputazioni oggetto del presente procedimento penale si riferiscono a condotte tenute da appartenenti all'Associazione denominata in un primo momento "Hubbard Dianetics Institute" e successivamente "Chiesa di Scientology" o da operatori dei c.d. "Centri Narconon", che hanno per scopo il recupero dei tossicodipendenti e si ispirano alle medesime teorie della Chiesa di Scientology.

Fondatore di tale Associazione è il pensatore americano Ron Lafayette Hubbard, autore del libro intitolato "Dianetics: la moderna scienza della salute mentale", pubblicato nel 1950 e di altri libri pubblicati successivamente.

Per la diffusione delle sue teorie, Hubbard istituì l'Hubbard Dianetics Research Foundation, con sede in varie città americane; e, subito dopo, costituì l'Institute of Dianetics.

Alla fine del 1953, inizio 1954, Hubbard decise di proseguire la diffusione delle sue teorie, presentandole come una religione, e fondò nel New Jersey, la "Church of Scientology and the Church of American Science", che ebbe una rapida diffusione in varie parti d'America e, successivamente, del mondo.

In Europa, una delle prime sedi fu quella di St. Hill ad East Greansted nel Sussex (GB); ma, in seguito, la sede principale, per l'Europa ed il Sud Africa, fu stabilita a Copenaghen, in Danimarca.

Intorno al 1975-76, le teorie di Hubbard fecero la loro apparizione in Italia; e ben presto furono aperti a Brescia, Bergamo, Novara, Padova, Bologna, Roma ed altre città minori istituti denominati "Istituti di Dianetica", aventi per scopo la diffusione del pensiero di Hubbard.

Dallo statuto di detti Istituti risulta che lo scopo dell'associazione è di «sviluppare, amministrare e realizzare una educazione effettiva; di presentare e diffondere la scienza conosciuta come Dianetics, nella maniera in cui è stata fondata e in cui può essere ulteriormente sviluppata da L. Ron Hubbard, al fine che e finché ogni persona che aspiri ad una partecipazione o che partecipi alla scienza di Dianetics possa derivarne il maggior bene possibile attraverso l'aumento della consapevolezza spirituale della propria natura immanente ed immortale e l'Associazione promuova ed incrementi le proprie attività esterne nel mondo materiale attraverso la applicazione dei principi difettivi della Dianetics; di distribuire letteratura ed altri materiali e attrezzature scientifiche; di distribuire libri, corsi educativi e relativi testi ed altri articoli e pubblicazioni inerenti a od atti a diffondere la scienza della Dianetica» (art. 3).

Dallo stesso statuto risulta che: «L'associazione non può svolgere alcuna attività commerciale» (art. 4).

Il testo fondamentale della scienza Dianetica è il volume intitolato "Dianetics: Scienza moderna della salute mentale" di L. Ron Hubbard ed H.D.I. I980).

Tali istituti svolgevano una intensa attività; ed accanto a numerose persone entusiaste dell'attività stessa, ve ne erano altre che avevano motivi di lamentarsene.

Le prime lamentele cominciarono a pervenire dalle stesse persone che lavoravano nei detti istituti e si riferivano a pretese violazioni delle leggi che disciplinano il rapporto di lavoro.

Conseguentemente, varie Preture d'Italia iniziarono procedimenti e svolsero indagini istruttorie.

Anche il Pretore di Milano iniziò un procedimento penale, nel quale sono state ipotizzati reati di truffa.

Al termine dell'istruttoria, il Pretore di Milano trasmise gli atti al Procuratore della Repubblica di competenza.

Il 31 ottobre 1981 il P.M. richiese al Giudice Istruttore di procedere con il rito formale.

Il G.I. emise alcune comunicazioni giudiziarie ed interrogò due imputati (Segalla Gabriele e Camellini Paola), che si erano presentati spontaneamente.

Nel frattempo, continuarono a pervenire alla Procura della Repubblica ed al G.I. rapporti della Polizia di Stato e dei Carabinieri di varie città d'Italia e varie denunce di privati cittadini.

Nell'ottobre 1985, il G.I.:, per accertare lo stato delle indagini in corso sin dal 1980/81 anche nelle altre città italiane, inviò una lettera circolare alle Procure che a suo tempo ne erano state interessate. Ed emerse che:

  • a Pordenone, era stato incardinato un procedimento per violazione valutaria che si era concluso con una sentenza del Tribunale in data 20 ottobre 1981 di assoluzione degli imputati con formule varie;

  • a Bologna, il procedimento apertosi dinanzi al pretore e poi trasmesso al P.M. per associazione a delinquere in truffa era stato definito con sentenza istruttoria di proscioglimento del 5 maggio 1986;

  • a Roma, essendo stato ipotizzato tra l'altro l'esercizio abusivo della professione sanitaria nell'immediatezza dell'intervento del 1981 erano stati anche eseguiti degli arresti. Il relativo procedimento era stato poi trasmesso in parte alla Procura della Repubblica per competenza sulle ulteriori ipotesi criminose di truffa e circonvenzione di incapaci. Questo ultimo procedimento (contro G. più altri) aveva poi conosciuto una prima definizione - per la truffa - con proscioglimento istruttorio del 17 settembre 1985 (cfr. vol. 20, f. 61) ed analogamente si era infine concluso lo stralcio disposto per la circonvenzione di incapaci (cfr. vol. 20);

  • a Padova e Novara, da ultimo, vi erano procedimenti ancora pendenti che furono quindi riuniti al presente attesa la evidente competenza territoriale suggerita, in un primo tempo dal fatto che in Milano si trovava la sede principale al livello nazionale e, successivamente, dal fatto che in tale città era stato compiuto il maggior numero dei reati più gravi.
Analogamente, si procedette a riunione di tutti gli altri numerosi procedimenti apertisi in Milano su fatti connessi per materia.

L'istruttoria formale, quindi, proseguì con l'escussione delle persone che avevano sporto denunce e di quelle via via indicate come in grado di fornire altri ragguagli sulle attività dell'associazione in esame la quale, nel frattempo e cioè in data 31 ottobre 1985, aveva mutato la sua denominazione in quella di " Chiesa di Scientology d'Italia" (ovvero di Milano, Brescia, ecc., a seconda delle varie località, ed associando talvolta anche quella originaria di "Istituto di Dianetica").

Lo scopo della nuova Associazione "Chiesa di Scientology" è indicato dall'art. 3 del nuovo statuto, che qui si riporta: «La Chiesa ha lo scopo di contribuire alla diffusione, conoscenza e pratica della religione di Scientology e mantenere la purezza e l'integrità mediante le scritture religiose, i riti e le tecniche create dal fondatore della religione L. Ron Hubbard in modo che ogni persona ne possa ricavare il massimo del beneficio derivante da una maggiore consapevolezza di essere uno spirito immortale.

L'Associazione non ha fini di lucro, non intende avere per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali ed intende essere retta e regolata, oltre che dal Codice Civile, dagli artt. 8, 19, 20 della Costituzione in riferimento alla legge 25 ottobre 1977, n. 881 (art. 18, n. 3), che ha ratificato il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, nonché dall'art. 12 del R.D. 28 febbraio 1930, n. 289, e dalla lettera C, art. 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, e dall'art. 19 del decreto medesimo».

Nell'ottobre 1986, dopo circa un anno di attività istruttoria concretatosi nell'audizione di quasi un centinaio di persone, il materiale probatorio raccolto, unito a quanto emerso dai rapporti precedenti, indusse il G.I. ad approfondire le indagini disponendo un servizio di intercettazioni telefoniche presso le sedi principali dell'organizzazione: quelle di Milano e Cormano della c.d. Chiesa di Scientology e quella della "Lega Nazionale per la Civiltà libera dalla Droga" che, con sede in Milano, coordinava le attività dei centri Narconon diffusi per l'Italia.

Essendo emersi ulteriori indizi di reato, il G.I. ordinò la perquisizione e sequestro di tutte le sedi allora operanti sul territorio nazionale dell'associazione in questione (cfr. decreto di perquisizione del 28 novembre 1986, voI. 38).

Il 4 dicembre 1986, in tutta Italia, a cura della Guardia di Finanza e dei Carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni, venne data esecuzione al citato decreto e prese vita una nuova e delicata fase delle indagini diretta allo spoglio della immensa mole di documenti sequestrati nonché all'audizione dei nuovi denuncianti nonché degli ulteriori testimoni individuati. Come si chiarirà meglio più avanti, uno degli obiettivi principali delle indagini era quello di dare un nome ai responsabili dell'associazione oltre che dei fatti delittuosi via via evidenziatisi. Caratteristica comune, infatti, di quasi tutte le denunce e deposizioni era la quasi totale mancanza di indicazione di ipotetici responsabili.

Nel giugno 1987, avendo ricevuto gran parte dei rapporti di P.G. grazie ai quali era possibile integrare il quadro dei soggetti operanti nell'ambito dell'organizzazione, vennero spedite nuove comunicazioni giudiziarie in aggiunta alle prime inviate nel 1982, si diede, quindi, un maggior impulso agli accertamenti istruttori disponendo una serie di perizie:

  • psichiatriche, sulle parti lese;

  • psico-sociologica, tesa a valutare la natura delle metodiche seguite presso i centri Narconon;

  • tecnica, sul c.d. «E-Meter» (strumento utilizzato per le c.d. sedute di «auditing»);

  • clinico-medico-farmacologica, sulla validità e specificità delle c.d. sedute di Purification (o Purificazione) consistenti nella somministrazione di un considerevole numero di vitamine e nella sottoposizione a saune di lunga durata;

  • di trascrizione delle numerose telefonate intercettate.
Nel corso di questa lunga e complessa attività peritale, comunque, proseguì l'audizione di numerosi testi e denuncianti e vennero, tra l'altro, acquisiti ulteriori rapporti, della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, contenenti le conclusioni della loro attività di spoglio della documentazione sequestrata.

Infine, vennero svolti numerosi accertamenti anche all'estero in considerazione della rilevanza e dell'estensione mondiale del fenomeno, escutendo testimoni in Gran Bretagna, e prendendo contatti con la polizia di Scotland Yard al fine di valutare lo stato delle indagini in quel Paese ove, a Saint Hill Manor (East Greansted - Sussex) si trovava una sede molto importante al livello europeo. Vennero, quindi, assunte informazioni anche presso la polizia danese, tenuto conto del fatto che a Copenaghen si trovava la sede principale per l'Europa, presso le autorità giudiziarie e di polizia della Germania e della Svizzera e, infine dagli stessi Stati Uniti d'America ove il fenomeno aveva preso origine.

All'esito di tutto ciò, il 20 maggio 1988 il Pubblico Ministero richiese la contestazione di varie ipotesi delittuose con mandato di cattura o di comparizione.

Pertanto in data 28 maggio 1988, vennero emessi un mandato di cattura, nei confronti di 36 imputati (cfr. voI. 132), e 45 mandati di comparizione nei confronti di altrettante persone.

L'8 giugno 1988, nel corso di una simultanea operazione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, in tutto il territorio nazionale, vennero eseguiti gli arresti. Indi, il G.I. procedette agli interrogatori di tutti gli imputati.

In sede di interrogatorio, gli imputati sostennero la loro estraneità ai fatti contestati e, comunque, addussero di avere agito in buona fede.

Ultimata l'istruzione formale, il Giudice Istruttore, con ordinanza in data 3 ottobre 1988, ordinò il rinvio a giudizio, dinanzi a questo Tribunale dei seguenti imputati:

(Omissis)


Motivi Della Decisione

Considerazioni generali sulle imputazioni di estorsione, circonvenzione di incapace e truffa

Osserva innanzitutto il Tribunale che per la configurazione del reato di cui all'art. 629 c.p. è necessario che l'autore del reato abbia costretto, con violenza o minaccia, taluno a fare od omettere qualche cosa.

Dall'esame delle imputazioni di estorsione (capi 1-4) risulta che nella prima parte di esse sono state contestate agli imputati una serie di condotte identiche, che, ad avviso di questo Tribunale, palesemente non integrano alcuna violenza o minaccia.

Tuttavia, per alcune di esse è opportuna qualche precisazione.

Per quanto riguarda la contestazione relativa alla condotta consistente «nell'indebolire le resistenze psichiche delle vittime attraverso il ricorso ad estenuanti saune (prolungate per varie ore e ad elevata temperatura)», il Tribunale osserva che nessuna parte lesa ha riferito che le stesse venissero usate per indebolire la sua volontà; peraltro, ciò non è detto neppure nel capo d'imputazione.

Per quanto poi riguarda la contestazione relativa al «minacciare danni di natura fisica e psichica a coloro che, comunque, avessero cercato di interrompere i trattamenti», nessuna parte lesa ha riferito di avere subito tali minacce, anche se taluna di esse ha riferito che talvolta le era stato prospettato un danno di tal genere come conseguenza obiettiva dell'interruzione del trattamento in corso.

Ma tale prospettazione non può integrare gli estremi della minaccia di cui all'art. 629 c.p. dato che il male prospettato non dipendeva dalla persona che lo prospettava.

Per quanto riguarda invece la raccolta di «appunti sulle dichiarazioni dei pazienti nonché le confessioni... in fascicoli personali (c.d. folders) di cui il privato perdeva la disponibilità anche in caso di recesso dall'organizzazione, e che potevano invece essere trasmessi ad un ufficio investigativo dell'organizzazione (c.d. G.O. = Guardian Office) in modo da creare i presupposti per un loro eventuale utilizzo, anche in danno dei soggetti dichiaranti», il Tribunale osserva che dalla stessa imputazione non risulta che ciò sia mai avvenuto, e d'altra parte nessuna parte lesa ha lamentato l'uso di tali appunti in suo danno a fini estorsivi.

Infine, è del tutto evidente che non iniziare o interrompere un trattamento che non fosse stato pagato anticipatamente non può costituire condotta rientrante sotto la previsione dell'art. 629 c.p., essendo lecito non adempiere nei confronti di chi a sua volta non ha adempiuto le proprie obbligazioni (inadimplenti non est adimplendum).

A questo punto è opportuno esaminare se le dette condotte possano costituire artifizi o raggiri non solo per stabilire se i fatti oggetto delle imputazioni in esame (capi 1-4) possano essere qualificati come truffe, ma anche in considerazione del fatto che analoghe condotte sono state contestate ad altri imputati chiamati a rispondere di reati di truffa (capi 21 e 30­39).

Ma è di tutta evidenza che tali condotte non possano essere considerate artifizi o raggiri, dato che non erano dirette ad indurre in errore sulla bontà e utilità degli insegnamenti; delle tecniche e dei trattamenti proposti dagli imputati. Infatti, in primo luogo, oggetto dei trattamenti e dei corsi di scientology è una migliore conoscenza della propria spiritualità ed il raggiungimento di una maggiore libertà spirituale e di conseguente benessere psico­fisico; e, quindi, un qualcosa che non solo non è facilmente valutabile, ma la cui valutazione è estremamente soggettiva. Tanto è vero che diversi testimoni (P.l., S.E., S.A., B.G., L.C., B.L., T.A., C.A., C.P.L., G.P., I.M., ed altri) hanno riferito di avere tratto benefici spirituali dai trattamenti ricevuti, con ciò dimostrando l'astratta idoneità degli stessi al conseguimento degli scopi dichiarati.

A riguardo il Tribunale rileva che la maggior parte dei denuncianti dei vari reati di truffa contestati agli imputati non sono gli adepti di Scientology, ma i loro familiari.

In secondo luogo, i metodi uniformemente contestati nei vari capi d'imputazione di estorsione e truffa non possono essere considerati truffaldini, perché non mirano a far apparire i beni e servizi proposti diversi da quelli poi forniti.

In particolare, la prospettazione ai pazienti del sicuro raggiungimento del benessere fisico e psichico (c.d. stato di «clear») non può essere considerata fatta falsamente per le considerazioni sopra svolte in ordine alla soggettività connaturata al tipo di obiettivi proposti.

Mentre, per quanto riguarda l'E-Meter, c'è da osservare che lo stesso veniva presentato come uno strumento «in grado di misurare la resistenza spirituale», rientrante nell'ambito dei rituali e delle teorie scientologici; rituali e teorie la cui validità culturale, filosofica e religiosa non può essere sindacata da questo Tribunale, in quanto la Costituzione garantisce la libertà di pensiero e di religione, «purché non si tratti di riti contrari al buon costume» (Cost. art. 19).

Ed ancora, le saune, le corse e l'assunzione di vitamine non rappresentavano delle terapie - intese quali mezzi finalizzati alla cura di patologie -, bensì facevano parte dei corsi di «purification», che, unitamente agli studi dei testi di Hubbard ed alle sedute di «auditing», costituivano le attività per mezzo delle quali gli «adepti» avrebbero potuto raggiungere gli obiettivi di Scientology.

Certamente, i sistemi spesso praticati in seno all'organizzazione, quali emergono sia da numerose deposizioni testimoniali, sia da varie intercettazioni telefoniche (creare, un clima «suggestivo», prospettare destini e mali ineluttabili a coloro che si fossero allontanati dall'organizzazione medesima, tentare di isolare gli adepti dai familiari contrari a quest'ultima, ricorrere ad insistenze pressanti e moleste per convincere le persone ad aderire all'associazione ed a versare somme anche rilevanti di denaro, volontà di lucrare il più possibile e ad ogni costo) non possono andare esenti da giudizi del tutto critici e negativi sotto un profilo morale ed etico: tuttavia non sempre quello che è moralmente illecito è anche penalmente rilevante.

Inoltre questo Tribunale osserva che è vero che l'Associazione in esame creava attorno ai nuovi adepti un clima suggestivo e condizionante tale da indebolire la capacità di autodeterminazione degli stessi, ma è anche vero che ciò normalmente si verifica in qualsiasi organizzazione, in conseguenza delle regole (scritte e non) che la disciplinano e dell'uniformità di pensiero che, da un Iato, lega tra di loro gli associati e, dall'altro, crea disagio in chi dissenta o assuma posizione critica.

Anche per quanto riguarda le imputazioni di truffa connesse alla gestione dei Centri Narconon, vi è una serie di condotte, contestata in modo identico a tutti gli imputati.

Ma trattasi di condotte che non possono essere considerate truffaldine.

Innanzitutto, è noto che non vi sono metodi scientificamente accertati come idonei «a conseguire in forma duratura il risultato del completo recupero dei tossicodipendenti», come risulta anche dalla perizia socio-psicologica; e, quindi, non è possibile ritenere illecita l'attività dei Centri Narconon, anche se, in vari casi concreti non fosse risultata idonea ad assicurare tale risultato.

Peraltro, numerosi testimoni hanno dichiarato di essersi completamente liberati dalla tossicodipendenza, seguendo i programmi di recupero presso i Centri Narconon (vedi le deposizioni dei testi G.A., B.S., M.M., Z.G., B.A., che ha riferito dell'esperienza del fratello e del marito, R.S., B.V., R.G., M.U., R.F. e B.S.).

Anche per quanto riguarda l'accusa di mancanza di professionalità degli operatori dei Centri Narconon in relazione al fatto che trattavasi quasi sempre di ex-tossicodipendenti il Tribunale osserva che assai spesso l'ex-tossicodipendente è la persona più adatta ad assistere i giovani tossicodipendenti durante la loro crisi di astinenza ed in genere durante tutta la fase del recupero.

Come pure numerosi testimoni (tra cui quelli sopra indicati, oltre a C.W., M.V. e L.L.) hanno escluso talune circostanze riportate nei capi d'imputazione attinenti ai Centri Narconon e contestate come metodologie illecite adottate nei predetti Centri, quali, ad esempio, il creare rapporti di dipendenza psicologica nel tossicodipendente nei confronti dell'organizzazione (sul punto il Tribunale osserva che anche nell'eventualità che tale rapporto venisse a crearsi, esso non è assolutamente incompatibile con il fine di recupero e di «cura» del soggetto dedito al consumo di droga), il mancato avviso ai familiari in caso di fuga dai Centri della persona tossicodipendente ivi accolta ed in fase di disintossicazione, l'assenza di controlli al fine di prevenire lo spaccio o l'assunzione di sostanze stupefacenti all'interno dei Narconon, l'insufficienza dell'alimentazione e delle condizioni igieniche, la garanzia e la promessa di un sicuro recupero del tossicodipendente fatta dagli operatori per convincere i soggetti interessati ad intraprendere il programma Narconon.

Quanto alle altre metodologie contestate come illecite il Tribunale osserva che:

  1. L'aver presentato le strutture Narconon, Lega e Futura come enti senza fine di lucro, oltre a non essere stato dimostrato, non può costituire elemento costitutivo del reato di truffa, non potendosi in ciò ravvisare alcun artifizio o raggiro che possa influire sulla formazione della volontà dei soggetti interessati a seguire i programmi di recupero o dei loro familiari.

  2. L'aver fornito «dati statistici falsi sui risultati già conseguiti dall'organizzazione» non è risultato provato, dato che nessun teste ha dichiarato che gli operatori dei Centri Narconon avessero prospettato statistiche di alcun genere, ma solamente illustrato la validità dei metodi Narconon e portato esempi di tossicodipendenti, che si erano liberati dalla tossicodipendenza seguendo quei metodi.

  3. L'aver circondato apparentemente i programmi di recupero (comprendenti saune e somministrazione di vitamine) di cautele sanitarie (visite mediche) è circostanza contraddetta dalle testimonianze (vedi deposizioni dei testi ex-tossicodipendenti sopra citati, oltre a B.K., P.G. e C.G.), che hanno confermato l'effettivo svolgimento di tali visite mediche e quindi la realtà delle cautele sanitarie.

Escluso che i metodi ed i programmi abitualmente adottati presso la Chiesa di Scientology ed i Centri Narconon possano essere considerati illeciti, risulta conseguentemente esclusa la responsabilità di presidenti e vicepresidenti delle dette organizzazioni per eventuali disposizioni impartite in tal senso; e ciò a prescindere dalla considerazione che tutti gli imputati hanno concordemente dichiarato che tale attività non rientrava nelle competenze dei presidenti e vicepresidenti, dato che questi avevano solamente funzioni di rappresentanza e che tutti gli operatori osservavano le direttive scritte di Hubbard. Alcuni imputati hanno solo affermato che, in qualità di presidenti o di vicepresidenti, si erano limitati a vigilare che le direttive del «fondatore» fossero correttamente eseguite.

Le condotte sopra indicate ed in particolare l'avere esercitato «reiterate ed assillanti pressioni sulla vittima attraverso continui contatti personali e telefonici» e l'avere prospettato la possibilità del prodursi di danni fisici e psichici nel caso di mancata adesione alla c.d. Chiesa di Scientology e di mancato acquisto del prodotto offerto, allo scopo di indurre «i privati ad aderire all'organizzazione e ad impegnarsi subito economicamente sottoscrivendo l'acquisto di corsi di vario tipo e livello», sono condotte che potrebbero rappresentare mezzi idonei per indurre un incapace a compiere atti aventi effetti giuridici dannosi. Tuttavia, anche di tali condotte non possono essere chiamati a rispondere i presidenti e i vicepresidenti, in quanto tali.

Inoltre, sia per i delitti di circonvenzione di incapace, sia per i delitti di estorsione e truffa non potrà ravvisarsi una responsabilità penale a titolo di concorso dei presidenti e dei vicepresidenti per eventuali condotte penalmente illecite poste in essere da altri facenti parte dell'organizzazione, qualora non vi sia la prova che essi abbiano materialmente partecipato a tali illeciti o in qualche modo abbiano concorso moralmente alla loro commissione (e ricordando, comunque, che la semplice connivenza non rileva e che tutti i reati oggetto di contestazione sono puniti a titolo di dolo).

Né si può condividere la tesi del G.I. che ravvisa una responsabilità dei presidenti o vicepresidenti a titolo di dolo eventuale per avere accettato il rischio che i singoli operatori nell'attuare le direttive di Hubbard potessero spingersi fino a violare la legge penale. Infatti, è evidente che i presidenti ed i vicepresidenti ed in genere i responsabili di un'associazione non possono essere ritenuti responsabili della degenerazione della condotta delle persone che operano per l'associazione stessa, degenerazione che come tale è frutto dell'iniziativa individuale.

Lo stesso deve dirsi per i singoli operatori rispetto alle attività illecite attribuite ad altri.

Pertanto, poiché nei capi d'imputazione i relativi imputati sono chiamati a rispondere tutti in concorso tra di loro delle azioni attribuite a ciascuno di essi, qualora in una singola azione siano ravvisati gli estremi di un reato, saranno ritenute responsabili solamente le persone che le abbiano commesse o che comunque abbiano contribuito a commetterle; mentre le altre persone saranno assolte con la formula «per non avere commesso il fatto».

Per stabilire se nelle singole imputazioni possano ravvisarsi gli estremi dei reati contestati si devono ora esaminare le ulteriori condotte specificamente ascritte ai singoli imputati in ciascun capo d'imputazione.


Capo 1°. - Imputati: Br.Lu., Ba.Fu. e La Va.V.Ir.An. (1)

Il Tribunale ritiene che nei fatti oggetto di tale imputazione non ricorrano gli estremi del delitto di estorsione.

Infatti, al Br. sono state contestate solamente le condotte sopra esaminate, a lui attribuite non quale autore materiale, ma quale responsabile della sede di Brescia della c.d. «Chiesa di Scientology».

Al Ba., oltre a tali condotte, è stato contestato di avere indotto «l'A. a sottoporsi, previo pagamento della somma di L. 1.225.000 (ed ulteriori L. 3/400.000 circa) per l'acquisto di vitamine alle sedute terapeutiche denominate purification».

A riguardo il Tribunale osserva che (a prescindere dalla mancanza di prove sul diretto intervento del B.) in tale condotta non si ravvisa alcuna violenza o minaccia che possa costituire elemento del delitto di estorsione. Alla La Va.V.Ir.An è stato contestato di avere contattato «materialmente l'A. al fine di indurlo ad aderire all'organizzazione», e di avere fatto ricorso «ad espressioni dotati di forte carica emotiva in quanto riferentesi ad esperienze di tipo paranormale (promesse di incontri con la parte lesa in altre vite, asserita onnipotenza del terapeuta)»; di avere reiterato «tali tecniche suggestive, dopo una quindicina di giorni, accompagnate da asserite pratiche terapeutiche (c.d. "touch-assist")» ed indotto «in tal modo l'A. a recarsi con essa presso la sede dell'organizzazione». Ma, in tali condotte non si ravvisa alcuna violenza; né può essere ravvisata minaccia, dato che il male prospettato non dipendeva dal soggetto agente.

Prove di violenza o minacce non emergono neppure dall'esame delle deposizioni di A.O. e della moglie L.G. rese al G.I. il 2 aprile 1987, della denuncia da quest'ultima fatta alla Guardia di Finanza il 15 dicembre 1986 e della deposizione dalla stessa resa davanti a questo Tribunale il 2 ottobre 1989. Poiché la perizia psichiatrica ha concluso che l'A. era «quanto meno affetto da deficienza psichica, che successivamente si è tradotta in una indubbia infermità; tale stato lo rendeva circonvenibile» ed è stata contestata l'aggravante ex art. 61, n. 5, c.p., si deve valutare se si possano qualificare le condotte come sopra ascritte agli imputati come delitto di circonvenzione di incapace.

Innanzi tutto si rileva che tanto la L. quanto l'A. hanno ricollegato l'insorgere dello stato d'ansia di quest'ultimo all'inizio dei contatti con l'organizzazione.

Inoltre gli stessi periti hanno affermato che l'A. all'epoca del suo ingresso in Scientology «non era vistosamente disturbato, tanto che all'organizzazione si avvicinò per migliorarsi spiritualmente e non perché stava cercando una cura».

Non è pertanto possibile addebitare agli imputati odierni un abuso dello stato di deficienza psichica dell'A., in quanto nel momento in cui la La Va.V.Ir.An lo aveva contattato tale stato non era ancora insorto né, comunque, poteva essere riconoscibile.

Alla La Va.V.Ir.An è stato inoltre contestato di aver ulteriormente fatto pressioni sull'A. anche prospettandogli che chi si mette contro l'Organizzazione si ammala, per indurlo a desistere dal suo proposito di lasciate l'associazione (lettera "I" del capo d'imputazione). A riguardo si osserva che tale condotta è stata posta in essere quando il rapporto dell'A. con l'Associazione era già iniziato da qualche tempo e cioè in momento in cui (secondo quanto accertato dai periti) si era accentuato lo stato di deficienza psichica dello stesso, divenendo «rilevabile anche da profani».

Tale condotta integra gli estremi del delitto di circonvenzione d'incapace; ma nel caso in esame non risulta provato che sia stata posta in essere dalla La Va.V.Ir.An, né la parte lesa ha fornito elementi per identificare gli autori.

Per tutto quanto sopra esposto, gli imputati devono essere assolti dal reato di circonvenzione di incapace, così qualificata l'originaria imputazione, per non aver commesso il fatto.


Capo 2°. - Imputati: Ca.Fl., Be.Gi., Mo.An., Te.Dr.Fi., Co.Th., Po.Cl., Pa.Ci., Tu.Lu., Ce.Ri., Sm.Re. (2).

Le condotte variamente ascritte ai detti imputati non possono integrare gli estremi del delitto di estorsione dato che non contengono né minacce né violenze. Certamente le dette condotte sono talvolta da considerate moleste per la loro insistenza o per gli argomenti prospettati alle parti lese per indurle ad acquistate corsi, libri e servizi; e, conseguentemente, deplorevoli, ma non estorsive. Infatti, il prospettate (come ha fatto il Co.) alla madre di C.C. (C. G., parte lesa, assieme alla figlia del reato in esame) che la figlia sarebbe potuta anche morire o l'avere detto che il padre della C. (che aveva minacciato di denunciate l'organizzazione) «avrebbe fatto la fine di tutti quelli che aveva conosciuto lui che si erano posti contro Scientology e, chissà perché, avevano tutti il cancro», sono certamente discorsi di cattivo gusto, ma non contengono alcuna minaccia, anche perché il male prospettato non dipendeva dall'agente.

Pertanto, tutti gli imputati devono essere assolti dall'imputazione di estorsione nei confronti della C., perché il fatto non sussiste.

Invece, sembra far riferimento alla minaccia di un male dipendente dalla volontà del Co., l'elaborazione di una «strategia che prevedesse una sorta di scandalo presso il padre della C. perché questi si inducesse a pagate 45.000.000 per il corso di OT3». Ma trattasi di condotta non ben definita e comunque non realizzata, come si legge nello stesso capo d'imputazione.

Né le lunghe sedute di «auditing» alle quali la Pa., il Po. e la Tu. sottoponevano la C. possono essere considerate violenze o minacce, dato che nulla impediva alla C. di interrompere la seduta, allontanarsi e non riprensentarsi per ulteriori sedute.

E, quindi, anche tale condotta non integra gli estremi del reato in esame.

Altrettanto deve dirsi della condotta della Ce. che, in compagnia di altra persona, si è recata presso l'ospedale dove la C. si era fatta ricoverate, a causa del grave stato di malessere fisico e psichico nel quale versava subito dopo l'abbandono della Chiesa di Scientology, per cercare di far recedere la C. dai suoi propositi di abbandono dell'associazione, sostenendo che lo stesso malessere del quale soffriva, e per il quale la C. si era fatta ricoverate, fosse una giusta conseguenza e «punizione» per il suo abbandono dell'organizzazione.

Infatti, la detta condotta non costituisce né violenza né minaccia; e, tra l'altro, il male di cui la C. era affetta veniva prospettato come conseguenza dell'abbandono dell'associazione di Scientology e non come dipendente dalla volontà dell'imputata.

Infine, nessuna violenza o minaccia si può ravvisate nella condotta dello Sm., che ha prospettato alla C. l'opportunità di seguire un nuovo programma elaborato da «auditor di classe 12 in America».

Le condotte del Co., della Pa., del Po., della Te., della Ce. e dello Sm. (sopra esaminate) sono attribuite anche al Ca., alla Be., alla Mo. ed al Te.Dr., nella loro qualità di responsabili della c.d. «chiesa di Scientology». Ma avendo escluso che dette condotte possano integrate gli estremi del reato di estorsione, tale conclusione giova anche agli imputati citati per ultimi.

Poiché la perizia psichiatrica ha concluso che la «C. all'epoca dei fatti era affetta da infermità tale da renderla circonvenibile» e che «lo stato di infermità poteva essere riconosciuto»; ed è stata contestata l'aggravante ex art. 61, n. 5, c.p., si deve esaminate se i fatti oggetto dell'imputazione di cui si tratta possano essere qualificati come delitto di circonvenzione di incapace.

A riguardo osserva anzitutto il Tribunale che le conclusioni cui è pervenuta la perizia psichiatrica collegiale sono da condividere. Infatti, dall'esame psichico e da quello psicodiagnostico eseguito dai periti è emerso che la C. è persona psichicamente disturbata, in cui «è evidente l'incapacità di autentica comunicazione empatica, quasi fino all'autismo; lo scollamento affettivo dai contenuti narrati; la carenza delle funzioni di critica e di giudizio; il protagonismo narcisistico; la labilità dell'esame della realtà» (vedi relazione di perizia p. 56).

Da ciò risulta evidente non solo l'esistenza dell'infermità psichica della C., ma anche la riconoscibilità di tale stato.

Peraltro, l'infermità psichica della C. non è sfuggita al Co., che, nell'interrogatorio reso al G.I. il 21 giugno 1988, ha dichiarato che mentre parlava con la madre della C. presso l'abitazione della stessa era sopraggiunta quest'ultima, che aveva fatto un giro per la stanza con l'aria stravolta e se ne era andata senza dire nulla. E la madre si era messa a piangere ed aveva espresso la sua preoccupazione per lo stato della figlia, che da tempo non stava bene, dava la testa sui muri ed aveva girato senza esito diversi ospedali. Il Co. aggiungeva che la C., durante i corsi di «purification» e l'auditing urlava; ed ammetteva di averla vista in stato di profonda depressione o di particolare agitazione.

Ciò dimostra che il Co. ha avuto modo di conoscere lo stato psichico della C..

Peraltro, dalla deposizione della C. risulta che gli operatori di Scientology (e tra essi certamente il Co., che si è occupato di venderle i vari corsi, tenendo anche diretti contatti con la madre della ragazza) erano a conoscenza dei problemi psichici di cui ella era afflitta; infatti, nella detta deposizione si legge che ella aveva riferito agli operatori di Scientology le sue condizioni fisiche e psichiche, passate e presenti.

Dalla deposizione resa dalla C. risulta, inoltre, che il Co. abusava, oltre che del suo stato d'infermità psichica, anche dello stato di prostrazione fisica conseguente alla pratica delle saune, approfittando anche di tali momenti per «tempestarla di insistenze affinché comprasse l'accademia o l'E-Meter».

Tuttavia nessuna delle condotte fin qui esaminate ed oggetto del capo d'imputazione di cui si tratta appare posta in essere per indurre la C. (abusando del suo stato d'infermità psichica) a compiere un atto avente per la stessa effetti pregiudizievoli. Infatti, le dette condotte o non sono rivolte alla C. (ma alla madre) o non sono dirette ad indurre la C. a compiere atti di disposizione pregiudizievoli.

Pertanto, gli imputati Ca., Be., Mo., Te.Dr., Po., Pa., Tu., Ce. e Sm. devono essere assolti, perché il fatto non sussiste.

Non altrettanto può dirsi dell'ulteriore condotta del Co., risultante dalla deposizione della C.. Quest'ultima ha riferito che il Co. fin dall'inizio l'aveva pressata per conoscere le disponibilità economiche sue e della sua famiglia, aveva proposto con insistenza l'acquisto di materiali vari, l'aveva accompagnata a Cortina dalla madre allo scopo di farsi consegnare altro. denaro, spiegandole «come e perché» avrebbe dovuto chiedere alla madre la somma, si era recato a Cortina ogni volta che la madre della C. dichiarava di avere un minimo di disponibilità economica, ed in tal modo era riuscito a far pagare alla madre della C. L. 100.000.000, quale corrispettivo di corsi di vario genere.

Nonostante che la C. non avesse tratto alcun beneficio da tali corsi e le sue condizioni di salute fossero notevolmente e manifestamente peggiorate, come era evidente per il fatto che la stessa «dava la testa contro i muri», ritrovandosi poi delle ecchimosi (come la stessa ha dichiarato), il Co. ha fatto alla C. pressanti proposte di acquisto di materiali vari e l'ha indotta a contrarre un prestito di L. 10.000.000 con persona all'uopo reperita dallo stesso Co., per il pagamento di ulteriori corsi e materiali (vedi deposizione della C. resa al G.I. il 4 giugno 1987).

Tale prestito costituisce certamente un atto pregiudizievole per la C.. Né si può ritenere che, essendo il mutuo finalizzato al pagamento di ulteriori corsi, il Co. potesse in buona fede considerare detto mutuo non pregiudizievole per la parte lesa. Infatti, il suo comportamento sopra descritto manifesta la sua consapevolezza dell'inidoneità dei corsi proposti a conseguire gli effetti prospettati.

Si deve conseguentemente ritenere il Co. responsabile del reato di cui all'art. 643 c.p., così modificata l'originaria imputazione di estorsione in danno della C.. Mentre gli altri imputati (Ca., Be., Mo.; Te.Dr., Po., Pa., Tu., Ce. e Sm.) devono essere assolti, per non avere commesso il fatto.

Poiché il Co. è l'unico responsabile del reato in esame, devono essere logicamente escluse le circostanze aggravanti di cui all'art.112, nn. 1e 3, c.p..

Inoltre, essendo la deficienza psichica della parte lesa elemento costitutivo del reato previsto dall'art. 643 c.p., tale stato psichico non può dar luogo alla circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 5, c.p..

Anche la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 7, c.p. deve essere esclusa, perché un danno di L. 10.000.000 non può essere ritenuto «danno patrimoniale di rilevante gravità».

Non può essere ritenuta sussistente neppure la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 8, c.p. in relazione ad un preteso peggioramento delle condizioni di salute fisica e psichica della parte lesa, perché tale peggioramento non ha nulla a che fare con le conseguenze del reato di circonvenzione di incapace e potrebbe eventualmente integrare gli estremi di un autonomo reato di lesioni personali, che non è stato contestato e non può formare oggetto del giudizio di questo Tribunale.

Invece, ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 11, c.p., perché il Co. ha commesso il reato abusando del rapporto di fiducia sorto tra lui e la parte lesa, che frequentava dei corsi presso la sede di Scientology di cui il Co. era un operatore addetto alle vendite.


Capo 3°. - Imputati: Tr.Gr., Tu.Be., Da.Ma., Pa.Is. e No.Ma. (3).

I primi quattro sono chiamati a rispondere delle medesime condotte contestate in tutti i capi d'imputazione; e già si è detto che tali condotte non integrano gli estremi del reato di estorsione, dato che non sono caratterizzate da violenza o minacce.

Né gli stessi possono essere ritenuti responsabili delle condotte poste in essere dai vari operatori non identificati, dato che questi ultimi non espletavano i loro compiti sotto le direttive dei presidenti e vicepresidenti, come tutti gli imputati hanno concordemente dichiarato, e mancando prove in senso contrario.

Al No., in particolare, è stato contestato di aver forzato la volontà della B.B. e di averla costretta a versare in più soluzioni la somma complessiva di 16.000.000 di lire, decantandole l'efficacia dei metodi da essi adottati «che potevano arrivare - a suo dire - là dove non arrivavano la psicologia e la medicina ufficiale». Ma trattasi di condotte che non presentano alcuna caratteristica di violenza o di minaccia; e, quindi, appare improprio parlare di costrizione.

Modalità estorsive possono essere ravvisate nelle altre condotte descritte nel capo d'imputazione ed attribuite ad operatori non identificati (in particolare l'aver chiuso a chiave in una stanza la B. e l'averle impedito di uscire quanto questa aveva tentato di uscire); tuttavia, non vi sono elementi per ritenere che le persone accusate nel capo 3° in concorso con gli ignoti operatori abbiano in qualche modo (materialmente o moralmente) contribuito alla commissione del reato.

Pertanto, tutti gli imputati devono essere assolti per non aver commesso il fatto.


Capo 4°. - Imputati: Da.Ma., Pa.Is., Gr.Te. e Pa.Ma.Fe. (4).

Per quanto riguarda la Gr. ed il Pa., il Tribunale osserva che le condotte loro ascritte non integrano gli estremi del reato di estorsione perché non sono caratterizzate da alcuna violenza o minaccia.

Infatti, per limitarci agli episodi più gravi, non può ravvisarsi alcuna violenza nel fatto riferito dalla C., di essere stata chiusa a chiave durante la discussione per l'adesione al corso di «purification», dato che la stessa non ha dichiarato di avere invano chiesto di uscire dal locale in cui la discussione avveniva e che nel corso del dibattimento davanti a questo Tribunale non ha saputo dire se la porta era stata chiusa a chiave per impedirle di uscire o per evitare che altri potessero entrare.

Vero è che la Gr. ed il Pa. hanno anche fatto presente alla C. che altre persone che si erano rifiutate di fare il corso di «purification» erano decedute (e in tale affermazione può essere ravvisata una minaccia); ma è anche vero che la C. non sembra essere rimasta molto impressionata da tale prospettazione, bensì oppressa dalle insistenze di cui era stata destinataria.

Infatti, nella deposizione resa al G.I. il 24 novembre 1986, la C. ha dichiarato: «Le loro parole ed i loro modi erano sempre apparentemente gentili nel senso che non avevano forme minacciose, ma, nella sostanza io mi sentivo minacciata ed oppressa tanto che praticamente avevo finito per perdere il controllo della mia volontà».

Astrattamente non si può escludere che anche le insistenze eccessive possano costituire un male per liberarsi dal quale una persona possa sentirsi costretta ad aderire alle insistenti richieste; ma nel caso in esame ciò deve essere escluso, anche perché le insistenze lamentate dalla C. si sono svolte presso la sede di Scientology, dove la parte lesa si era recata spontaneamente ed in giorni diversi; con ciò mostrando di non essere totalmente e definitivamente contraria alle pressanti proposte degli imputati.

Oltre che per tale motivo, il delitto di estorsione deve essere escluso, perché il male prospettato non dipendeva dalla volontà degli imputati e non veniva presentato come certo e sicuro, ma come possibile ed eventuale.

Tuttavia, nel fatto di cui si tratta possono ravvisarsi gli estremi del delitto tentato di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640, comma 2°, n. 2, c.p.. Infatti, la condotta degli imputati Gr. e Pa. era idonea a ingenerare nella C. il timore di un pericolo immaginario della probabilità di morte per il caso che non avesse frequentato il corso di «purification», anche perché la probabilità di tale evento letale era spiegata con il maggior benessere fisico procurato dal detto corso.

Né si può ritenere che gli imputati fossero in buona fede nel prospettare il pericolo immaginario di cui sopra, infatti, è evidente che, essendo gli imputati a conoscenza, della natura dei trattamenti praticati nel corso di «purification», non potevano seriamente pensare che la maggiore probabilità di morte per chi non avesse frequentato quel corso fosse reale.

Pertanto, l'imputazione in esame deve essere derubricata nel delitto tentato di truffa aggravata (art. 640; comma 2°, n. 2, c.p.). Tale reato rientra tra quelli per i quali è stata concessa amnistia con D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75. Ai sensi dell'art. 151 c.p., l'amnistia estingue il reato; e, quindi, deve essere dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati Pa. e Gr., perché il reato si è estinto per intervenuta amnistia.

Per Da. e Pa., imputati nella loro qualità di presidente o vicepresidente si richiama quanto sopra detto a proposito di altri capi d'imputazione.

E quindi gli stessi devono essere assolti per non aver commesso il fatto.


Capo 6°. - Imputati: Se.Ga. e Mo.Br. (6).

Osserva anzitutto il Tribunale che nei fatti contestati agli imputati si ravvisano gli estremi dei delitti di circonvenzione di incapace e di violenza privata. Infatti dall'esposto presentato da M.S. all'Ambasciata Italiana a Copenaghen e dalla deposizione dallo stesso resa al G.I. il 13 aprile 1988 risulta che egli (ancora minorenne, essendo nato il (omissis)) era stato indotto ad abbandonare il suo lavoro di cameriere in Italia con la promessa, poi non mantenuta, di svolgere all'interno dell'organizzazione, oltre ai corsi di Scientology, anche un lavoro culturalmente più elevato con rimunerazione comprensiva di vitto e alloggio.

Inoltre, dalle stesse fonti di prova risulta che il M., con la minaccia che altrimenti non gli sarebbe stato corrisposto il compenso per il lavoro già svolto e non gli sarebbe stato consentito di uscire dalla stanza in cui si trovava, era stato costretto, contro la sua reale convinzione, a firmare un documento in lingua inglese attestante la sua soddisfazione per l'attività svolta nell'organizzazione. In tali condotte non si ravvisa il contestato reato di estorsione, anche per la mancanza di un contenuto patrimoniale del documento che il M. è stato costretto a sottoscrivere; ma si ravvisano gli estremi del reato di violenza privata.

Di tali reati il Se. ed il Mo. (in concorso con ignoti operatori) sono imputati nella loro qualità di presidente o vicepresidente; e, quindi, si richiama quanto detto nel paragrafo dedicato alle "Considerazioni Generali", con la conseguenza che gli stessi devono essere assolti per non aver commesso il fatto.


Capo 7°. - Imputati: Se.Ga. e Mo.Br. (7).

Gli imputati sono chiamati a rispondere del delitto di circonvenzione di incapace in danno di S.A., minore degli anni 18.

Il Tribunale ritiene che tale reato non sussista, dato che la S. è nata il (omissis) ed ha avuto i primi contatti con «Dianetica» nella primavera del 1982, come risulta dalla deposizione resa al G.I. 16 dicembre 1986 dalla parte lesa S.A. e dalla lettera-esposto datata 16 dicembre 1984 del padre, S.C..

Pertanto si deve escludere che al momento del fatto la parte lesa fosse minorenne. Vero è che nella deposizione resa al G.I. il 25 novembre 1987, S.C. ha dichiarato che la figlia aveva iniziato a frequentare «Dianetica» nella primavera (aprile del 1981); ma, a prescindere da fatto che ciò non risultava provato con certezza, stante il contrasto delle dichiarazioni al riguardo, il Tribunale osserva che in ogni caso la parte lesa avrebbe avuto i primi contatti con Dianetica qualche mese prima del conseguimento della maggiore età, quando ormai la parte lesa era da ritenere (salvo prova contraria, che nel caso in esame manca) sufficientemente matura; ed è quindi da escludere che gli imputati possano aver abusato della immaturità propria del minore.

Pertanto, gli imputati devono essere assolti perché il fatto non sussiste.


Capo 8°. - Imputati: Se.Ga., Ca.Gi., Mo.Br., Ce.Sa. e Po.Pi. (8).

Gli imputati sono chiamati a rispondere, nella loro qualità di presidenti o vicepresidenti dell'Hubbard Dianetics Institute di Milano, di una serie di condotte contestate anche nei capi d'imputazioni che precedono e, in concorso con ignoti operatori, e sempre nella loro predetta qualità, di una serie di condotte specificamente materialmente attribuite ai detti ignoti.

Per quanto riguarda le prime condotte si è già detto che non integrano gli estremi del reato di circonvenzione di incapace.

Per quanto, invece, riguarda le condotte specificamente attribuite ad ignoti operatori, il Tribunale osserva che tali condotte integrano gli estremi del reato in esame; ma appare superfluo approfondire tale aspetto, perché gli imputati non possono essere ritenuti responsabili delle condotte poste in essere dai vari operatori non identificati, dato che questi ultimi non espletavano i loro compiti sotto le direttive dei presidenti e vicepresidenti, come tutti gli imputati hanno concordemente dichiarato, e mancando prove in senso contrario.

Pertanto, gli imputati devono essere assolti per non avere commesso il fatto.


Capo 9°. - Imputato: Ro.Gi. (9).

L'imputato è chiamato a rispondere (in concorso con Ve.Lu. non punibile in quanto fratello della parte lesa) del reato di circonvenzione di incapace in danno di V.M..

La perizia psichiatrica collegiale ha accertato che «all'epoca dei fatti V.M. era sofferente d'infermità mentale tale da renderlo circonvenibile. ... L'infermità era riconoscibile da chiunque….Il V. versava in stato di minorata difesa».

Peraltro, in concreto è dimostrato che il Ro. era a conoscenza dell'infermità psichiatrica di V.M.. Infatti, lo stesso imputato, nell'interrogatorio reso a G.I. il 29 giugno 1988, ha dichiarato di essere stato a conoscenza che il V. era ricoverato in un reparto psichiatrico.

L'imputato ha sostenuto Ve.Lu. nel suo intento di ottenere dal fratello M., infermo di mente, un libretto di deposito bancario, per prelevare la somma di L. 3.500.000 allo scopo di effettuare un pagamento a favore della Chiesa di Scientology, accompagnandolo presso l'ospedale psichiatrico dove era ricoverato V.M.: intervenendo direttamente presso quest'ultimo per convincerlo ad acconsentire alla richiesta del fratello (vedi deposizioni di R.A. del 22 marzo 1983 ai CC. di Cremona; del 25 agosto 1987 al G.I. e del 21 novembre 1989 in dibattimento). Peraltro, lo stesso imputato ammette di essere intervenuto esplicitamente per convincere V.M. a soddisfare la richiesta del fratello.

Dalle dichiarazioni rese da V.M. alla P.S. risulta che lo stesso non ha prestato il suo consenso; e, quindi, il Ro. deve essere ritenuto responsabile del tentativo di circonvenzione di incapace. A nulla rilevando che poi Ve.Lu. si sia ugualmente procurato il libretto bancario ed abbia prelevato la somma.

Quanto all'ulteriore milione di lire menzionato nel capo d'imputazione, il Tribunale osserva che detta somma è stata procurata da Ve.Lu. senza l'intervento del Ro..

Tale reato rientra tra quelli per i quali è stata concessa amnistia con D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75. Ai sensi dell'art. 151 c.p.:, l'amnistia estingue il reato; e, quindi, deve essere dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato, perché il reato si è estinto per intervenuta amnistia.


Capo 10°. - Imputati: Ce.Sa., Ve.Li., Ca.Fl., Ro.Gi., Ci.Co., Tr.Gr., Av.Ma., Ba.Mo., Tu.Be., No.Ma., Ro.Da. (10).

Per i primi nove imputati chiamati a rispondere del reato continuato in esame nella loro qualità di presidenti o vicepresidenti, si richiama quanto detto nelle «Considerazioni generali».

Per quanto riguarda le condotte specificatamente attribuite al No., al Ro. o ad altri operatori non identificati, osserva anzitutto il Tribunale che la perizia psichiatrica collegiale ha accertato che la parte lesa G.M. «all'epoca dei fatti era sofferente di depressione maggiore, che comportava una compromissione della capacità di intendere e di volere: per tale infermità egli era circonvenibile. ... Il suo stato morboso era riconoscibile dalle persone che lo avevano in trattamento». Tuttavia, dalla perizia stessa emerge che tale incapacità da un Iato non era totale (vedi p. 93), dall'altro Iato si era manifestata con progressivo aggravamento nel tempo dal 1980 in poi (vedi p. 189-190). Da ciò consegue che lo stato di infermità del G. non è certo che fosse facilmente riconoscibile all'epoca in cui egli aveva iniziato i suoi rapporti con l'associazione Dianetics Institute di Milano (maggio 1982). A ciò si deve aggiungere che i due operatori identificati, che a quell'epoca ebbero i primi rapporti con il G., ebbero scarse possibilità di rendersi conto dello stato psichico dello stesso: il Ro., perché, pur essendo in quel periodo addetto alle vendite, si era allontanato dall'associazione subito dopo (vedi interr. reso al G.I. il 16 giugno 1989); il No., perché; essendo addetto alla consulenza finanziaria, aveva avuto limitati contatti con la parte lesa. Inoltre, il G. parlando del suo stato psichico ha riferito al G.I. che all'epoca dei suoi rapporti con il Ro. ed il No. era semplicemente «di umore depresso ed abbastanza insicuro» e non ha riferito di manifestazioni di maggiori infermità psichiche.

Ne consegue che non vi è la prova piena che il Ro. ed il No. abbiano percepito lo stato di deficienza psichica del G..

Pertanto, anche se nella condotta loro specificatamente attribuita possono oggettivamente ravvisarsi gli estremi del delitto di circonvenzione di incapace, tuttavia non è provata con certezza la sussistenza dell'elemento soggettivo di tale delitto.

Per quanto riguarda, infine, l'imputazione di estorsione ascritta al Ro. ed al No. in concorso con altri operatori non identificati, il Tribunale osserva che nei fatti contestati non si ravvisa alcuna violenza o minaccia ai danni della parte lesa; e quindi tali fatti non possono essere qualificati come estorsione. Possono tuttavia essere qualificati come circonvenzione di incapace, posto che l'infermità psichica del G. si era nel frattempo aggravata divenendo più facilmente riconoscibile dagli operatori non identificati che hanno continuato ad occuparsi del G. fino al 1985. Tuttavia non vi è la prova di un contributo causale del No. e del Ro., ma anzi per quanto riguarda in particolare quest'ultimo, esiste la prova che egli si era allontanato dall'associazione in epoca anteriore alla commissione delle condotte stesse.

Per quanto sopra esposto gli imputati Ce.Sa., Ve.Li., Ca.Fl., Ro.Gi., Ci.Co., Tr.Gr., Av.Ma., Ba.Mo. e Tu.Be. devono essere assolti per non avere commesso il fatto; e No.Ma. e Ro.Da., perché il fatto non costituisce reato.


Capo 11°. - Imputati: Ce.Sa., Ve.Li., Ca.Fl., Ro.Gi., Ci.Co., Tr.Gr., Av.Ma., Ba.Mo., Tu.Be., Da.Ma., Pa.Is., Lu.Iv., No.Ma. e Ri.Ni. (11).

Per i primi undici imputati chiamati a rispondere del reato continuato in esame nella loro qualità di presidenti o vicepresidenti, si richiama quanto detto nelle Considerazioni generali.

Per quanto riguarda gli operatori Lu.Iv, No.Ma. e Ri.Ni., il Tribunale osserva che non sussiste il delitto di circonvenzione di incapace loro ascritto. Infatti, non solo non è stata accertata l'infermità psichica della parte lesa, C.G., che non si è presentato ai periti psichiatrici, ma altresì manca un qualunque atto di disposizione posto in essere dal presunto incapace. In particolare la somma di L. 5.448.000, che secondo l'imputazione C.G. avrebbe versato all'organizzazione «Dianetics Institute», in realtà era stata data allo stesso dai suoi genitori, affinché la versasse alla detta organizzazione.

Il Tribunale ritiene che non sussiste neppure il delitto di estorsione, pure, contestato agli imputati, perché nella condotta loro ascritta non si ravvisa né violenza né minaccia. In particolare non costituisce minaccia l'avere prospettato ai genitori del C. l'eventualità che il figlio diventasse uno «zombi» qualora si fosse allontanato da Scientology. Tale prospettazione non può essere considerata una minaccia, dato che il male prospettato non dipendeva dall'agente, ma era obiettivamente ricollegato alla condotta della parte lesa.

Infine, il Tribunale ritiene che non possa ravvisarsi una minaccia nella condotta specificatamente attribuita al Tr. di avere prospettato ai genitori del C. che se quest'ultimo si fosse allontanato dall'organizzazione, gli psicologi gli avrebbero praticato l'elettro­shock. Una tale prospettiva era abbastanza realistica e, comunque, non dipendeva dalla volontà del Tr..

Del resto la stessa madre del C., V.M., deponendo davanti a questo Tribunale all'udienza del 10 ottobre 1989, ha escluso di avere subito violenze o minacce.

La mancanza di qualsiasi minaccia porta ad escludere anche la configurazione del delitto di violenza privata prospettata dal Pubblico Ministero.

Pertanto, gli imputati devono essere assolti, perché il fatto non sussiste.


Capo 12°. - Imputato: So.Co. (12).

L'imputato è chiamato a rispondere, in concorso con vari operatori non identificati dell'organizzazione di Dianetica, del delitto di circonvenzione di incapace in danno dei coniugi R.F. e S.G..

Le parti lese non sono state sottoposte a perizia psichiatrica. Dalle deposizioni delle parti lese non risulta alcuna deficienza psichica, necessaria per la configurazione del reato contestato all'imputato.

Solamente la S. parlato di una certa depressione psichica, che certamente è cosa diversa della deficienza psichica. E, comunque, dalle deposizioni di entrambi risulta che la S. ha iniziato a frequentare il Dianetics Institute quando già il marito (R.F.) frequentava da qualche tempo; e che era stato lo stesso marito ad avviarla alla frequenza di detta organizzazione.

Mancando totalmente la prova delle deficienza psichica del R. e della S., l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.


Capo 13°. - Imputati: Ci.Co. e Tr.Gr. (13).

Gli imputati sono chiamati a rispondere nella loro rispettiva qualità di presidente e vicepresidente della Chiesa di Scientology ed in concorso con operatori non identificati, nel delitto di circonvenzione di incapace in danno di B.M..

Dalla perizia psichiatrica collegiale risulta che «B.M. era affetto all'epoca dei fatti da infermità di mente, tale da renderlo circonvenibile. ... L'infermità di mente era riconoscibile dalle persone incaricate dei trattamenti».

Lo stesso B. ha dichiarato che era in cura da un neurologo dal 1982.

È certo che il B. ha personalmente versato la somma di L. 1.000.000 all'organizzazione, quale corrispettivo del corso di «purification» (vedi dep. rese al G.I. dallo stesso B. il 12 ottobre 1987 e da B.G. il 29 maggio 1986). Tale versamento costituisce certamente un atto di disposizione patrimoniale, con effetti per lui dannosi. Dalle citate deposizioni risulta inoltre che il B. è stato indotto a versare tale somma da ignoti operatori dell'organizzazione, con la promessa insistente di una completa soluzione dei suoi problemi, mediante la frequentazione del corso di «purification».

In tal modo detti ignoti operatori hanno abusato dell'infermità psichica del B., inducendolo a frequentare un corso ed a pagare il relativo prezzo, nonostante fosse originariamente contrario.

Ritiene, quindi, il Tribunale che nel caso in esame sussista il delitto di circonvenzione di incapace commesso dagli operatori non identificati di Scientology.

Per quanto riguarda i due imputati identificati (Ci. e Tr.) non vi è alcuna prova che abbiano materialmente o moralmente contribuito alla commissione del delitto. D'altra parte, per le argomentazioni svolte nel paragrafo dedicato alle «Considerazioni generali», la loro qualità di presidenti o vicepresidenti non è sufficiente a farli ritenere responsabili dei reati eventualmente commessi dai vari operatori dell'organizzazione.

Pertanto, gli imputati devono essere assolti per non avere commesso il fatto.


Capo 14°. - Imputati: Tr.Gr., Av.Ma., Ba.Mo., Tu.Be. e No.Ma. (14).

I primi quattro imputati sono chiamati a rispondere, nella loro rispettiva qualità di presidente o vicepresidente della Chiesa di Scientology, del delitto di circonvenzione di incapace in danno di G.G., in concorsi con No.Ma. ed altri operatori non identificati. Inoltre, il Tr., oltre che nella sua qualità di presidente, è chiamato a rispondere del reato in esame anche per avere svolto materialmente attività di persuasione nei confronti della G..

Dalla perizia psichiatrica collegiale risulta che «G.G. all'epoca dei fatti era affetta da infermità tale da renderla circonvenibile... L'infermità era riconoscibile dalle persone incaricate dei trattamenti... La G. versava in situazione di minorata difesa».

In concreto è dimostrato che gli operatori che hanno avuto rapporti con la G. avessero conoscenza dell'infermità psichica della parte lesa, perché quest'ultima ha dichiarato di avere prospettato agli operatori di Scientology i suoi problemi psicologici e le terapie alle quali era stata sottoposta (mostrando anche le cartelle cliniche dei suoi ricoveri, come la G. ha dichiarato ai periti); e di aver avuto assicurazione che i suoi problemi psichici avrebbero potuto essere risolti con delle sedute di «auditing».

La G. ha soggiunto che non le era stato invece assicurato il buon esito del corso di «purification», dato che era stata sottoposta a terapie con psicofarmaci. Ciò dimostra che gli operatori erano stati bene informati sullo stato psichico della G.. La parte lesa ha descritto, nella sua denuncia e nelle successive deposizioni davanti al G.I. ed a questo Tribunale, le insistenti ed assillanti richieste di iscriversi ai corsi di «auditing» e «purification» protrattesi dal novembre 1983 al luglio 1984 ad opera di Ma.No. e tale (omissis); e non c'è dubbio che quest'ultimo si identifichi in Tr.Gr., dato che il No. ha ammesso di avere trattato assieme al Tr. con la G..

La G. ha, inoltre, dichiarato che si era determinata a contrarre un mutuo garantito da ipoteca iscritta sulla casa; che aveva in comproprietà con il fratello, soltanto in seguito alle sopra esposte insistenze. Tale mutuo ipotecario certamente costituisce atto di disposizione patrimoniale avente effetti giuridici dannosi perla parte lesa. Né il fatto che il mutuo fosse finalizzato al pagamento di «auditing» può far ritenere che gli imputati non fossero consapevoli degli effetti dannosi dell'atto (mutuo ipotecario) posto in essere dalla G., sia per gravosità degli obblighi patrimoniali assunti dalla parte lesa sia per l'aleatorietà del conseguimento della guarigione promessa invece come assolutamente certa.

Pertanto, il Tr. ed il No. devono essere ritenuti responsabili del reato in esame; mentre, per le argomentazioni svolte nel paragrafo dedicato alle «considerazioni generali», tutti gli altri imputati, chiamati a rispondere del reato solamente nella loro qualità di presidenti o vicepresidenti della Chiesa di Scientology, devono essere assolti per non avere commesso il fatto, dato che la predetta qualità non è sufficiente a farli ritenere responsabili dei reati commessi dai vari operatori dell'organizzazione.

Poiché solamente due imputati sono riconosciuti responsabili del reato in esame, deve essere esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 112, n. 1, c.p. (numero delle persone non inferiore a cinque).

Deve, inoltre, essere esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 112, n. 2, c.p. contestata soltanto agli imputati Tr., Av., Ba. e Tu., perché gli ultimi tre vengono assolti ed il Tr. viene condannato solamente per avere determinato altri (e cioè il No.) a commetterlo, non essendovi alcuna prova al riguardo.

Ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 7, c.p., poiché il Tr. ed il No. hanno determinato la parte lesa a contrarre un mutuo ipotecario di L. 35.000.000, che comportava una esposizione debitoria complessiva (per interessi e spese) di L. 75.000.000; e, quindi, hanno cagionato alla parte lesa un danno patrimoniale di rilevante gravità.

Non può, invece, essere ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all'atto 61, n. 8, c.p. in relazione ad un preteso peggioramento (peraltro transitorio) delle condizioni di salute fisica e psichica della parte lesa, perché tale peggioramento non ha nulla a che fare con le conseguenze del reato di circonvenzione di incapace e potrebbe eventualmente integrare gli estremi di un autonomo reato di lesioni personali; che non è stato contestato e non può formare oggetto del giudizio di questo Tribunale.

Non ricorre neppure la circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 11, c.p., perché gli imputati non avevano commesso il fatto con abuso di relazione di prestazione d'opera, dato che al momento del fatto non sussisteva un tale rapporto tra gli imputati e la parte lesa.


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Note:

1. Si veda il capo di imputazione integrale.
2. Si veda il capo di imputazione integrale.
3. Si veda il capo di imputazione integrale.
4. Si veda il capo di imputazione integrale.
6. Si veda il capo di imputazione integrale.
7. Si veda il capo di imputazione integrale.
8. Si veda il capo di imputazione integrale.
9. Si veda il capo di imputazione integrale.
10. Si veda il capo di imputazione integrale.
11. Si veda il capo di imputazione integrale.
12. Si veda il capo di imputazione integrale.
13. Si veda il capo di imputazione integrale.
14. Si veda il capo di imputazione integrale.

 
 
 
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