Capitolo Quinto: Lo snapping come qualcosa di nuovo Snapping: America's Epidemic of Sudden Personality Change © di Flo Conway & Jim Siegelman, Seconda Edizione, 1995. Stillpoint Press, ISBN 0-9647650-0-4. Traduzione a cura di Allarme Scientology, 2007. 5. Lo snapping come qualcosa di nuovoLa conversazione avuta con Marjoe ci diede una visione preziosa sui modi in cui rudimentali capacità retoriche possono essere usate per manipolare le emozioni di singoli individui e del pubblico. Ma non spiegava quanto accaduto a Jean Turner in est o a Lawrence e Cathy Gordon nella Chiesa dell'Unificazione. Per comprendere quelle esperienze dobbiamo osservare più attentamente l'America di quel decennio molto celebrato e calunniato che furono gli anni Sessanta. Fu un'epoca iniziata con una fiammata di nuove e potenti tecniche terapeutiche e pratiche spirituali, e finita in una disordinata tecnologia di esperienza capace di alterare la mente. La tecnologia dell'esperienza. Gli ingranaggi di questa nuova tecnologia iniziarono a girare negli anni '50, quando l'America stava ancora vivendo la sua corsa travolgente di benessere postbellico e consumi sfrenati. Alla fine del decennio quel picco di sfarzo materiale aveva già cominciato a sgonfiarsi. In tutto il paese la gente si svegliava dal Sogno americano ritrovandosi immersa nel sudore freddo della "disperazione esistenziale", mentre i trionfi degli affari e della scienza applicata che avevano inondato l'America di cose materiali venivano scavalcati dalla fame di una esperienza nuova e significativa. I primi passi in quella direzione furono intrapresi da poeti e scrittori della Beat Generation, i quali partirono alla scoperta delle ricche lodi spirituali dell'Oriente. Le pratiche del Buddismo Zen vennero incensate per la prima volta nella poesia e nella letteratura di Allen Ginsberg e Jack Kerouac. I benefici della meditazione furono spiegati negli scritti popolari di Alan Watts: il suo libro The Way to Zen aprì l'Oriente a un flusso di traffico che da allora è cresciuto sempre più. Forse la figura più influente di tutte fu l'autore britannico Aldous Huxley, il cui breve e brillante saggio The Doors of Perception, uscito nel 1954, collegava le tendenze emergenti nel pensiero orientale alle droghe psichedeliche, e aprì esplosivamente una porta nella nostra nozione occidentale di realtà (il titolo, tratto da una poesia del visionario del diciottesimo secolo William Blake, in seguito ispirò il nome del gruppo rock anni Sessanta The Doors). Quelle scintille scatenarono l'esplosione della coscienza, una rivoluzione culturale che fece uscire da Harvard Timothy Leary, Richard Alpert (noto anche come Baba Ram Dass) e l'LSD, e condusse un'intera generazione a "svoltare" verso nuovi modelli di pensiero e di esperienza. Non ci volle molto prima che nel clima californiano fertile di godimento e di aperta sperimentazione quei nuovi rituali e pratiche terapeutiche fiorissero in un movimento in piena regola dedito all'esplorazione dei potenziali intrappolati nell'umanità. Abraham Maslow, figura chiave del nuovo movimento e della disciplina ad esso collegata, la psicologia umanistica, stabilì il limite superiore di quel potenziale quando delimitò il reame dell'esperienza sublime. Egli la identificò come un'esperienza "intimamente religiosa" o "trascendente", il nucleo di ogni religione avanzata o rivelata - il momento mistico, rivelatore, estatico universalmente ammantato di significato sovrannaturale. L'intenzione di Maslow, però, era osservare quel picco con obiettività. Proponeva che quella nuova categoria di esperienza fosse esaminata sui propri meriti, svincolati dalla religione. Citava la promessa delle droghe psichedeliche come solo un modo con cui tutti gli esseri umani potessero indagare personalmente momenti di esperienza massima. L'avallo di Maslow all'esperienza massima diede il "la" agli anni Sessanta. Esso divenne la pentola piena d'oro alla fine della ricerca, la svolta, il passo in avanti tanto atteso dalla vaga disperazione degli anni Cinquanta. Nell'atmosfera ricettiva del Esalen Institute di Ben Sur, California, culla del neonato movimento, venivano sperimentate tecniche innovative per creare esperienze sensoriali ed intellettuali molto intense. Laggiù la conoscenza oggettiva di come la mente e la personalità possono essere influenzate dall'esperienza intensa avanzò di decenni in pochi anni. Frattanto i viaggiatori spirituali e psichici di Esalen trascorrevano lunghi momenti in regni di coscienza fino a quel momento solo sognati o citati cripticamente, o dissimulati nella metafora. Nel giro di brevissimo tempo le pratiche orientali e psichedeliche divennero di gran moda sia tra gli scienziati che tra gli sperimentatori casuali. Il movimento, alle prime armi, incentivò un'effusione di nuove tecniche terapeutiche portandole da ambiti che fino a quel momento erano stati puramente privati e professionali in arene pubbliche. Il gruppo di scontro, o T-Group come veniva originariamente chiamato, uno dei primi ad apparire, nacque al National Training Laboratory di Bethel, Maine. Ben presto un'infinità di tecniche terapeutiche radicali - alcune vecchie alcune nuove - uscirono dagli armadi. Tra di esse vi furono lo psicodramma, una terapia di gioco di ruolo sviluppata negli anni Venti da un medico viennese; la psicosintesi, una combinazione di tecniche terapeutiche individuali o di gruppo sviluppate da uno psicanalista italiano; l'immaginazione guidata, una tecnica di sogno ad occhi aperti sistematico messa a punto negli Anni Quaranta da uno psicoterapeuta francese; la bioenergetica, una terapia corporale degli Anni Cinquanta sviluppata dallo psichiatra americano Alexander Lowen, ex studente del dissidente psicologo della Gestalt europea Wilhelm Reich; e il rolfing, una forma di manipolazione muscolare profonda di cui fu pioniera in California la Dott.ssa Ida Rolf, una biologa trasformatasi in terapista. Sembrò che, improvvisamente, l'intangibilità dell'esperienza umana stessa fosse stata catturata e ingabbiata. Ora poteva essere riprodotta in modo affidabile e messa all'opera con tecniche sistematiche e potenti dinamiche di comunicazione, sia individuali che di gruppo. Questa nuova tecnologia dell'esperienza operava tramite sottili significati verbali e non verbali. Nel suo tentativo di rievocare le esperienze desiderate, manipolando la coscienza umana a livelli di base sia fisici che psicologici, molti dei suoi nuovi metodi evitavano e scavalcavano i processi vitali del ragionamento e della decisionalità cosciente. Per sua natura la nuova tecnologia operava non sul modo di pensare critico, ma sui serbatoi più profondi delle emozioni. A volte le sensazioni erano negatività che giocavano sulla confusione della gente, sulla sua ansia e sulla sua paura di essere rifiutata. Più spesso, però, la tecnologia dell'esperienza agiva con mezzi positivi attraverso parole, gesti, immagini, idee, dinamiche intime di gruppo ed altre interazioni che facevano stare bene su qualcosa. Durante il processo, tuttavia, molta di quella conoscenza faticosamente acquisita e di know-how tecnico si trasformava in precari nuovi metodi di manipolazione e controllo del mondo personale più intimo, spingendo molti a tenere comportamenti prima impensabili e, in altre circostanze, a smettere di porsi domande. Ogni nuova tecnica era assolutamente in grado di produrre uno "sballo" emotivo, un'esperienza di massimo livello o altre drammatiche svolte personali. Per tutti gli anni Sessanta furono le improvvisazioni, oltre alle droghe e alle pratiche orientali quali Zen, Yoga e molte forme di meditazione, a provocare quelle profonde avventure nella coscienza; tuttavia in quell'epoca di sperimentazione selvaggia queste potenti tecniche venivano spesso applicate senza linee guida anche minime, senza standard professionali o avvertenze per il consumatore. La conseguenza fu che tra uno sballo e l'altro, tra estasi esplosive e potenti, molte persone oltrepassarono i confini della coscienza quotidiana per ritrovarsi in stati di coscienza imprevisti, turbolenti. Quello che per qualcuno era uno scatto di violenza ed ira incontrollata per qualcun altro era la "liberazione dai blocchi", e per un altro ancora era una "visione cosmica". Ma all'epoca nessuno, nemmeno gli stessi inventori di quelle tecniche, potevano dire con certezza chi stava facendo cosa a chi, con che cosa e come. Le sole interpretazioni indiscutibili erano quelle religiose, poiché il nuovo campo della psicologia umanistica, ancora nel processo di definire se stessa, era incapace di fornire spiegazioni alternative sufficienti; e alla fine degli anni Sessanta il movimento iniziò una lenta discesa verso le interpretazioni teologiche. La nozione di trascendenza si impigliò nelle sue radici fondamentalmente orientali e Indù, e teoria e pratica dell'incontro si trovarono a condividere confini sempre più vicini con i loro precursori revivalisti. Alla fine del decennio il movimento del potenziale umano era già diventato un poutpourri di terapia e religione, scienza e misticismo, di avanguardia e occulto. Nella nebbia che lo avvolgeva, l'età d'oro di Esalen e del movimento del potenziale umano cominciò ad arrugginirsi. Le droghe uscirono di scena, le tecniche si fecero trasversali e la visione dell'umanità che emerge per incontrare il proprio destino sempre più miope. All'inizio degli anni Settanta, con il disseccarsi di molti temi della controcultura, il viaggio verso l'autocoscienza perse la rotta. Il sogno dell'Acquario iniziò a slittare durante l'agonia finale della guerra del Vietnam e toccò il fondo con l'incubo del Watergate. In quell'epoca di subbuglio sociale e politico, l'energia e l'eccitazione degli anni Sessanta si erano ormai consumate e la vivace cultura di quel decennio cadde in uno stato di inutilità e torpore. Serviva giusto un ulteriore colpo di martello per piantare nella bara l'ultimo chiodo. Quel colpo arrivò giù pesante nel perfetto elemento americano del marketing di massa; via via che i metodi della grande industria furono introdotti nel movimento, essi presero piede e cambiarono definitivamente il suo carattere. A condurre il gioco erano le terapie soggette a marketing di massa che raggruppavano spizzichi e bocconi di psicanalisi, psicodramma e altre vecchie tecniche per mescolarle con le nuove tecniche di gruppo di incontro, immaginazione guidata e pratiche meditative orientali. I primi agglomerati di tecniche furono accuratamente confezionati e distribuiti in tutto il paese con nomi quali Mind Dynamics, Arica e Silva Mind Control. La Meditazione Trascendentale era già stata promossa come lettura veloce. Scientology e Dianetics commercializzavano in massa la loro terapia pop fin dagli anni Cinquanta. Contemporaneamente i culti religiosi americani cominciarono a darsi da fare diffondendosi quietamente in tutto il paese con massicci reclutamenti di base e spinte al proselitismo. Culti come gli Hare Krishna, la Missione della Luce Divina e la Chiesa dell'Unificazione si rifecero un'immagine affilando accuratamente le loro tecniche di vendita e facendo uso di esperti di marketing e di assistenza legale. Man mano che il movimento del potenziale umano si protendeva verso la società, sedicenti imprenditori della "new age", scienziati sociali del settore privato ed esperti di ogni fatta e colore cominciarono ad adattare i suoi rivoluzionari concetti e metodi a fini sempre più commerciali e convenzionali. I programmi di marketing di massa venivano messi a punto dai massimi esperti di Madison Avenue. Gli Hare Krishna ingaggiarono i propri pubblicitari. Come aveva fatto in precedenza la Campus Crusade, anche est affidò una posizione di vertice a un ex funzionario della Coca Cola. La campagna funzionò. Vennero premuti i bottoni giusti e gli americani lasciarono che la loro fame di esperienza si scatenasse selvaggiamente. Improvvisamente, senza tante scuse e come se un altro mondo fosse appena finito, gli anni Settanta videro gli americani preoccuparsi quasi unicamente del loro bisogno di esperienza. Era l'avvento di ciò che l'analista sociale Peter Mark definì Nuovo Narcisismo e che Tom Wolfe, il critico pop del periodo, battezzò "Decennio del Me". Ai loro occhi il desiderio nobile di autorealizzazione si era trasformato in semplice auto indulgenza. Ciò che nessuno notò fu l'importante cambiamento che stava avvenendo a un livello più fondamentale. Negli anni Settanta, con la diffusione della tecnologia dell'esperienza e delle sue pratiche popolari, che avevano un impatto profondo sui funzionamenti della mente, la gente non stava più semplicemente modificando le proprie credenze e indulgendo nell'ego - stava cominciando a sperimentare lo snapping [rottura brusca]. E come conseguenza diretta di quella diffusione, la gente ha continuato a "rompersi" sia in America che in ogni altra cultura toccata da allora in poi dalla tecnologia dell'esperienza. I culti sono una stele di Rosetta: essi offrono incalcolabili e vividi esempi di come la tecnologia dell'esperienza sia stata usata per apportare alterazioni fondamentali della personalità. Per molti membri di culto lo snapping è il prodotto di un'aggressione sistematica della loro coscienza. Nei primi momenti di contatto, i potenziali convertiti possono essere manipolati con precisione dagli stratagemmi retorici che Marjoe dimostrò così abilmente: conversazione, costruzione del rapporto, conferenze di gruppo, confronto e altre modalità di persuasione. Una volta attirati nel culto essi possono venire bombardati con idee e dottrine religiose che non possono andare d'accordo con le loro precedenti credenze e accompagnati attraverso rituali cerimoniali che inducono intensi picchi emotivi ed esperienze massime travolgenti. I convertiti possono poi essere sottoposti a incontri più personali in cui alle nuove esperienze vengono date le interpretazioni previste dal culto. In questo periodo i nuovi convertiti vengono istruiti con rituali ripetitivi intensivi come la salmodiazione o la meditazione, le quali possono indurre sballi fisici e psichici, interrompere i normali processi naturali di pensiero ed emozione e indebolire ulteriormente la resistenza alla suggestione e al comando esterno. In molti gruppi, durante tutta la fase di reclutamento, conversione e iniziazione, i convertiti ricevono ordini specifici di astenersi dal dubbio e viene loro detto di non mettere in discussione la saggezza della dottrina del culto. Inevitabilmente, sotto la pressione cumulativa di questo indiscriminato attacco fisico, mentale ed emotivo, autocontrollo e credenze personali gettano la spugna. Isolati dal mondo esterno e circondati da trappole esotiche, i convertiti possono assorbire rapidamente i modi di pensare alterati e la vita quotidiana del culto. Prima di rendersi conto di quanto sta avvenendo, mentre la loro attenzione è sviata da conflitti spirituali artificiosamente costruiti, da rituali ripetitivi e, in molti gruppi, ulteriormente indeboliti da mancanza di sonno e cibo, i nuovi membri di culto possono scivolare in uno stato mentale in cui non sono letteralmente più in grado di pensare da soli. È nostra opinione che una aggressione di tale portata colpisca al cuore della coscienza minando i processi fondamentali del pensiero e dell'emotività, processi essenziali per la consapevolezza e la libera volontà. Ma spesso, per gli zelanti membri di culto, questo nuovo stato mentale ha un altro nome: felicità. La loro dichiarazione pubblica tipica è che nella vita semplice e nel lavoro del culto hanno trovato la vera felicità, la realizzazione sia a livello personale che spirituale. Il loro stato quotidiano si mantiene costantemente alto, un picco emotivo che si auto alimenta. Quando per qualsiasi motivo esso barcolla, i membri del culto possono semplicemente intensificare una qualsiasi delle tecniche di meditazione, salmodiazione o fervente preghiera in cui sono stati diligentemente istruiti e che, si garantisce, li riporteranno a quello stato di beatitudine che costituisce la ricompensa per la devozione acritica. Salvo che per la componente religiosa, molte terapie di auto aiuto utilizzano gli stessi metodi di base. Reclutano i partecipanti attraverso canali informali simili - richieste telefoniche e postali, passaparola e interazioni casuali con amici, parenti e colleghi. Attraverso tali mezzi, e con la speranza di avere qualche svolta che cambi la vita, si viene attirati in gruppi di intimi e in sedute terapeutiche. Poi, come in est, diversi "procedimenti" personali e tecniche di "formazione" di gruppo possono creare quell'esperienza profonda. I leader del gruppo istruiscono i partecipanti alla meditazione terapeutica o li guidano attraverso visualizzazioni o fantasie vivide. Possono tenere interminabili lezioni piene di gergo scientifico e psicologico oppure scatenare intensi conflitti che si estendono alle varie esperienze di vita, dalla prima infanzia alla fanciullezza e adolescenza fino agli attuali rapporti familiari e di lavoro. Preso da un fuoco incrociato di verbosità ed emozioni a lungo sepolte, nel contesto di un una estenuante e dura prova di gruppo l'individuo può raggiungere uno stato di sovrastimolazione emotiva, o di collasso emotivo. Nell'immediatezza di questa nuova e travolgente esperienza può entrare in uno stato mentale percepito come un rinnovamento o una rinascita, e che potrebbe in realtà essere un'intensità fisica ed emotiva durevole. Chi termina con successo la terapia di auto aiuto spesso raggiunge un elevato stato euforico, i problemi risolti perché, in realtà, si è smesso di preoccuparsi delle cose che prima affliggevano. Al momento la nostra lingua non dispone di un termine per questo modo nuovo di far fronte ai problemi della vita. Possiamo descrivere il processo come una chiusura della mente, un modo per smettere di pensare. È nostra opinione che sia questo il fascino che sta alla base degli innumerevoli culti, sette e terapie operanti in America e in tutto il mondo, oltre che dell'inespressa attrazione verso le molte branche del Cristianesimo di rinascita. Il Dream Time. Quale tipo di ambiente culturale produce e coltiva questo diffuso bisogno di staccare la mente? Si potrebbe dire che il bisogno è universale, che tutti - dagli ateniesi ai Sufi, dai membri delle tribù vudù agli americani moderni - devono avere un qualche momento di distacco dai cimenti della vita. In questo senso, tecniche e rituali che in tutto il corso della storia sono stati usati per creare esperienze massime e momenti di illuminazione possono essere considerati come fonti vitali di riposo e rilassamento della mente, formule magiche e incantesimi che permettono di tirare momentaneamente fiato e che hanno una grande forza di intuizione, guarigione e rinnovamento. Ma quale valore può esservi nell'architettare tali esperienze al fine di interrompere completamente i meccanismi della mente, per impedire in modo persistente i processi del pensiero e lasciare l'individuo intorpidito verso le proprie sensazioni, sentimenti e al mondo che lo circonda? In tutto il corso della storia questo placare sistematico della coscienza umana si è dimostrato un metodo efficace per controllare membri di tribù, società e nazioni intere in cui all'individualità viene dato pochissimo valore. Lo stato mentale che esso produce ha una tradizione che risale all'alba della civiltà. Nel remoto bush australiano le tribù aborigene si impegnano ancora in rituali perfezionati 16.000 anni fa per indurre nei loro adolescenti uno stato mentale sorprendentemente simile allo stato penoso di molti dei giovani più brillanti della società odierna, e di persone di tutte le età. Joseph Chilton Pearce ha descritto la tecnica nel suo libro del 1971 intitolato The Crack in the Cosmic Egg. Verso la pubertà il giovane maschio della tribù Ananda dell'Australia centrale viene allontanato dalla madre, isolato nella boscaglia e privato di cibo per un periodo di tempo abbastanza lungo. Di notte viene tenuto sveglio, in un costante stato di paura, dal suono misterioso e frenetico del "bullroarer", uno strumento indigeno di caccia, fino a quando la combinazione di stress fisico ed emotivo raggiunge il suo massimo effetto. In quel momento gli anziani della tribù si avvicinano al giovane terrorizzato indossando maschere grottesche, il corpo ricoperto di vivide pitture, e lo sottopongono a un doloroso rituale di iniziazione all'età virile. Se sopravvive alla prova il giovane emerge dal rituale in uno stato mentale drasticamente ridotto, con la coscienza appena sufficiente a permettere aderenza assoluta alle rigide leggi e tabù della tribù. I membri adulti della tribù Ananda possono trascorrere la vita intera in quello stato alterato che gli indigeni definiscono Dream Time. L'individuo sarà in grado di mantenersi in piedi per ore su una gamba sola, completamente immobile, in uno stato di trance così profondo che, come riportò Pearce, le mosche gli si poseranno sugli occhi senza fargli sbattere le palpebre. In anni recenti il Dream Time aborigeno è stato salutato come uno stato profondamente sofisticato della coscienza umana. Gli antropologi indicano la resistenza fisica degli aborigeni, la loro soddisfazione spirituale e i poteri telepatici come segni di evoluzione avanzata in una tribù che potrebbe rappresentare la linea ininterrotta più lunga dello sviluppo culturale dell'umanità. Tuttavia essi commettono l'errore di sottintendere che questa efficiente e sicuramente notevole forma di controllo sociale in un ambiente primitivo e immutabile contiene un qualche tipo di promessa per il futuro della nostra molto più complessa società, sottoposta a un rapidissimo mutamento tecnologico. Dopo un decennio di svolta come lo furono gli anni Sessanta, è ironico trovare americani che cercano invece maggior consapevolezza e auto determinazione nella controparte contemporanea del Dream Time. Quale genere o svolta di eventi può avere colpito una corda così antica nella nostra era moderna? Negli anni Sessanta ci si ribellò contro un'altra versione moderna del Dream Time: la mentalità affaristica degli anni Cinquanta che aveva trasformato moltissimi individui creativi in uomini e donne "da organizzazione". Ma l'esplosione della coscienza che colpì la società degli anni Sessanta liberò più consapevolezza di quanto molti fossero preparati a gestire: la consapevolezza di vuote ricompense per molti impieghi e carriere, della segregazione insita in molti matrimoni convenzionali, dei rapporti familiari, di ruoli sessuali e stereotipi sociali ormai esauriti, dei pericoli della guerra nucleare, dell'inquinamento ambientale, del calo delle risorse energetiche e del fallimento morale di tantissime istituzioni politiche moderne. Negli anni Sessanta milioni di persone in tutto il mondo si mobilitarono su tutti questi fronti e vinsero battaglie importanti in campo culturale, politico e ambientale. Ma persistevano problemi che non potevano risolversi con la semplice consapevolezza, le migliori intenzioni o anche la mobilitazione aggressiva. Negli anni Settanta la gente si ritrovò ad affrontare un nuovo mondo di negoziazioni pressanti: la qualità ambientale in contrapposizione al progresso tecnologico; la diplomazia internazionale contrapposta ai principi fondamentali dei diritti umani; la libertà e l'indipendenza della vita da single in contrapposizione alla condivisione e l'affetto di relazioni più intime. Questi ed altri dilemmi intransigenti diedero vita a un tipo ancora diverso di coscienza espansa, quella del realismo della maturità contrapposto all'idealismo giovanile degli anni Sessanta. Sulla scia dell'era postbellica anni Cinquanta di onnipotenza e supremazia economica americana, e del colorato e fantascientifico decennio degli anni Sessanta in cui la gente visse i propri sogni e realizzò l'impossibile senza un battito di ciglia, il nuovo realismo che si abbatté sugli anni Settanta fu un groviglio di panorami ridimensionati e di aspettative ridotte. Le vecchie tradizioni e istituzioni erano state abbattute ma non se ne stavano evolvendo di nuove. In troppi luoghi la vita degli individui sembrava essere meno importante delle richieste di una società consumistica sfuggita al controllo. Problemi, pressioni e passo della vita moderna si stavano ingigantendo. Il mondo sembrava trasformarsi in un una nebbia indistinta di inquinamento, inflazione e tensioni politiche e, a livello personale, di stanchezza, solitudine, noia e frustrazione. Per molti la via d'uscita da quell'incubo fu smettere completamente di preoccuparsi. Si immersero nel lavoro o cominciarono a recitare nella speranza di trovare qualcosa che portasse risultati o, quanto meno, un diversivo temporaneo. Perciò negli anni Settanta, mentre gli altri guardavano, milioni di americani partirono verso l'irrazionale inseguimento della felicità. Senior universitari in preda al panico fabbricarono obiettivi "pratici" di carriera che li dispensassero dagli impegni delle loro controparti degli anni Sessanta. Giovani coppie si legarono in relazioni "realistiche" che li liberavano dai precedenti ideali e desideri. Mariti e mogli fuori controllo cominciarono a tessere intricate ragnatele di logica fallace per sfuggire da impegni precedenti e responsabilità adulte. Hippy dell'ultima ora e attivisti politici disillusi partirono per fughe dalla realtà, spedizioni di ritorno alla natura, ritirandosi il più lontano possibile. Mentre uomini d'affari in "crisi di mezza età" e madri afflitte dalla "sindrome del nido vuoto" cercarono indulgenza materiale ancora maggiore per mascherare la propria mancanza di significato e di guida. Al giorno d'oggi questo perdurante cambio di atteggiamento, opinioni e stili di vita continua a nutrire un ambiente sociale e culturale che offre eccitanti ricompense per non pensare. Non è forse molto più facile essere sollevati e sospinti dal "progetto rivelato" di Dio, o comprare alcune tecniche che promettono di "far svanire i problemi"? In questo senso staccare la mente dà sollievo immediato dall'ansia e dalla frustrazione. Evoca intrinsecamente piacere, la salvezza attraverso la resa e, ancora meglio, è una felicità semplice che si auto perpetua. In realtà il momento in cui smettiamo di pensare può essere un momento di gioia travolgente, il momento in cui alla fine la ricerca giunge a termine. La giornalista Sally Kempton, scrivendo sulla rivista New York quando questo nuovo atteggiamento era ancora agli inizi, descrisse una serie di crisi personali e professionali che la portarono ad un'udienza con Swami Muktananda, uno degli imprenditori-guru orientali meno mercantili dell'ondata post anni Sessanta. Seduta davanti a Muktananda con un centinaio di altri devoti, la Kempton cercava nello Swami l'illuminazione. E la trovò in un singolo e commento casuale che riassumeva la nuova tendenza culturale di cui stiamo parlando. «E alla fine» scrisse «dall'accozzaglia di domande su luci e visioni ed esperienze di amore trascendentale, arrivò una domanda che sembrava attagliarsi alla mia situazione: "Che cosa ne fai delle emozioni negative?" chiese una donna. E Muktananda rispose: "Lasciale andare".» Quel semplice insegnamento può essere stato più propizio che profondo, ma scatenò una serie di reazioni mentali ed emotive che portarono a uno dei racconti più vividi di snapping mai riportati dai media: Forse a colpirmi non fu quanto egli disse, ma come lo disse. O forse entrambe le cose. Uno dei miei presupposti più radicati era che in presenza di emozioni negative bisognava cercare di scoprire da dove provenissero, parlarne con gli amici, lavorarci su, affrontarle. L'ultima cosa che avrei pensato di fare con le emozioni negative era di lasciarle andare. Ma le parole di Muktananda mi fecero qualcosa. Fu come se fossero entrate nella mia mente, affondando attraverso i miei presupposti come una specie di carica di profondità. Suona strano, ma per un momento mi sentii come se le sue parole avessero veramente fatto piazza pulita delle voci di irritazione che avevo nella testa. Non avevo mai nemmeno realizzato di avere nella testa quelle voci, non fino a quando mi resi conto di quanto stessi bene senza. E per il resto di quel pomeriggio intenso e di sogno rimasi seduta sentendomi vuota e ricettiva, fino a ché Muktananda prese a suonare un grosso tamburello e mi raddrizzai di scatto. Stava cominciando un canto, dolce e melodico, ritmico. E dopo cinque minuti di quel canto provai un caldo dolore alla gola e gli occhi mi si riempirono di lacrime, e mi chiesi perché stessi piangendo. Non mi sentivo per nulla triste.
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