All'indomani delle elezioni che hanno visto la sconfitta di Milosevic, torna il diario della drammaturga serba più dura contro il regime. Di Biljana Srbljanovic. Settembre 2000: riprende sul quotidiano La Repubblica, il Diario di Biljana. Raccolta di Allarme Scientology, pagine a cura di Martini. © La Repubblica.
Belgrado (1 ottobre) Quasi una settimana è passata dalle elezioni, e
risultati certi non ci sono ancora. Nonostante tutti gli sforzi, le alterazioni delle cifre riguardanti i votanti, uno spoglio lungo e segretissimo, Milosevic non ha ancora vinto.
Il sindaco di Nis, la città industriale nel sud di Serbia, dove l'opposizione da lungo tempo è al potere, dice che il vice presidente del governo federale (che insieme con Milosevic è nella lista dei ricercati del tribunale dell'Aja per i crimini di guerra in Kosovo) lo ha pregato di cercare di persuadere l'opposizione ad accettare il ballotaggio. «Come posso dire a Slobo che ha già perso al primo turno?», si dice che andasse piangendo questo complice di Milosevic. «Lasciatelo perdere almeno al secondo turno!», pregava. «E come potrai mai dirgli che ha perso, se non puoi farlo adesso che pure è così ovvio?», gli hanno risposto.
Questa è la spiegazione, il motivo per cui l'opposizione non vuole accettare il famoso "secondo turno". Chi può garantirci che Milosevic accetterà la sconfitta al ballottaggio, quando adesso non vuole neanche sentire parlare di sue sconfitte? La verità è che ha bisogno soltanto di un po' di tempo, un piano e un sopporto logistico da parte di persone corrotte, per poter montare i risultati delle
elezioni nell'eventuale secondo turno. Alle persone democratiche rubare voti non sembra una cosa semplice. Veramente, mi chiedevo, come fa a farlo?
Prima di tutto, usando i voti dal Kosovo. Anche agli osservatori più neutrali è chiaro quanto siano pochi i serbi rimasti in Kosovo. Si sa esattamente quanti sono e dove si trovano. È dunque ridicolo, se non triste, vedere arrivare da un villaggio dove vivono poche migliaia di persone, tra cui solo una decina di famiglie serbe, cinquemila voti per Milosevic. È capitato invece che tutti gli albanesi, anche quelli uccisi dai paramilitari di Milosevic abbiano votato per Milosevic. Oppure che in altre località del Kosovo - sempre secondo i risultati truccati - si sia battuto il record mondiale di velocità nell'uscita dai seggi. Infatti, quando si confrontano le cifre relative all'affluenza dei votanti con il numero di ore in cui i seggi stessi sono rimasti aperti, si nota che - per esempio a Pec - ogni otto secondi una persona ha votato Slobo. Se questo fosse vero, sarebbe una cosa da Guinnes dei primati. Ci sono poi anche i casi David Copperfield (il mago). Come a Prizren, dove il seggio non è stato neanche aperto, ma secondo gli scrutatori di Milosevic hanno votato 2024 persone. E nessuno per Kostunica,
naturalmente. Duemila serbi invisibili hanno votato in un posto che non esiste, e tutto questo in un Kosovo dove i serbi visibili sono pochissimi.
In Montenegro si votava nelle case private, nelle mercerie, dai parucchieri, nelle boutique. E gli stessi nomi fanno il giro delle liste. Una certa Savka Djukic ha votato otto volte. Due volte per posta, perché vecchia e debole, una volta come soldato in caserma, una volta in prigione, dove si trova da qualche anno, e altre quattro volte, così, di passaggio... Una Savka, otto voti. Per non contare poi il marito di Savka, i figli...
Non c'è da stupirsi che la gente onesta in Serbia protesti. E che a nessun prezzo voglia andare al secondo turno. Perché se accetterà, da oggi fino al giorno dell'eventuale ballottaggio, quella Savka si moltiplicherà, avrà dei gemelli, diventerà un "clone", si sposterà in tutto il paese, specialmente in Kosovo. È così da sola e debole, produrrà cinquemila voti, per aiutare, per fare di tutto. Fino a
che Slobo non avrà vinto.
Belgrado (2 ottobre) La folla al mercato mi ricorda i giorni che precedevano i bombadamenti della Nato. Preparandosi per lo sciopero generale che inizierà domani (oggi, ndr), la gente compra tutto, almeno quello che in questa stagione si può trovare al mercato. Prima di tutto i peperoni e le zucce, e un po' di mele. Spaventata, ormai abituata alla penuria, la gente aspetta lo sciopero generale come la fine del mondo. «Rischiamo di rimanere affamati»,
dicono le vecchiette mentre portano i sacchi enormi di peperoni. «Mancherà il cibo», si preoccupano le casalinghe mentre si dividono fra loro le zucce,
cinque chili a testa.
Stanno comprando i peperoni per il resto della loro vita, e speriamo solo che questo sciopero non duri cosi a lungo. Milosevic si ritirerà, riconoscerà il desiderio del popolo. Poi ho pensato: che cosa vuole questo popolo? Abituato a tutte le sofferenze, alle guerre, alla poverta, che cos'è importante che desideri in questo momento? «Voi volete che a Belgrado entrino i negri (i soldati americani, ndr) della Nato?», dicono i sostenitori di Milosevic. E le donne di una certa età: «volete che in Serbia i bambini imparino il tedesco e dimentichino la propria lingua?». E quelli che non sono mai stati in Russia urlano: «Volete che ci separino dai russi?».
«Signori, voi siete razzisti», dico ai primi. «Perché non pagate le mele in dinari anzichè in marchi tedeschi, se non vi piacciono i tedeschi?», rispondo bruscamente ai secondi. «Neanche i russi lo
vogliono», spiego ai terzi. Loro fanno solo un cenno con la mano, mentre comperano l'olio al mercato nero più caro del 400 per cento rispetto al prezzo
ufficiale. Per un chilo di zucchero aspettano cinque ore in fila. Con il loro stipendio possono mangiare due, forse tre giorni. E in cambio delle tasse che
pagano non ricevono mai nulla indietro.
Guardano continuamente la televisione, ovviamente quella di regime. Perché in questa città non se ne vede nessun altra. E questa racconta che l'opposizione porterà a una nuova guerra. Che chi ha votato per Kostunica sono solo "ratti e iene", come li ha chiamati Milosevic. Che tutto il mondo ha paura ed è in ansia per noi. E forse questo è anche vero: il mondo è stufo dalle guerre e della violenza, e
sa con chi abbiamo a che fare.
Com'è possibile allora cambiare le cose? Com'è possibile, con questa gente intossicata dalla propaganda e spaventata dalla penuria? Bastava avere il coraggio di votare contro il "tiranno", ma ora non è facile per loro difendere il voto dato a Milosevic. Eppure non ci sono i grandi nomi, gli artisti, gli intellettuali a fornire il supporto morale necessario. E non c'e ancora il riconoscimento ufficiale delle elezioni.
In passato i governi hanno fatto a gara per riconoscere i nuovi paesi nati dalla ex-Jugoslavia. Cosa sta succedendo adesso? Perche nessuno non si decide a riconoscere Kostunica come nuovo presidente jugoslavo? Dove sono gli scrittori e gli artisti europei che si sono mobilitati all'inizio della guerra? Perchè adesso non chiedono ad alta voce ai loro governi, ai cittadini dei loro paesi di esprimere solidarietà e di aiutare gli jugoslavi in un momento decisivo della loro nuova storia? Domani (oggi, ndr), alle 5 di mattina, comincia lo sciopero generale. Le strade, le ferrovie, le fabbriche, le scuole e l'universita rimarranno chiuse.
Mi chiedo: chi resistera più a lungo? Noi, i cittadini nel paese paralizzato, oppure lui, il dittatore protetto da tutte le parti?
Io ho comprato le mie mele. E le ho divise in tante parti, così durerano per tanto tempo. Perchè in questa resistenza avrò bisogno di un grande sostegno. Belgrado (3 ottobre) "Chiuso per furto", è la scritta che ieri mattina è
apparsa sulle vetrine, agli ingressi dei negozi, delle scuole e delle imprese. Un blocco di tre ore di tutti i principali tratti stradali, le linee ferroviarie, le vie cittadine, le entrate delle fabbriche e delle miniere. Non c'è stato nessun bisogno di discorsoni. E' tutto semplice: "chiuso per furto", il più grande furto
elettorale di voti della storia più recente.
Oggi lo sciopero continua, si estende a cinque ore di blocco, in modo che domani si arrivi a una paralisi di tutto il paese, fino al riconoscimento finale della vittoria elettorale dell'opposizione. Non c'è altra soluzione. Perché la legge in questo paese è oggetto di scherno già da molto tempo. Come funziona il sistema giudiziario in Serbia lo dice bene l'ultimo spettacolo pre-elettorale - il processo che Milosevic ha organizzato per i capi incriminati dell'alleanza Nato.
Cioè, a Belgrado, nel Palazzo di Giustizia un tempo seria istituzione legislativa, proprio tre giorni prima delle elezioni, sono stati condannati in contumacia quattordici imputati - da Bill Clinton e Madeleine Albright, poi Cohen, Blair e Cook, fino a Chirac e Schroeder, e Solana, ovviamente. Gli imputati sono
stati giudicati e condannati in contumacia per "gravi atti criminali contro l'umanità", cioè per la partecipazione al bombardamento della Jugoslavia dell'anno scorso. Una volta accusati, come ha detto il giudice «non hanno avuto la possibilità di essere presenti al proprio processo» (forse non hanno potuto avere il visto per la Jugoslavia); secondo le regole della legge e secondo gli spettacoli hollywoodiani in tema di processi, agli "accusati" - per dovere d'ufficio - vengono assegnati degli avvocati. Legali iugoslavi, si capisce. Questi
avvocati hanno riconosciuto pubblicamente che a loro non importava assolutamente l'idea di difendere i propri "clienti", ma - che cosa ci volete fare? - il servizio è servizio e sotto l'occhio attento dell'amato presidente che stava lì appeso (cioè, la sua fotografia stava appesa) sul muro del tribunale, come pure davanti alle innumerevoli telecamere del regime, ai fotoreporter e ai giornalisti, il processo si è trasformato in una tale farsa che nemmeno i presenti sono riusciti a trattenere le risa. Questa è la giustizia serba. Più di tutti si è fatto notare l'avvocato di Schroeder, che ha detto che - se solo lo avesse visto - avrebbe picchiato a mani nude il suo cliente.
L'avvocato di Clinton, durante la "difesa", si è richiamato all'infanzia infelice e all'anomalo desiderio sessuale e al potere del suo cliente, come ha detto, ma ha aggiunto pure che, se lo si domandasse a lui, quel Clinton lo impiccherebbe nel centro di Belgrado, in cima alla bandiera più alta. Dopo tre giorni di un simile processo - gli imputati sono anche stati condannati. A vent'anni di galera. E a pagare le spese di guerra.
Questo è accaduto due domeniche fa, è un'altra cosa - penserà qualcuno. Ma, sfortunatamente, quello stesso tribunale, quegli stessi giudici, quegli stessi legali e l'intero sistema giudiziario che ha messo in atto questo spettacolo degno delle maggiori soap operas, adesso deve accettare le contestazioni dell'opposizione e riconoscere i veri risultati elettorali. Gli avvocati, che avrebbero massacrato i loro immaginari clienti, adesso devono impietosirsi e prendere in considerazione le
obiezioni che vengono dalla parte di Kostunica. I giudici, che se potessero ci legherebbero tutti in cima a quelle bandiere del centro città, adesso devono giudicare secondo giustizia e secondo legge. E la legge è tale che Milosevic, proprio come fa con la Costituzione, la cambia diverse volte l'anno, come gli gira di volta in volta. Che cos'altro rimane a noi cittadini, se non cominciare ad
ignorare del tutto il potere e il diritto e boicottare l'intero sistema? E bloccare il paese fin che le cose non cambiano? E uscire in strada e vincere con la
pazienza chi è privo di senno? Ed arrivare, prima o poi, alla libertà?
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