Pagina informativa predisposta dal Ministero degli Interni, Aprile 1998.
Introduzione
La Divisione affari dei culti diversi dal cattolico è preposta in particolare a curare l'osservanza degli art. 3, 8 e 19 della Costituzione che - com'è noto - concernono: l'eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione, tra l'altro, di religione; la pari libertà delle confessioni religiose che hanno diritto di organizzarsi secondo propri statuti e i cui rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di "intese"; il diritto di tutti (quindi non solo dei cittadini ma anche degli stranieri ed apolidi) di professare la propria fede, farne propaganda ed esercitare il relativo culto alla sola condizione, però, che si tratti di riti non contrari al buon costume. La Divisione, da qualche anno a questa parte, va assumendo sempre maggior rilievo in relazione al proliferare di nuove religiosità, effetto - questo - e della immigrazione massiccia avutasi e della crisi di valori che ha seguito la trasformazione sociale del nostro Paese a partire dagli anni '60 (non è un caso che il richiamo delle nuove religioni si esercita soprattutto sui giovani tra i 18 e i 35 anni), crisi cui le religioni tradizionali non hanno dato, evidentemente, risposte adeguate. A fronte di istanze sociali nuove, la normativa di base che la Divisione si trova ad applicare è ancora quella del periodo fascista sui "culti ammessi": la legge 24 Giugno 1929, n. 1159 ed il relativo regolamento di attuazione approvato con R.D. 28 Febbraio 1930, n. 289, cui la Corte Costituzionale, con qualche sentenza, ha apportato solo taluni aggiustamenti. A tale normativa si sostituiscono - per le confessioni che con lo Stato abbiano stipulato un apposito accordo, ossia l'"intesa" ex art. 8, 3° comma, Cost. - le leggi con cui gli accordi stessi divengono operanti nel nostro ordinamento giuridico. Ad oggi, le confessioni suddette sono sei: la Tavola Valdese, l'Unione delle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, le Assemblee di Dio in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane, l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, la Chiesa evangelica luterana in Italia. Per queste confessioni valgono, come detto, leggi particolari che sembra utile richiamare e della cui attuazione la Divisione affari dei culti diversi dal cattolico si trova, per le parti di propria competenza, ad occuparsi. Vediamo ora, in particolare,
quali sono i procedimenti e le questioni di interesse della Divisione.
Il riconoscimento civile degli enti di culto È facoltà discrezionale dello Stato italiano conferire o meno la personalità giuridica agli istituti delle confessioni, disponendo l'art. 2 della legge n. 1159/1929, che detti istituti "possono essere eretti in ente morale". Perciò il riconoscimento della personalità giuridica di istituti (o, per usare un linguaggio attuale, enti, cioè associazioni o fondazioni) di tali confessioni è condizionato al fatto che si tratti di religioni i cui principi e le cui manifestazioni esteriori (riti) non siano in contrasto con l'ordinamento giuridico dello Stato. Il riconoscimento comporta la possibilità per l'ente di culto di acquistare e possedere beni in nome proprio e di avvalersi delle agevolazioni tributarie previste per gli enti di beneficenza e di istruzione. Il riconoscimento viene concesso, dopo attenta ed articolata istruttoria, su proposta del Ministro dell'Interno, con decreto del Presidente della Repubblica, uditi il Consiglio di Stato (parere di legittimità) ed il Consiglio dei Ministri (parere di opportunità politica). Con legge 15 Maggio 1997, n. 127 (c.d. "Bassanini bis") è, a dire il vero, venuta meno l'obbligatorietà del parere del Consiglio di Stato: permane, peraltro, in capo all'Amministrazione, la facoltà di adire l'Organo consultivo quando se ne ravvisi l'opportunità. Un'istruttoria più
celere ed agevole è invece prevista - a somiglianza di quella delineata
per gli enti cattolici - per il riconoscimento degli enti di confessioni
con le "intese"; il provvedimento, per questi, è inoltre concesso
con decreto ministeriale e non con decreto presidenziale, senza la preventiva
audizione del Consiglio dei Ministri.
La vigilanza sugli enti di culto Gli organismi ai quali sia stata riconosciuta la personalità giuridica ex legge n.° 1159/1929 sono soggetti all'istituto della vigilanza che lo Stato esercita mediante il Ministero dell'Interno - Divisione culti diversi dal cattolico; ciò al fine di accertare che gli enti in parola non esplichino attività contrarie non solo all'ordinamento giuridico ma anche alle proprie finalità, che sono di interesse pubblico consistendo nella soddisfazione dei bisogni religiosi delle comunità di fedeli. La vigilanza include la facoltà di ordinare visite ed ispezioni sino ad arrivare, in caso di gravi irregolarità, allo scioglimento dell'amministrazione dell'ente ed alla nomina di un Commissario governativo per la temporanea gestione. È uno strumento
- quello dello scioglimento degli organi statutari dell'ente - che, se
pur previsto dalla normativa del 1929 e 1930, è in pratica inattuato;
infatti la Direzione Generale degli affari dei culti, consapevole della
delicatezza dei rapporti connessi alle questioni religiose, è incline
a rifuggire da forme autoritative prediligendo invece, per quanto possibile,
le soluzioni concordate ed avvalendosi, per questo, dell'opera di mediazione
che in loco è svolta dai Prefetti.
L'autorizzazione al compimento di atti e contratti costituenti alienazioni di beni Venuta meno l'autorizzazione agli acquisti a termini della c.d. Bassanini bis (legge n.127/1997), rimane ferma la competenza dell'Amministrazione ad autorizzare il compimento di alienazioni di beni da parte di quegli enti che - non avendo stipulato l'intesa con lo Stato ex art. 8, 3ø comma, Cost. - sono tuttora soggetti alla legge n. 1159/1929. Si precisa che fra gli atti o contratti per i quali è necessaria l'autorizzazione governativa, si comprendono, oltre le alienazioni propriamente dette, le affrancazioni di censi e di canoni, i mutui, gli atterramenti di piante di alto fusto, le esazioni e gli impieghi di capitali, le locazioni ultranovennali di immobili, le liti, sia attive che passive, attinenti alla consistenza patrimoniale dell'ente. Si soggiunge, da
ultimo, che l'Amministrazione dell'Interno provvede con proprio decreto,
concedendo o negando l'autorizzazione, secondo una competenza ripartita
per valore tra Ministero e Prefetture.
L'approvazione delle nomine dei ministri di culto I ministri di culto possono chiedere al Ministero dell'Interno - Divisione affari dei culti diversi dal cattolico - l'approvazione della propria nomina. Tale provvedimento, però, non è diretto ad attribuire rilevanza giuridica alla nomina ma solo a consentire al ministro di culto interessato il compimento di atti produttivi di effetti giuridici. Senza l'approvazione, pertanto, i ministri di culto non possono celebrare matrimoni con efficacia civile, non possono essere dispensati dalla chiamata alle armi in caso di mobilitazione delle forze armate dello Stato, non possono ricevere testamenti nelle situazioni (di calamità pubbliche, di luogo dove domina una malattia reputata contagiosa o di infortuni) previste dall'art. 609 del cod. civ., ecc.. Una notazione: la
qualifica di ministro di culto è incompatibile con l'incarico di
giudice di pace a termini della legge 21 Novembre 1991, n. 374.
La legge n. 903/1973, concernente l'"Istituzione del fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica e nuova disciplina dei relativi trattamenti pensionistici", stabilisce che sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione al fondo I.N.P.S. tutti i ministri di culto di organismi diversi dal cattolico - che abbiano cittadinanza italiana e che siano residenti nel nostro territorio - dall'inizio del loro ministero in Italia fino alla data di decorrenza della pensione di vecchiaia ovvero di quella di invalidità. La stessa normativa
dispone inoltre - e qui è la competenza della Divisione culti diversi
dal cattolico - che si provveda, con decreto del Ministro dell'Interno,
previe intese con le rappresentanze delle singole confessioni religiose
che ne facciano richiesta.
L'assistenza religiosa ai detenuti o agli internati Il diritto di libertà
religiosa viene anche assicurato quando il soggetto si trovi detenuto o
internato in un istituto di prevenzione e pena. Infatti la legge n. 354/1975
recante "Norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative
e limitative della libertà", quale modificata dalla legge n. 663/1986,
dopo avere riconosciuto in modo esplicito l'importanza della religione
come mezzo di rieducazione, prevede che i detenuti e gli internati abbiano
facoltà di ricevere, qualora ne facciano richiesta, l'assistenza
dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti; a tal fine la Direzione
generale degli affari dei culti provvede a formare gli elenchi dei ministri
di culto abilitati ad accedere negli istituti di prevenzione e pena a termini
del regolamento di esecuzione della citata legge n. 354 (D.P.R. n. 431/1976),
curandone la trasmissione al Ministero di Grazia e Giustizia.
I pareri in ordine al rilascio dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno ai ministri di culto ed ai missionari stranieri Da alcuni anni sono frequenti le iniziative di cittadini stranieri volte a costituire nel nostro Paese movimenti religiosi già attivi all'estero ed a raccogliere per questi il maggior numero di proseliti. Questi stranieri, qualificandosi di volta in volta ministri di culto o missionari, chiedono di soggiornare in Italia per scopi di culto, dimostrando di possedere i mezzi di sussistenza necessari per tutto il periodo del soggiorno. La domanda viene accolta, per un periodo di tempo determinato (possibilmente non superiore a due anni), subordinatamente al parere favorevole del Dipartimento di P.S. - Servizio Stranieri, nonché della Direzione generale degli affari dei culti - Divisione culti diversi dal cattolico. Nel caso in cui qualcuna delle organizzazioni confessionali, cui si riferiscono le domande degli interessati, non sia ancora "nota", la Divisione di cui sopra sospende di esprimere il proprio parere in attesa di conoscere, tramite le competenti Prefetture, l'esistenza del culto in Italia, i suoi scopi ed i suoi riti, i mezzi finanziari di cui dispone, i nomi degli amministratori, ecc.. Qualora dalle informazioni
ricevute risulti che dall'esercizio di un culto prima "non noto" potrebbe
derivare pregiudizio ai principi essenziali che regolano la vita dello
Stato, la Divisione esprime "parere contrario" in ordine alla domanda di
soggiorno per "motivi di culto" presentata dallo straniero.
Il rilascio delle attestazioni relative ai luoghi di culto Il D.P.R. 29/9/1973, n. 597 (e la disposizione è rimasta sostanzialmente immutata nel successivo D.P.R. n. 917/1986) ha stabilito una presunzione di improduttività di reddito, ai fini fiscali, dei fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché questo sia compatibile con gli art. 8 e 19 della Costituzione. Il Ministero delle
Finanze, a suo tempo interpellato da un'organizzazione confessionale diversa
dalla cattolica, con risoluzione 4/1/1980, ha dichiarato che la destinazione
degli immobili "può" essere certificata dal Ministero dell'Interno
al quale sono demandati il controllo e la vigilanza a termini della legge
24/6/1929, n° 1159: è in base a tale risoluzione che la Divisione
affari dei culti diversi dal cattolico provvede al rilascio delle relative
attestazioni, esperita - ovviamente - l'istruttoria di rito (tesa, soprattutto,
a verificare la reale destinazione dell'immobile per il quale si richiede
l'esenzione fiscale) attraverso le Prefetture.
Analisi dei rendiconti delle confessioni che hanno stipulato "intese" con lo Stato Comeè noto, le confessioni religiose (attualmente sei) che hanno stipulato "intese" ex art. 8, 3° comma, Cost., concorrono - insieme allo Stato ed alla Chiesa Cattolica - alla ripartizione della quota pari all'8 per mille del gettito IRPEF, secondo le scelte espresse dai contribuenti in sede di denuncia annuale dei redditi. Non solo: tenuto conto delle finalità di pubblico interesse che le confessioni perseguono, le diverse leggi di recepimento delle intese prevedono che le persone fisiche possano dedurre dal proprio reddito, agli effetti dell'IRPEF, le erogazioni liberali in denaro effettuate (fino a lire 2.000.000) in favore delle confessioni per il raggiungimento dei fini di queste (fini non solo di culto ma anche di assistenza, di istruzione religiosa, ecc.). A fronte di tali
agevolazioni, le confessioni beneficiarie trasmettono annualmente al Ministero
dell'Interno - Divisione culti diversi dal cattolico - un rendiconto relativo
alle somme ricevute ed all'utilizzo effettuatone; la Divisione interessata,
a sua volta, esamina i rendiconti, relazionando al Ministero del Tesoro
ed al Ministero delle Finanze.
Il decreto relativo alle festività religiose ebraiche La libertà religiosa comporta anche il diritto al riposo nei giorni delle festività del proprio culto (è un diritto che peraltro, al momento, trova attuazione solo per le confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato). Significativo, sotto tale aspetto, è il "Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi" (D.P.R. 9 Maggio 1994, n. 487) che all'art. 6 dispone che "le prove del concorso sia scritte che orali non possono aver luogo nei giorni festivi né, ai sensi della legge 8 Marzo 1989, n. 101, nei giorni di festività religiose ebraiche...". La citata legge n.
101/1989 è, come noto, quella che ha recepito l'intesa ex art. 8
Cost. con l'Unione delle Comunità ebraiche italiane, i cui art.
4 e 5 - dopo avere sancito il diritto degli ebrei di osservare il riposo
sabbatico e le festività religiose proprie della confessione (si
pensi alla "festa delle Capanne", al "Kippur", ecc.) - stabiliscono che,
entro il 30 Giugno di ogni anno, l'Unione comunica il calendario delle
festività cadenti nell'anno solare successivo al Ministero dell'Interno
(Divisione affari dei culti diversi dal cattolico) che ne dispone la pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
Le richieste di accesso agli atti d'archivio a fini di studi e ricerche Negli ultimissimi anni si assiste ad un forte interesse per la materia dei culti diversi dal cattolico: ne è riprova, tra l'altro, l'alto numero di studenti che, per la compilazione di tesi di laurea, chiede di avere colloqui e scambi di opinione con gli addetti all'Ufficio. Taluni studiosi chiedono inoltre di potere consultare gli archivi, da cui traggono preziosi spunti di riflessione che trovano spazio nella redazione di libri. Consapevole del vantaggio reciproco che viene dal confronto con il mondo accademico e con l'utenza in genere, la Divisione ha sempre manifestato la propria apertura ad ascoltare quesiti ed a mettere a disposizione di quanti abbiano interesse le conoscenze di cui è in possesso. Nell'ambito della Divisione degli affari dei culti diversi dal cattolico è stata inoltre formalizzata, nel '95, l'istituzione dell'"Osservatorio sulle libertà religiose". All'organismo è affidato sostanzialmente il compito di monitorare le realtà religiose diverse dalla cattolica presenti in Italia, al fine di avere, come si legge nel provvedimento istitutivo dell'Osservatorio stesso, una più approfondita conoscenza del fenomeno religioso in adesione alle raccomandazioni più volte formulate in sede comunitaria. Finalità ultima dell'Osservatorio è poi quella di proporsi quale raccordo per la soluzione di particolari quesiti da parte delle pubbliche amministrazioni e quale punto di raccolta delle eventuali denunce di violazioni del diritto di libertà religiosa. Il lavoro dell'Osservatorio ha messo in luce l'esistenza di oltre cinquecento realtà religiose (ma il dato non è ancora definitivo), distinte tra confessioni che hanno stipulato le intese ex art. 8, 3° comma, Cost., confessioni che le hanno richieste, enti di culto dotati di personalità giuridica ed organismi vari (enti di fatto, enti dotati di personalità giuridica in ordinamenti stranieri e che operano in Italia a condizioni di reciprocità ex art. 16 delle preleggi, enti che definendosi "laici" hanno chiesto ed ottenuto la personalità giuridica di diritto comune). Il monitoraggio ha evidenziato la presenza - oltre che di gruppi tradizionali quali ebrei, luterani, battisti, valdo-metodisti, ortodossi - anche di realtà profondamente diverse che coinvolgono milioni di persone: si tratta dei c.d. nuovi movimenti religiosi, espressione - questa - che, mutuata dal linguaggio anglosassone (new religious movements), è largamente utilizzata in alternativa al termine "sette" che, nella terminologia comune, sembra implicare un giudizio di valore negativo. Queste le nuove religiosità: dai gruppi cristiani e dai gruppi di matrice orientale, legati all'induismo e al buddhismo, a quelli che vengono chiamati del "potenziale umano" perché promettono un ampliamento del campo di coscienza della singola persona, dai gruppi ufologici o dei dischi volanti ai culti satanici, ed infine ai gruppi sincretistici ed a quelli esoterici. Ma è soprattutto la presenza islamica quella che occupa nel panorama religioso italiano il ruolo di maggior spicco, pur costituendo un fenomeno piuttosto recente, derivato - comè noto - dal consistente flusso immigratorio che peraltro ancora non si è concluso. Si tratta di una presenza essenzialmente maschile anche se soprattutto dal '91 si assiste al fenomeno dei ricongiungimenti familiari. Una determinazione quantitativa dei musulmani in Italia non è agevole e le stime proposte soffrono di buona approssimazione. Nel '94 gli immigrati originari da Paesi musulmani e legalmente presenti erano circa 305 mila. Accanto a questi vanno però considerate le presenze clandestine che ammontano a 150 mila - 200 mila persone e quelle dei musulmani italiani convertiti e in possesso della cittadinanza, circa 30 mila, secondo dati forniti dalle stesse organizzazioni interessate. Ma la questione dei
numeri è la meno rilevante nellesame del fenomeno religioso islamico
in Italia; infatti la diffusione dellislam va considerata soprattutto
sotto laspetto qualitativo. Ed è pertanto opportuno che lo Stato
soddisfi le esigenze della comunità musulmana che non contrastino
con lordinamento giuridico. Ma se lItalia deve compiere passi verso la
comprensione e accettazione degli islamici è altrettanto auspicabile
che questi vadano incontro al mondo occidentale e che le due culture si
confrontino in modo sempre più costruttivo.
Enti di culto dotati di personalità giuridica Al 15/4/1998 gli Enti di Culto diversi dal Cattolico dotati di personalità giuridica ammontano a 95.
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