Rapporto medico su teoria e terapia di DIANETICS Del Dott. J.A. Winter. Introduzione di Frederick Perls, M.D., Ph.D. - Julian Press, Inc., New York - copyright 1951. Traduzione e note a cura di Martini. Si ringrazia Joe Cisar per il voluminoso archivio storico che gestisce, da cui proviene questo estratto.
Introduzione
Nella primavera del 1950 nelle librerie statunitensi apparve un nuovo libro. Sebbene non fosse stato preventivamente pubblicizzato vendette migliaia di copie e in breve tempo arrivò ai primi posti delle classifiche dei best seller. Il titolo era Dianetics: La Scienza Moderna della Mente (Hermitage House, Inc., New York); il suo autore un noto personaggio conosciuto nei circoli della fantascienza: L. Ron Hubbard. Non deve sorprendere il fatto che un libro che trattava i problemi del funzionamento della mente avesse avuto una vasta presa popolare. Per migliaia di anni l'uomo ha cercato di conoscere la natura della sua mente; sul soggetto sono stati scritti milioni di parole, e la ricerca continua incessantemente. Il fatto stesso che così tanto sia stato scritto e che la ricerca sul funzionamento della mente attiri tanta attenzione indica una cosa ben chiara ai più: ancora non siamo completamente soddisfatti dallo stato della nostra conoscenza. Si dà il caso che io sia una di quelle persone insoddisfatte di ciò che conosce e che cerchi una migliore comprensione della natura dell'Uomo e della sua mente. L'aver scelto la professione medica mi ha reso perfettamente consapevole delle limitazioni della nostra attuale conoscenza, e ha stimolato in me il desiderio di scoprire il più possibile sulle cause del comportamento umano in tutte le sue manifestazioni. Durante gli anni di formazione e pratica medica ho cercato costantemente di mantenermi aperto alle possibilità di approfondire la mia conoscenza. Una occasione per conoscere di più sul comportamento umano mi venne presentata nel 1949, quando facevo il medico in Michigan. L'opportunità mi si presentò forse per una serie di coincidenze fortuite, ma non fu una coincidenza il fatto che mi trovassi nello stato d'animo adatto per una nuova idea. Da parecchi anni esercitavo come medico generico; come parte del mio orientamento fondamentale verso la disciplina pensavo che per me fosse importante conoscere i miei pazienti come persone piuttosto che come casi di malattie. Ritenevo altrettanto necessario aiutare i miei pazienti nei loro problemi, oltre che nei loro malanni fisici, e avrei avuto veramente poco spirito d'osservazione patologica se non avessi notato come il modo di porsi davanti ai casi della vita aveva effetti sulla resistenza alle malattie e sulla capacità di recupero. Anche la mia formazione aveva avuto la sua parte nella conoscenza di quanto ora è nota come Dianetics. Da molti anni scrivevo articoli di divulgazione medico-scientifica e alcuni dei miei lavori erano stati pubblicati su Astounding Science Fiction, una rivista curata da John W. Campbell Jr. A dispetto del suo nome stravagante, questa pubblicazione ha un grosso seguito tra chi ha una formazione scientifica: l'80% dei suoi lettori è laureato e tra gli autori troviamo famosi medici, chimici, ingegneri, fisici e astronomi. Nel Luglio del 1949 ricevetti una lunga lettera del Sig. Campbell che mi illustrava alcune indagini che probabilmente avrebbero suscitato il mio interesse. Mi disse che: «L. Ron Hubbard, uno scrittore, ha fatto alcune ricerche psicologiche […] e ha ottenuto risultati importanti. Il suo approccio, di fatto, è basato sui lavori iniziali di Freud, su lavori di altri e su molta ricerca originale. Non è uno psicologo o psichiatra professionista […] fondamentalmente è un ingegnere. Per ottenere risultati ha affrontato il problema psichiatrico da un punto di vista euristico - […] ecco i risultati a cui è giunto. Risposi alla lettera del Sig. Campbell richiedendo maggiori informazioni sul lavoro di Hubbard. A stretto giro di posta ricevetti un'altra lettera che discuteva a lungo sulle reazioni a questo tipo di terapia, e su alcune implicazioni degli effetti aberranti delle informazioni ricevute durante periodi di incoscienza. Concludeva dicendo che: «si tratta di scorciatoie inesplorate, indicate in modo semplice e vago dal solido lavoro effettivamente svolto da Hubbard. Esiste solo un fatto statisticamente importante che penso dovrebbe essere trattato. È stata fatta ricerca; Hubbard ci ha lavorato sopra con un vero programma di ricerca, cercando di scoprire che cosa causava cosa, e come aggiustarlo. Perciò, con la collaborazione di alcune istituzioni e alcuni psichiatri, ha lavorato su tutti i tipi di casi possibili. Schizofrenici istituzionalizzati, apatici, maniaci, depressi, pervertiti, balbuzienti, nevrotici - in tutto quasi 1000 casi. Ma solo un piccolo campione per ogni tipo; non possiede statistiche accurate in senso corrente. Ma ha una statistica. Ha guarito ogni paziente su cui ha lavorato. Ha guarito ulcere, artriti, asma.» Ancora una volta ero consapevole delle perplessità che affliggono tutti i medici - il "perché" del comportamento umano. Ripensavo a tutte le domande senza risposta, o a cui erano state date risposte equivoche o a tentativi - domande fatte poco di frequente a causa della loro presunta impossibilità a trovare risposte. Perché il Sig. M. aveva tentato il suicidio? Perché la Sig.ra E. aveva iniziato a sentire voci che le dicevano di uccidere suo figlio in fasce? Perché un uomo intelligente come il Sig. P. riteneva necessario bere un quarto di whiskey ogni giorno? Perché la Sig.ra T. aveva una occlusione coronarica? L'elenco di domande che iniziano con "perché" avrebbe potuto proseguire all'infinito. E tutte avevano un elemento in comune: sapevo che per esse non c'erano risposte soddisfacenti. Le "risposte" e le spiegazioni che avevo appreso alla scuola medica e che passavo ai miei pazienti erano superficiali, e prendevano in considerazione solo il collegamento immediatamente precedente nella linea della casualità. Un paziente mi chiedeva «Perché avviene una occlusione coronarica?» e io rispondevo prontamente «Perché c'è un restringimento del lume delle arterie coronariche» e lui pareva soddisfatto. Io comunque non ero soddisfatto da quel tipo di risposta, e neppure trovavo soddisfacenti le spiegazioni di "predisposizione familiare" o "difese abbassate". Una spiegazione per la causa di malattia dovrebbe comprendere, per essere soddisfacente, i sistemi di cura della malattia stessa. Se mi si spiega la febbre tifoide come una punizione inflitta da un Destino Malvagio o dal capriccio degli Dei non potrà esistere cura razionale; quando si è scoperto che era una infezione che derivava dall'acqua, la professione medica ha potuto fare qualcosa per prevenirla. Inoltre ero dell'opinione che le domande sulle cause di malattia potessero trovare risposte solo considerando il paziente da un punto di vista olistico. Considerare il diabete come una malattia del pancreas conduce ad un cul-de-sac terapeutico - si potrebbe curare questa condizione solamente con mezzi sostitutivi dando al paziente l'ormone che apparentemente manca. Ma che dire della donna, prima sana, che ha sviluppato una grave forma di diabete appena dopo il suicidio del marito? Il proiettile che ha ucciso l'uomo sicuramente non ha colpito il pancreas della donna - ma per lei è come se l'avesse fatto. Nel mio sforzo di considerare la persona come un organismo complessivo mi ero interessato di endocrinologia, facendo mia l'idea che il sistema endocrino fosse un mezzo per integrare la risposta totale della persona agli stress ambientali. Avevo scoperto che un uomo che non riesce a pensare chiaramente, è nervoso e irritabile, poteva essere aiutato somministrandogli sostanze androgene; che una donna che importuna il marito poteva smetterla se le fosse stato somministrata una sufficiente quantità di estrogeni. Alcuni dei miei risultati erano stati buoni, ma ero consapevole di quanto fossero limitati. Non potevo prevedere con accuratezza quanto efficienti potessero essere i miei metodi, e nemmeno indovinare per quanto tempo sarebbero durati gli effetti benefici. Avevo inoltre scoperto che potevo avere effetti simili a quelli endocrini semplicemente dando assistenza e consigli; aiutare la persona a risolvere un dilemma discutendo apertamente e amichevolmente spesso aveva la stessa efficacia di una iniezione ipodermica di ormoni. Per un anno avevo partecipato part-time ad una ricerca dell'Università dell'Illinois nella speranza di aumentare le mie conoscenze dell'uomo-come-insieme; al contrario avevo trovato, nei circoli accademici, la tendenza ad una ulteriore compartimentalizzazione del paziente, con una desolante assenza della concezione olistica. Mi ero anche interessato di Semantica Generale - e pur trovandomi d'accordo con Korzybski che «la parola non è l'oggetto» non trovavo spiegazioni soddisfacenti innanzitutto al fatto che fosse stata possibile una tale confusione tra i livelli di astrazione. A causa del mio eclettismo non mi fu difficile decidere che le idee di Hubbard meritavano più di un rapido accantonamento; ignorarle avrebbe potuto privare la professione che avevo scelto di una metodologia forse di valore. Perciò mi misi in comunicazione con Hubbard e gli suggerii di presentare le sue idee alla professione medica per ottenere considerazione. Gli spiegai che avevo amici a Chicago, noti in campo psichiatrico, che potevano essere interessati all'esame dei risultati che aveva ottenuto, e a testare i suoi metodi. Ricevetti una cortese risposta in cui mi informava che: «invece di una vaga lettera sto preparando un manuale operativo che lei potrà usare […] ho certamente apprezzato il suo interesse. La mia vanità spera che darà credito ai miei undici anni di ricerca non remunerata, ma la mia umanità spera innanzitutto che questa scienza verrà usata il più intelligentemente e largamente possibile, perché si tratta di una scienza e produce risultati esatti in modo uniforme e può, penso, essere di beneficio.» «Gli articoli che suggerisce sarebbero più accettabili se venissero da una penna diversa dalla mia.» «Non dovrebbe sorprendere il fatto che su tutto questo abbia speso undici anni di ricerca. Dopo tutto sono un matematico esperto e ho studiato molto bene la mia teoria delle equazioni […] il lavoro di Abnormal Dianetics è arrivato ora al punto da poter essere efficacemente e diffusamente usato con risultati esattamente prevedibili, e successo uniforme […] Quando un buon operatore lavora su un paziente, sia egli 'sano' o 'pazzo' ma non fisicamente nevrastenico, otterrà un 'clear' in 100 casi su 100. ["Clear": lo stato postulato da Hubbard come risultato della terapia di Dianetics; in un certo senso l'obiettivo della terapia stessa. Questo concetto viene largamente discusso nel libro.] Non esistono 'casi speciali' di diagnosi in cui l'operatore debba usare l'ingegno o la fantasia contro uno di questi impedimenti "auto-generati". Una approfonditissima ricerca non ha localizzato eccezioni agli assiomi, e la diffusa applicazione casistica non ha scoperto eccezioni alla tecnica di trattamento - tutto si arrende. Vennero fatte parecchie copie del manuale che Hubbard aveva inviato, e due furono mandate a miei colleghi di Chicago. Entrambi espressero interesse per la genuinità delle idee, ma erano fortemente scettici sull'efficacia del metodo. Dai loro commenti conclusi che nessuno dei due progettava di fare ulteriori indagini. A dispetto delle loro reazioni negative decisi di continuare lo studio del manuale e cercai di applicarne la tecnica ad una delle mie pazienti che presentava una malattia piuttosto strana, all'apparenza psicosomatica, che era stata diagnosticata come una forma atipica di epilessia. I miei tentativi di produrre con lei i risultati di Hubbard non ebbero successo; quando gli richiesi approfondimenti Hubbard rispose che avevo lavorato su un incidente della vita recente invece di cercare la causa di base all'inizio della vita - forse addirittura prenatale. In numerose occasioni fui tentato di liquidare l'intero concetto come un ideale ingegnoso ma inefficace, e di concentrarmi sulla pratica della medicina convenzionale, ma intervenne un fatto, parte della mia pratica. Stavo lavorando per il Tribunale della Libertà Vigilata che, in Michigan, ha giurisdizione sui malati di mente e sulla delinquenza minorile. Venivo chiamato a esaminare una gran varietà di persone che presentava problemi di disadattamento sociale, e dovevo consigliare l'eventuale istituzionalizzazione statale per cura e trattamento. Nell'esaminare questi disadattati ebbi numerose opportunità di discutere il loro problema sociale con persone specializzate nel campo. I giudici, gli psichiatri e gli assistenti sociali con cui parlavo erano unanimi nell'esprimere l'insoddisfazione per le attuali metodologie sociali, e con poche speranze di migliorare il sistema. Quando discussi con loro le idee di Hubbard osservai scarso entusiasmo, qualcosa che potrebbe essere espresso come «Se funzionasse sarebbe una gran bella cosa; provalo e poi sappimi dire.» In altre parole, i miei tentativi di interessarli ad indagini su Dianetics incontrarono incoraggiamento verbale, ma nessuna collaborazione fattiva. Per come la vedevo, all'epoca si poteva trarre una sola conclusione: se qualcuno, in campo medico, doveva indagare su Dianetics quel qualcuno dovevo essere io. Conclusi anche che le spiegazioni per corrispondenza non mi avrebbero insegnato ad usare le tecniche di Dianetics, ma dovevo osservarla in azione. Mi organizzai per trascorrere circa una settimana nel New Jersey dove, all'epoca, viveva Hubbard. Mi aveva invitato a stare da lui in maniera molto ospitale, dicendomi che avrei avuto la possibilità di osservare le sue tecniche, usarle sui pazienti che aveva in cura e passare ore tutti i giorni a guardarlo mentre mandava questa gente «giù lungo la traccia del tempo.» Dopo aver osservato le reazioni degli altri conclusi che l'apprendimento della tecnica sarebbe stato rafforzato se io stesso mi fossi sottoposto alla terapia. Presi posto sul divano, passando una media di tre ore quotidiane cercando di seguire le istruzioni per ricordare gli "impedimenti". L'esperienza mi affascinava; scoprii che potevo ricordare molto più di quel che pensavo, e sperimentai di frequente il disagio che ora è conosciuto come "restimolazione". Mentre ascoltavo Hubbard che "percorreva" uno dei suoi pazienti, o mentre venivo "percorso" io stesso mi trovavo a sviluppare innumerevoli dolori in varie parti della mia anatomia, oppure mi sentivo estremamente stanco e sonnolento. Avevo incubi in cui mi sentivo soffocare, o in cui mi venivano tagliati i genitali, ed ero convinto che Dianetics, come metodo, potesse produrre effetti. Osservai che questi momenti di disagio generalmente precedevano una seduta in cui la profondità dell'introspezione era maggiore, perciò sviluppai una tolleranza al mio stesso disagio - un attributo che in precedenza mancava. L'idea che il disagio preannunciasse sollievo e introspezione mi sembrava incoraggiante. In generale sentivo che dai metodi terapeutici di Hubbard stavo ottenendo qualche beneficio; ero al contempo consapevole delle possibili inaccuratezze di una valutazione soggettiva sui miei propri progressi; perciò cercai di riparare osservando da vicino gli altri pazienti. Durante questo breve periodo di osservazione mi fu possibile notare solamente le differenze nel comportamento prima e dopo le sedute di terapia. I cambiamenti erano evidenti: prima della seduta vedevo agitazione, depressione e irritabilità; dopo la seduta il paziente era vivace e rilassato. Un giorno rimasi stupefatto nell'osservare uno dei pazienti farsi prendere da un moto incontrollabile di risa; quel giorno era entrato in seduta all'apparenza molto depresso e introvertito, e il materiale uscito dalla seduta non sembrava di grosso rilievo. Improvvisamente, nel ricordare una frase, cominciò a ridere di cuore e continuò per più di un'ora. Le risate andarono avanti così a lungo, ed era possibile ri-provocarle con semplici battute, che sospettai potesse trattarsi di mania acuta o di ebefrenia. Ne feci accenno ad Hubbard il quale disse che nel passato aveva spesso osservato questo fenomeno, e che era caratteristico di ogni caso in cui erano presenti molta paura o terrore. Era come se la frase che il soggetto aveva richiamato alla memoria contenesse una terrificante minaccia, e realizzare la fondamentale stupidità dell'associazione di quelle parole alla paura scatenava il riso. Oltre a questo non mi offrì altre spiegazioni teoriche del fenomeno. Poco dopo le risate del paziente si calmarono e non sembravano avergli fatto male. Dopo tre settimane venne a trovarmi mia moglie dal Michigan. Nel rapporto con lei ebbi l'opportunità di confrontare le mie reazioni e atteggiamenti del momento con lo stato pre-dianetic. Sentivo che la mia capacità di comunicare con lei era migliorata, ed ora sembravo in grado di provare ed esprimere una profondità affettiva che non avevo mai provato in precedenza. Durante la sua permanenza osservò parecchie sessioni della mia terapia e di quella degli altri pazienti, e lei stessa famigliarizzò con i punti più importanti della tecnica. Provai su di lei le mie abilità con la nuova terapia ed osservai i segni dello stato ora conosciuto come "reverie" - palpebre tremolanti, respirazione più profonda, minor consapevolezza dell'ambiente circostante. Naturalmente ero cosciente delle similitudini tra tutto questo con lo stato ipnotico; certe caratteristiche comunque apparivano diverse. Mia moglie raccontò che la ripetizione di certe frasi le provocava disagio in varie parti del corpo, e che la ripetizione continua della frase veniva associata a un decremento dell'intensità dello stesso. Dopo una settimana tornò a casa, mentre io rimasi a Bay Head determinato a continuare la mia indagine su Dianetics. La mia valutazione continuava ad essere ambivalente. Ero certo che le tecniche fossero perlomeno efficaci: applicando certi principi di Dianetics si potevano produrre certi effetti che, per quanto avevo potuto determinare, non erano mai stati osservati prima nonostante certi aspetti fossero noti. A partire da Freud fino a Flanders Dunbar, si era riusciti a dimostrare questo o quel tipo di associazione tra parole e malattia. Per esempio si sapeva che un paziente potrebbe sentire dolore alla zona del collo perché per lui sua moglie è un "dolore al collo" [la locuzione inglese pain in the neck è l'equivalente dell'italiano rompiscatole -n.d.t.], e sistemare i conflitti matrimoniali a volte guarisce il paziente dal dolore. Però non conoscevo lavori in cui fosse stato possibile far sviluppare il dolore al paziente ripetendo una frase, e poi far scomparire il dolore continuando a ripeterla. Questa relazione specifica causa-effetto tra parole e disfunzione era nuova - e sembrava offrire un mezzo fino ad allora sconosciuto per manipolare la funzione del cervello. Si potevano dire molte cose a favore di Dianetics, ma c'erano anche alcuni punti criticabili. La mia formazione medica e i miei studi in Semantica Generale mi rendevano estremamente esitante nell'accettare grandi generalizzazioni e affermazioni assolute: ero orientato verso una realtà basata sulla probabilità statistica piuttosto che su una logica a due valori. La filosofia di Dianetics, come mi era stata proposta, mi sembrava abbondasse del tipo di concetti che tendevo sempre a mettere in discussione. Inoltre per questi fenomeni continuavano a venirmi in mente possibilità di spiegazioni alternative. Un riassunto attento di quanto avevo appreso mi portò alle seguenti conclusioni: c'erano alcune osservazioni che mi sembravano originali, e una ipotesi che offriva una spiegazione sperimentale accettabile. Quanto avevo osservato non era spiegato in nessuna teoria della psicologia convenzionale che conoscessi, ergo Dianetics meritava almeno ulteriori indagini. La mia terapia continuò; passai attraverso l'esperienza di essere attanagliato dal terrore all'idea di rievocare la morte di mia nonna, e trovare questo terrore dissolto in singhiozzi e lacrime quando rividi una scena dell'infanzia in cui per la prima volta mi si diceva che accade quando una persona muore. Vedevo gli altri sperimentare liberazioni emotive simili, o scaricare emozioni durante il racconto di situazioni comparabili, e vedevo come il terrore era seguito dal pianto, le lacrime risultavano in un atteggiamento di vivace accettazione che potrebbero essere espresse come «bene, adesso ho capito. Cosa viene dopo?» Per la Festa del Ringraziamento tornai qualche giorno in Michigan e trovai mio figlio di sei anni in difficoltà. Qualche settimana prima era stato a una recita della scuola superiore in cui una delle figure era un fantasma, vestito nel solito lenzuolo bianco. Quella notte aveva iniziato ad aver paura del buio e rifiutava di stare solo al piano di sopra, pretendendo che tutte le luci fossero accese. Gli chiesi che motivo c'era di aver paura del buio, e mi rispose: «È dove stanno i fantasmi.» «Perché dovresti aver paura dei fantasmi?» gli chiesi. Mi guardò in modo molto serio e tremando mi disse «ti strozzano.» Ricordai che al momento della nascita aveva avuto grosse difficoltà. C'era stato un distacco prematuro della placenta, e per farlo nascere era stato necessario farlo girare ed estrarlo. Mia moglie mi aveva anche detto che immediatamente dopo la nascita aveva avuto difficoltà respiratorie. Tutto questo mi diede un'idea sulla possibile causa delle sue attuali paure, quindi lo feci sdraiare e gli dissi di chiudere gli occhi. Iniziai la procedura della conteggio che all'epoca veniva usata per assistere il paziente nel processo della rievocazione. Gli suggerii: « Andiamo alla prima volta che hai visto un fantasma. Puoi vederlo?» «Sì» «Com'è?» «Indossa un lungo grambiule bianco, ha in testa un cappellino bianco, e in bocca un pezzo di stoffa bianca.» A questo punto notai che la respirazione gli era diventata difficile, e si divincolava sul divano in stato di agitazione. «Come si chiama il fantasma?» «Bill S.[hort]» rispose. Era il nome dell'ostetrico che l'aveva aiutato a nascere. Lo feci guardare il "fantasma" qualche altra volta e mentre lo faceva osservai che il ritmo respiratorio andava lentamente calando, la tensione generale veniva rimpiazzata da un atteggiamento più rilassato e che le contorsioni erano notevolmente diminuite. Quando, dopo essermi fatto ripetere il racconto dieci o dodici volte, era stata apparentemente raggiunta la massima rilassatezza gli dissi di aprire gli occhi. È passato più di un anno da quella breve session con mio figlio e da allora non ha più manifestato paura del buio. Mia moglie ed io abbiamo più volte discusso sulla validità del ricordo di mio figlio e abbiamo cercato di determinare se poteva aver avuto questa informazione da qualche altra fonte. Siamo certi di quanto segue: non ha mai visto il Dr. S. vestito con grembiule e cappellino da chirurgo, eccetto che al momento della nascita; non gli è mai stato detto che al momento della nascita aveva avuto difficoltà respiratorie. Per quel che ne sappiamo, non ha mai più visto il Dr. S. dopo aver lasciato l'ospedale, ed aveva appena due settimane. È anche interessante notare che il Dr. S. è stato mio compagno di scuola, e che lo chiamiamo per nome e non con il suo titolo; pare quindi che mio figlio non sapesse che "Bill" era anche medico, e che gli effetti terapeutici fossero stati ottenuti senza realizzare il ruolo che "Bill S." aveva avuto nella sua vita. Non posso offrire spiegazioni sul perché mio figlio abbia detto "Bill S." invece di "Dr. S.", rimane il fatto che mio figlio l'ha detto. Penso comunque che la validità di questo dato abbia una importanza secondaria; non sto cercando di portare "prove" e neppure di dimostrare l'efficacia del metodo. Quanto tornai nel New Jersey dopo il Ringraziamento continuai la terapia con Hubbard e feci anche un po' di lavoro preliminare per la presentazione di Dianetics al mondo medico. La nomenclatura si dimostrò essere il maggior ostacolo per esprimere i concetti di questo nuovo metodo di approccio alla malattia mentale. Hubbard aveva usato la parola "impedimento" per definire un momento di dolore, incoscienza e minaccia alla sopravvivenza che pensava risultare nel comportamento aberrato del paziente. Noi (Hubbard, Campbell ed io) pensavamo che questa parola dovesse essere scartata perché era troppo lunga e poteva essere confusa con altri usi, tipo un impedimento nel parlare. Dopo lunghe discussioni concludemmo che la terminologia dovesse essere rivista tenendo a mente il seguente criterio: dovevamo evitare terminologia vecchia o proveniente da altri campi medici, poiché l'accettazione di un termine da parte di una certa scuola di pensiero poteva sottintendere l'accettazione dei principi di quella scuola. Piuttosto che creare confusione tra l'"inconscio" Freudiano e il concetto dianetico di incoscienza avremmo coniato un nuovo termine. In secondo luogo le parole di uso comune potevano essere associate, nella mente di qualche paziente, con il dolore e dovevano quindi essere evitate. In ultimo, alcuni dei concetti di Dianetics non potevano essere espressi accuratamente con i termini che avevamo a disposizione. Per esempio, noi trattavamo con "memorie" non facilmente richiamabili alla mente - come potevamo perciò definirle? Avremmo potuto riferirci a "esperienze dimenticate del passato" ma la locuzione era ingombrante e scorretta, visto che il paziente si comportava come se non avesse mai dimenticato questi eventi traumatici. Mentre il termine Freudiano di "memoria repressa" poteva essere in qualche modo considerato parallelo, venne scartato a causa dell'approccio un po' diverso di Dianetics, sia nella teoria che nella metodologia. Furono suggerite diverse alternative. Il fenomeno di coscienza-meno-che-completa fu chiamato anaten, condensato delle parole "analizzatore attenuato". Quel che si chiamava "impedimento" venne ora definito norn, nome delle Norse dee del Fato che controllavano il destino dell'Uomo e gli facevano mantenere una determinata condotta, nolens volens. Questi termini furono usati nell'articolo di Hubbard apparso nel numero di Maggio 1950 di Astounding Science Fiction: si trattava della prima apparizione su carta stampata del soggetto Dianetics. Provai un altro approccio al problema della terminologia usando lo schema convenzionale medico della costruzione di neologismi con radici greche. Come sostituto di "impedimento" proposi la parola comanome, da "coma", cioè incoscienza, e "nomos" cioè legge. Un comanome perciò era sia una legge inconscia che la legge dell'incoscienza. Invece che chiamarla "incoscienza" usai la parola allocoma, un diverso tipo di incoscienza, per sottolineare la differenza tra il senso comune della parola e quello di Dianetics. Ulteriori discussioni portarono a insoddisfazione per ognuna delle tre parole, e alla fine venne deciso di usare il termine engram, definito da Dorland come «segno o traccia duratura. Il termine si applica alla traccia definita e permanente lasciata da uno stimolo nel protoplasma di un tessuto. In psicologia è la traccia duratura lasciata nella psiche da qualsiasi cosa sperimentata fisicamente; una immagine memorizzata latente.» [1] Si dovrebbe notare che questo termine non fu preso a prestito da Semon, come qualcuno ha suggerito. All'epoca in cui il termine fu scelto, il nostro gruppo non conosceva il lavoro di Semon [2]. Venne preparato un documento da sottoporre informalmente ad uno degli editori del Journal of the American Medical Association; il documento usava terminologia di derivazione greca e faceva un breve riassunto dei principi e della metodologia della terapia di Dianetics. L'editore mi informò che la relazione, così come era stata scritta, non conteneva prove di efficacia sufficienti per essere considerata accettabile, ed inoltre era più adatto ad una rivista che trattasse psicoterapia. Una revisione del documento, insieme ad alcune cartelle cliniche che mi aveva dato Hubbard, furono sottoposte all'American Journal of Psychiatry; venne di nuovo rifiutato sulla base delle prove insufficienti. In questo periodo tra di noi discutevamo molto sulla teoria della valenza. Era stato osservato che, quando una persona agiva in modo aberrato, usava di solito una serie di frasi fatte che generalmente non erano completamente appropriate alla situazione. A volte usava piccoli manierismi tipo un colpo di tosse, schiarirsi la voce o grattarsi la testa, in accompagnamento a questa condotta meno-che-ideale. Venne suggerito che le frasi e i manierismi erano stati usati dalla persona da cui il paziente aveva appreso il modello-risposta, e che il paziente stava assumendo il ruolo o la valenza della persona che stava imitando. Fu inoltre osservato, durante la terapia, che un paziente potrebbe non ricordare la situazione dal suo punto di vista ma potrebbe ricordarla più facilmente se gli si permettesse di assumere il punto di vista, o la valenza, della persona più di successo nella situazione. Ulteriori osservazioni ci portarono a scoprire frequentemente che alcuni pazienti agivano come se fossero completamente incapaci di ricordare sensazioni ed emozioni dell'episodio doloroso; al contrario identificavano sé stessi con, e drammatizzavano, il comportamento di questa altra persona di successo - o valenza vincente come la chiamava Hubbard. Divenne piuttosto evidente che un gran numero di comportamenti aberrati era caratterizzato da queste drammatizzazioni. Divenne anche chiaro che più queste drammatizzazioni venivano scoperte e ci si avvicinava agli episodi con la terapia di Dianetics, meno bisogno aveva la persona di adottarle in senso comportamentale; come conseguenza era maggiormente in grado di vivere la sua realtà propria o, come la metteva meccanicisticamente Hubbard, «entrare nella propria valenza». Per le vacanze di Natale tornai di nuovo a casa, in Michigan. In quel periodo diedi agli amici numerose dimostrazioni delle tecniche di Dianetics. L'episodio che scelsi per indagare a scopo dimostrativo fu la nascita, che ritenevo essere sufficientemente drammatica per fare impressione su chi era sicuro di non poter ricordare nulla di quanto accaduto prima dell'età di tre anni. I soggetti rispondevano come previsto: sviluppavano il mal di testa caratteristico, venivano loro dette certe frasi appropriate e il dolore diminuiva con la ripetizione delle frasi. Fui piuttosto sorpreso nello scoprire che due dei miei amici, circa tre giorni dopo la dimostrazione a cui avevano preso parte, avevano sviluppato una infezione alle alte vie respiratorie. Un caso fu così grave che la persona dovette assentarsi dal lavoro per parecchi giorni. Questa successione di eventi mi spinse a chiedermi se Dianetics fosse veramente così priva di rischi come ero stato indotto a credere. Durante la permanenza a casa giunsi alla conclusione che non sarei mai più stato soddisfatto come prima della pratica medica. Una delle sue fasi che mi aveva sempre sconcertato era la difficoltà a prevedere la reazione del paziente ad una certa forma di terapia. Con Dianetics la prevedibilità dei risultati sembrava essere estremamente alta. Inoltre le potenzialità intrinseche della filosofia di Dianetics erano così grandi che mi sentivo sfidato a fare tutto il possibile per contribuire a mettere a punto la sua fattibilità. Pensavo che la pratica medica fosse in procinto di essere toccata in modo costruttivo. Volevo riuscire nel compito di rendere Dianetics un utile strumento nelle mani della professione medica, e sapevo che non sarei stato soddisfatto fino a che non avessi acquisito più esperienza nell'uso delle sue tecniche. Pensavo anche che certi aspetti delle ipotesi necessitassero revisione e chiarimento, ed ero ansioso di studiarli. Andai nel New Jersey il tempo sufficiente per trovare una casa, quindi tornai in Michigan e vendetti lo studio, e con mia moglie e i miei bambini ci trasferimmo nella nuova casa. Poco dopo esserci stabiliti in New Jersey acquisii una paziente che aveva avuto qualche precedente esperienza con la terapia di Dianetics, nel tentativo di alleviare uno stato di terrore cronico. L'esame fisico la mostrò in generale buona salute, le sue difficoltà erano prevalentemente psichiche. Raccontò che i risultati ottenuti dalla terapia erano stati infinitesimali. Da ulteriori domande scoprii che fino a cinque anni aveva parlato una lingua straniera, e che non aveva fornito questa informazione al suo precedente terapeuta. Il fattore linguaggio venne tenuto in considerazione quando si tornò in terapia; nel raccontare i primi "engram" le parole venivano ripetute nella lingua che parlava in origine. Ben presto ci fu un notevole miglioramento e divenne molto meno paurosa e in grado di partecipare ad incontri sociali con grande agio. Per me si trattò di una osservazione estremamente interessante: offriva una prova suggestiva del fatto che queste "memorie" extra-coscienti fossero ricordate come suoni e non come parole compiute. In quel periodo Hubbard aveva iniziato a scrivere il suo libro, ed era così immerso nel lavoro che avevo poche opportunità di vederlo. Sapevo che aveva deciso di scrivere un libro indirizzato ai profani piuttosto che alla professione medica; pensava che l'interesse professionale sarebbe stato stimolato più rapidamente se prima si fosse informato il pubblico, piuttosto che avere il pubblico che spingeva i dottori a scoprirne di più sulle tecniche del nuovo approccio terapeutico. L'articolo che doveva apparire su Astounding Science Fiction era stato completato e ne era già stata prevista la data di pubblicazione. Mr. Campbell aveva informato i suoi lettori del pezzo in uscita, e cominciavano ad arrivare richieste da lettori interessati. Una richiesta pervenne da un giovanotto, studente a una scuola professionale di New York City, la cui moglie era ricoverata dall'inizio dell'anno per un inguaribile caso di diarrea. Il medico che l'aveva in cura aveva fatto una prognosi piuttosto preoccupante, e c'erano forti possibilità che non sarebbe sopravvissuta per più di un mese. [tagliate alcune pagine che descrivono lo stato della donna - veramente triste. Il Dott. Winter prosegue a narrare…] Non cercai di istruirla sulla terminologia di Dianetics, le chiesi semplicemente di stendersi e rilassarsi, ad occhi chiusi. Le dissi di non cercare di "ricordare" qualcosa, ma semplicemente dirmi qualsiasi pensiero le venisse a mente senza cercare di valutarlo. Per prima cosa le chiesi di considerare la sua malattia e di pensare alla sua dissenteria, poi le chiesi di dirmi la prima parola che le veniva alla mente. Rispose «Sporco». Le chiesi di ripetere la parola e di andare indietro ad un momento in cui qualcuno gliela diceva. «Sporco…sporco…sporco è divertente! Riesco a sentire mia madre che me lo dice.» Le chiesi di rispondere alla mia successiva domanda con il primo numero che le veniva in mente, quindi bruscamente dissi «Quanti anni hai?» «Sei» «Sei cosa?» «Sei settimane. È stupido, non posso essere in grado di ricordare niente di quell'età.» Sottolineai di nuovo che non doveva cercare di valutare la validità delle sue risposte, ma di accettarle per quel che erano - risposte. A questo punto le chiesi di continuare a ripetere la parola "sporco". Lei interruppe la ripetizione dopo pochi secondi dicendo «Mia madre mi sta sculacciando, riesco a sentirlo e mi fa male!» Continuò a ripetere la parola, quindi la ampliò nella frase «sei sempre sporca.» Dopo alcune ulteriori ripetizioni sbadigliò; quando le chiesi del disagio alla zona dei glutei mi fece notare che era scomparso. Lavorai con lei in questo modo per circa due ore, toccando alcuni incidenti come l'essere stata testimone di una emorragia cerebrale della madre. Raccontò che aveva urlato al medico di «fare qualcosa». Mi raccontò un altro incidente in cui suo padre si lamentava che «Tutti gli altri ottengono quello che vogliono; tutto quel che riesco ad avere io è merda.» Era piuttosto riluttante a verbalizzare questa volgarità di cinque lettere; dal modo in cui i suoi lineamenti si contorsero e dall'agitazione sul divano si poteva capire che la parola le causava forte disagio. Dopo dieci o quindici ripetizioni l'agitazione si calmò; qualche ulteriore racconto e le parole della frase "persero significato". Alla fine della seduta disse di sentirsi bene, sebbene fosse leggermente affaticata. [la donna migliorò e venne dimessa. La diarrea si arrestò completamente e riacquistò peso, circa 10 chili in sei settimane.] Fui molto contento dei risultati che questa ragazza sembrava aver ottenuto dalla terapia di Dianetics. Non li consideravo una guarigione permanente - e sviluppi successivi suggeriscono che Dianetics come praticata all'epoca non necessariamente otteneva "guarigioni". La cosa per me importante era che una tecnica psicoterapeutica producesse risultati immediati in un caso refrattario alle solite misure mediche e psichiatriche. L'uso di un tipo di trattamento basato su una ipotesi di funzionamento mentale era stato efficace nel fermare un processo che stava conducendo rapidamente alla morte. [...] Il lavoro successivo consisteva nello scoprire le eccezioni a questa ipotesi, le aree in cui non funzionava - testarle il più rigorosamente possibile. [Nel caso seguente il paziente era migliorato, ma…] Pensavo che il suo miglioramento potesse essere attribuito sia all'ambiente differente che alla terapia che aveva ricevuto… Hubbard aveva sostenuto (e ha espresso questa affermazione anche nel suo libro) che letteralmente chiunque può praticare Dianetics […]. «Se Dianetics potesse essere praticata da chiunque e fosse disponibile a tutti - forse potrebbe essere l'inizio dell'Età dell'Oro di una grandissima sanità mentale.» I miei sforzi per insegnare a questo paziente come "audire" non ebbero successo; scoprii presto che sia l'affermazione di Hubbard che le mie speranze erano inaccurate. […] Quando venne suggerito di affidarmi l'incarico di direttore medico [della Hubbard Dianetic Research Foundation, inc. 1950] accettai senza esitazione perché intravedevo una opportunità per continuare le mie indagini sulla mente umana. Mi rendevo conto che alcuni dei miei pretenziosi colleghi avrebbero criticato la decisione di accettare un simile incarico, ma pensavo che i contributi alla conoscenza che ne sarebbero seguiti avrebbero, infine, risposto ad ogni critica. Uno dei primi compiti ufficiali della Fondazione fu di presentare i concetti di Dianetics a un gruppo di psichiatri, educatori ed altri a Washington, D.C. […] Non pensavo che l'avventura di Washington fosse stata un successo - almeno non dal punto di vista medico. C'è da notare che la maggioranza il cui interesse in Dianetics era stato stimolato dalla presentazione era composta da profani piuttosto che da professionisti, e pensavo di poter scorgere nel loro comportamento il fervore del convertito piuttosto che il freddo e obiettivo interesse dello scienziato. I professionisti dimostravano interesse nella filosofia di Dianetics; il loro interesse, comunque, era messo in difficoltà dal modo in cui il soggetto veniva presentato, in particolare la non giustificata implicazione che fosse necessario ripudiare le precedenti credenze prima di accettare Dianetics. […] Ben presto divenne chiaro che né la mia conoscenza medica né la mia passata esperienza di ricerca sarebbero state utilizzate. […] Fu un periodo di confusione intensa ed espansione rapida, con poche o nessuna opportunità di analisi dei risultati, o per considerare futuri sviluppi. Nonostante questo la mia valutazione di Dianetics diventava sempre più chiara. Esistevano parecchi elementi che sembravano avere una certa importanza: il punto cardine era la differenza tra gli ideali intrinseci delle ipotesi di Dianetics e il comportamento della Fondazione nei suoi presunti sforzi per mettere in pratica questi ideali. Gli ideali di Dianetics, per come li vedevo io, comprendevano il non-autoritarismo e una flessibilità di approccio; e non escludevano la possibilità che queste ipotesi potessero essere perfettibili. Gli ideali di Dianetics continuavano ad essere trasmessi senza sincerità, e potevo vedere una disparità assoluta tra gli ideali e la loro attuazione. Altri punti della mia valutazione che ritenevo importanti erano le prove di potenziale pericolo nel metodo, l'incapacità di confermare il concetto di clear di Hubbard e gli effetti delle suggestioni positive. Durante le indagini iniziali non avevo intravisto nella terapia Dianetics prove di pericolo. Dopo la pubblicazione del libro di Hubbard, comunque, e quando persone assolutamente ignare dei precetti della psicoterapia avevano iniziato ad "audire", divenne evidente che Dianetics non era completamente innocua. Venne portato alla mia attenzione il fatto che due persone avevano sviluppato psicosi acute come conseguenza dei "procedimenti" di Dianetics. Entrambi, prima dell'esperienza, erano apparentemente sani; erano nevrotici e infelici ma comunque sufficientemente adattati alla società, tanto che la loro condotta rientrava nei confini dell'accettabilità sociale. Uno, una donna, sviluppò una psicosi maniacale acuta caratterizzata dal solito aumento dell'attività psico-motoria, disorientamento, stato illusorio e deterioramento. Fu necessario istituzionalizzarla dato che ogni altro tentativo fatto con la terapia Dianetica si rivelò inefficace. […] Fu una vera disgrazia che questi pazienti, nel tentativo di assicurarsi la promessa maggior sanità mentale, sembravano aver smarrito quella che avevano in precedenza. Ma l'osservazione di tutto questo poteva ancora portare benefici: se fossimo stati in grado di scoprire come la psicosi era precipitata, ci saremmo avvicinati alla possibilità di scoprire come curarla. Tra i fattori promettenti che mitigavano questi disgraziati avvenimenti c'erano i racconti di parecchi casi in cui i pazienti avevano smesso di essere psicotici dopo l'applicazione della terapia di Dianetics. Personalmente ho osservato solo uno di questi casi, e in modo superficiale; non sono perciò nella posizione per dire che si tratti di una prova dell'efficacia di Dianetics. Mi porta comunque a credere che ulteriori indagini, con controlli appropriati, potrebbero fornirci informazioni utili. Un altro punto in cui Dianetics non sembrava rispondere alle affermazioni del suo creatore era il concetto di clear ["chiaro", "ripulito" - n.d.t.]. Hubbard definisce un clear come un individuo che, attraverso la terapia di Dianetics, ha rimosso tutti i suoi engram, ovvero che «non ha aberrazioni o malattie psicosomatiche attive o latenti» (p.170). Afferma inoltre che un engram, una volta rimosso, è eliminato in modo permanente e non può più tornare ad influenzare il comportamento. Durante la nostra corrispondenza iniziale Habbard accennava al fatto che era stato ottenuto un clear in appena 20 ore di terapia; questo tipo di risultato, per quel che ne so, non è mai stato ottenuto da altri praticanti di Dianetics. So di persone che hanno fatto da 1500 a 2000 ore di terapia senza avvicinarsi allo stato di clear come definito. In verità godono di una salute migliore e sono cittadini più efficienti e felici - ma non hanno raggiunto questo obiettivo dato per certo. Devo ancora vedere un clear prima e dopo la terapia Dianetica. Io stesso non ho raggiunto questo stato, e neppure mi è riuscito di produrlo in alcuno dei miei pazienti. Ho visto alcuni che si dice siano clear, ma il loro comportamento non si conforma alla definizione data dello stato. Inoltre, una persona che era stata definita clear è ricaduta in una condotta che suggerisce una incipiente psicosi. Questo non significa che io stia negando l'esistenza dello stato di clear. Resta una possibilità teorica, dando per scontato la validità di certi postulati. Devo comunque considerare questa affermazione come non ancora confermata. [...] Un'altra osservazione fatta nel periodo in cui sono stato associato alla Fondazione ha a che fare con il fenomeno conosciuto come suggestione positiva. Fin dall'epoca Egizia si sa che la maggior parte delle persone può essere condotta a uno stato in cui agisce come se qualsiasi cosa gli venga detta fosse vera; si dice che sia ipnotizzata e le affermazioni fatte dall'operatore che manipola le azioni del soggetto vengono chiamate suggestioni positive. Hubbard nel suo libro ha inveito contro l'ipnosi e ha sottolineato che essere ipnotizzati equivale a ricevere un engram. Da parecchio tempo si sa che l'ipnosi può alterare il modello di comportamento, sia in meglio che in peggio, non solo durante lo stato ipnotico ma anche per un periodo successivo di durata indefinita [3]. Si è comunque sempre ritenuto che il soggetto dovesse essere in stato ipnotico perché gli si potesse installare una suggestione positiva, e perciò alterare la sua condotta. Durante il mio primo approccio con Dianetics supponevo che si trattasse di una forma di ipnosi; i pazienti in "reverie" manifestavano tutti i segni dello stato ipnotico come definito da Davis e Husband [4]. Quando discussi di questo con Hubbard mi sottolineò le numerose ragioni per cui, secondo lui, Dianetics era diversa dall'ipnosi. Non mi convinse della completa diversità, e mi sono trovato spesso d'accordo con i critici che facevano notare le manifestazioni parallele. Una osservazione in particolare mi ha permesso, penso, di correlare in modo operativo Dianetics all'ipnosi. Secondo le ipotesi hubbardiane, tutte le condotte aberrate scaturiscono dall'engram, un evento caratterizzato da incoscienza e dolore che può risultare da traumi psichici, anestesia, elettroshock, "emozioni dolorose" o ipnosi. Inoltre l'esistenza di un engram poteva essere verificata dal comportamento del paziente durante la fase di rievocazione dell'evento; se il paziente sbadigliava, si stirava, subiva un cambiamento di umore «un aumento del livello del tono» e agiva come se avesse rivalutato l'evento, l'evento era per definizione un engram. Cominciai a notare che alcune esperienze, quando rivissute, producevano effetti simili all'engram nonostante gli eventi non contenessero traumi, anestesia ecc. Osservai che affermazioni fattemi da Hubbard in conversazioni ordinarie, frasi che io avevo detto agli studenti, cose dette a pazienti in stato di piena coscienza ed agio, quando sottoposte alla rievocazione Dianetica producevano una risposta simile a quella vista in un engram "valido". Non tutte le frasi comunque producevano questo effetto; la risposta engram-simile si notava quando la frase tendeva a restringere la scelta di azione della persona, o la sua capacità a differenziare. In altre parole sembrava che la persona potesse venire ipnotizzata in una conversazione ordinaria; frasi informative ordinarie potevano, in certe circostanze, avere lo stesso effetto di una suggestione ipnotica positiva, anche quando chi la riceveva era completamente presente. Trovai inoltre che ognuno agiva come se avesse un elenco ordinato di soggetti da cui avrebbe accettato suggestioni positive, con tassi variabili di accettazione. In generale, in cima all'elenco stavano i genitori e le persone care; una semplice affermazione fatta da una di queste persone aveva la forza di un comando. Al gradino gerarchico sottostante stavano insegnanti, medici e altri in posizioni di autorità, in fondo si trovava chi aveva fatto affermazioni false dimostrabili e chi aveva causato dolore; le affermazioni fatte da questi ultimi venivano ignorate o negate. Naturalmente è possibile che nell'elenco una persona occupi due posizioni diverse: il medico o il genitore possono causare dolore, o si può scoprire che la persona cara ha mentito. Suggerisco che questo possa essere un fattore per sviluppare l'ambivalenza o i sentimenti contrastanti nei confronti di certe persone. In generale comunque trovai che io, come medico, potevo indurre suggestioni positive che avrebbero alterato molto più facilmente la condotta del soggetto di quel che avrebbe potuto fare qualcuno la cui posizione in società era meno rispettata. Le implicazioni di tutto questo mi hanno reso consapevole delle mie responsabilità nei confronti della gente con cui parlo. Come corollario a queste osservazioni scoprii che l'affermazione restrittiva più semplice, anche con l'ascoltatore in piena coscienza, tendeva ad alterare le risposte. Per esempio avevo cercato di rievocare una conversazione avuta con un collega e mi ero scoperto incapace di ricordare quanto aveva detto; quando ricordai che durante il corso della conversazione aveva detto «non ricordo» fui allora in grado di ricordare il resto delle sue parole. Apparentemente il pronome usato non fa differenza, «non ricordo» e «non ricordi» sembrano avere sull'ascoltatore un effetto ugualmente restrittivo. L'effetto restrittivo avveniva comunque; quando prendevo coscienza che esisteva una restrizione alla mia azione del ricordare non ero più impedito. Avevo anche scoperto che si potevano ottenere benefici terapeutici utilizzando il meccanismo contrario. Durante la terapia uso un gran numero di suggestioni positive permissive; «puoi ricordare; puoi obbedire o no a questo comando, come desideri; puoi capirlo; lo sai; sei in grado di differenziare.» Confrontate, se volete, queste frasi e i loro effetti potenziali con le suggestioni positive restrittive come «non puoi; non devi; sei stupido.» […] Verso l'Ottobre del 1950 ero giunto alla conclusione che non potevo trovarmi d'accordo su tutti i principi di Dianetics come propugnati dalla Fondazione. Non potevo, come accennato in precedenza, sostenere le affermazioni di Hubbard a proposito dello stato di clear. Non pensavo più, come avevo fatto in precedenza, che ogni persona intelligente potesse (e presumibilmente dovesse) praticare Dianetics. Avevo notato diversi punti su cui le azioni della Fondazione erano in disaccordo con gli ideali espressi da Dianetics: uno di questi punti era la tendenza verso lo sviluppo di un atteggiamento autoritario. Inoltre esisteva un atteggiamento di disprezzo, a malapena mascherato, nei confronti della professione medica e degli sforzi precedentemente fatti da altri operatori nel campo della malattia mentale. Infine lo scopo dichiarato della Fondazione - la precisa ricerca scientifica sul funzionamento della mente - era assolutamente assente. In diverse occasioni avevo espresso al Consiglio il mio punto di vista senza effetti apprezzabili; e neppure ero il solo ad essere in disaccordo con la politica della Fondazione. Chi di noi sosteneva un atteggiamento più convenzionale era comunque in minoranza, e i nostri sforzi erano inutili. Alla fine perciò ritenni inevitabile rassegnare le dimissioni […] Ritenevo comunque che la pratica medica avrebbe potuto ricavare benefici dall'utilizzo di alcune cose notate in Dianetics. Ma qualsiasi nuova idea, per essere accettabile alla professione medica, deve essere presentata in modo scientifico. Il che, temo, non succederà fintanto che la Fondazione prosegue con la sua attuale politica [...] Anche una risposta sbagliata è più vicina alla verità di un apatico «non so»; si puo' dimostrare l'errore di una risposta sbagliata ed essere spronati a cercare la risposta giusta, mentre l'ignoranza acritica o senza speranza porta solamente alla stagnazione. [pag.47] È interessante osservare come si possono ottenere risultati terapeutici anche se il paziente non crede alla possibilità di "memoria" prenatale. L'esistenza effettiva di memoria prenatale è, secondo me, di importanza secondaria; di primaria importanza è osservare che il paziente sembra trarre beneficio dal rivivere queste "memorie" e dalla concomitante riduzione del dolore. [pag. 48-9] In questo modo, fate rievocare al paziente l'incidente doloroso per almeno otto o dieci volte. Nella maggioranza dei casi il paziente racconterà che il dolore diviene più intenso al secondo o terzo racconto, e che diminuisce rapidamente fino a scomparire del tutto. Inoltre c'è l'impressione clinica che le ferite trattate in questo modo guariscano molto più rapidamente del solito. Sembra anche necessario rivivere tutto il contenuto di questo segmento di tempo; se il paziente omette o sorvola una parte dell'esperienza, il sollievo dal dolore non è così completo.[...] Questa tecnica è l'essenza di Dianetics. Comprende la ricerca di un evento o di una ferita specifica, dirigere la propria coscienza ai concetti acquisiti in quel preciso momento e ripetizione e riesame dell'evento finché il contenuto doloroso non sia esaurito. Le maggiori differenze tra Dianetics e psicoterapie più vecchie risiede in questa tecnica; specificità dell'evento, totalità del contenuto e ripetizione fino ad esaurimento non sono comprese, per quanto ne so, in nessun altro metodo di trattamento di psicosi o malattie psicosomatiche. [pag. 52] È stato inoltre osservato che bisogna essere cauti nell'usare antropomorfismi in parole scientifiche. L'affermazione che la mente funziona come un calcolatore contiene un briciolo di verità - ma è qualcuna di quelle parole che viene spesso male interpretato a significare che la mente funziona solo come un calcolatore - il che è ovviamente una assurdità. La mente umana è un affare complesso - non forse troppo complessa per capirla, ma certo non così semplice da poter dire con certezza che funziona proprio come qualsiasi altra cosa. La mente umana lavora proprio come la mente umana…e non intendo sottrarre alcunché alla sua unicità con meccanismi iper-semplificati. Inoltre va sottolineato che un calcolatore funziona come la mente umana perché è stato inventato dalla mente umana. [pag. 54] È come se gli organismi viventi decidessero se reagire o non reagire scegliendo sulla base di esperienze passate […] Considerate il processo "pensante" come un organismo unicellulare che galleggi in un substrato acqueo. Può reagire ai cambiamenti del suo ambiente - o, per esprimersi in modo diverso, alcuni cambiamenti nel suo ambiente causeranno cambiamenti osservabili nel funzionamento della cellula. [pag. 55] La "memoria cellulare" - o meglio, la memoria protoplasmatica, potrebbe essere definita come lo stato che esiste in una cellula dopo essere stata esposta ad una forza sufficiente ad alterare la configurazione spaziale delle molecole proteiche. Sulla cellula viene esercitata una forza che, essenzialmente, cristallizza la proteina in modo tale che non reagirà più ad una successiva presentazione di una forza simile. È ovvio che la funzione della "memoria" implica una differenza nella reazione alle successive applicazioni di stimoli simili; suggerisco che la differenza avvenga come conseguenza del cambiamento verificatosi alla prima esperienza. [pag. 65] Se una persona prevede piacere (in questo senso, la possibilità di continuare l'azione) agisce in modo che possiamo definire felice. Se una persona prevede "Morte" agisce in modo chiamato triste [Questo capitolo cerca di fare calcoli scientifici sulle emozioni umane - rabbia, felicità, paura ecc.] [pag. 184] Era pratica comune alla Fondazione condurre il paziente in terapia dicendogli: «L'archivista [5] consegnerà l'incidente di cui abbiamo bisogno, e la striscia somatica andrà al primo momento di disagio.» Un paziente ben indottrinato alla terminologia Hubbardiana (o gergo, se preferite) solitamente rispondeva sviluppando una sensazione di disagio in qualche parte del corpo. Usavo poco questo stratagemma perché lo ritenevo superfluo e forse pericoloso. Era mia convinzione che ogni psicoterapia dovesse agire per integrare le varie funzioni della mente, e che separare una funzione per controllare le altre dovesse essere considerato equivalente ad addestrare il paziente alla schizofrenia. Pareva inoltre, come ho accennato prima, che lo stratagemma di designare una funzione usando una personificazione potesse portare a confusione semantica, rendendo l'indottrinamento del paziente inutilmente complicato. Faccio un commento sul meraviglioso funzionamento della mente umana su cui uno stratagemma del genere funziona. [pag. 185-6] Per circa un mese condussi una breve e superficiale indagine sugli effetti dell'ossigeno e del diossido di carbonio come aggiunta alla terapia Dianetica. Avevo avuto l'opportunità di osservare il Dr. Paul Wilcox del Michigan State Hospital di Traverse City dare una dimostrazione della sua tecnica di "psico-penetrazione". Il suo metodo consiste nel far respirare al paziente, per cinque o dieci volte, una miscela composta al 20% di CO2 e all'80% di O2 - una modifica della tecnica originale di Meduna. [...] La maggior parte dei pazienti osservati erano stati precedentemente ben indottrinati ai principi della Dianetica Hubbardiana perciò esitavano a fare valutazioni sulle associazioni sollevate da questa tecnica come differenti dalle reazioni ottenute con la terapia Dianetica ordinaria. La maggioranza di loro diceva, comunque, che quando si usava il gas il senso di disagio veniva raggiunto molto più rapidamente e con un molto maggiore senso della realtà. [pag. 187, narrazione di un paziente trattato con il gas] Gli chiesi di notare lo stordimento e dirmi la prima frase a cui aveva pensato, al che rispose: «"Non riesco veramente a pensare a nulla." Dopo qualche momento di silenzio aggiunse: "sento come se la testa fosse separata dal corpo; mi sento come appeso per i piedi. Mio Dio, non potrebbe essere il momento della mia nascita?"» [pag. 188] Pensavo che il semplice uso di questa cosa come aggiunta alla Dianetica Hubbardiana non mi stesse fornendo le informazioni che stavo cercando. Nell'ipotesi esistevano ancora molti vuoti, troppe osservazioni non spiegate. Alcune spiegazioni per relativi fallimenti nella terapia erano più alzate d'ingegno che reali spiegazioni. L'uso acritico di "trucchi" come l'archivista sembrava rendere vano ogni avanzamento nella conoscenza. [pag. 189] Non avevo obiezioni nel vedere
pazienti considerare una "morte passata" come esercizio della sintesi fantastica
(una tecnica che a lungo Jung aveva affermato avere benefici terapeutici)
o come un approccio ad una situazione reale passando per la rotta dell'immaginazione
- ma dare a questi eventi altamente improbabili l'imprimatur di realtà
completa era, per me, indicativo di mancanza di scetticismo scientifico.
Note [1] Dorland's Medical Dictionary, 17th ed., W. B. Saunders Co., Philadelphia, 1936. [2] Semon, Richard, Mnemic Psychology. George Allen & Unwin, Ltd., London, 1923. [3] Werner Wolff, "The Threshold of the Abnormal," Hermitage House, Inc., New York, 1950, p. 328. [4] Davis, L. W. and Husband, R. W., "A Study of Hypnotic Susceptibility in Relation to Personality Traits," J. Abnorm. and Soc. Psychol., 26:175; 1931 [5] archivista: «termine del gergo degli auditor di Dianetica che indica il meccanismo mentale che agisce come monitor dei dati. Gli auditor possono ottenere una risposta immediata o 'lampo' direttamente dall'archivista come aiuto per entrare in contatto con gli episodi. (PLX, pag. 207-208)» - cfr. "Dizionario Tecnico di Dianetics e Scientology", L. Ron Hubbard, New Era Publications, ed. 1984-1985. |
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