Unison è una iniziativa del sito Ex Scientology Kids affinché i bambini cresciuti in Scientology, e in particolare nella Sea Org, raccontino la loro storia per far sapere al mondo che cosa significa crescere secondo le direttive di Hubbard. Un caldo ringraziamento alle curatrici del sito, anch'esse ex bambine cresciute all'ombra della dottrina hubbardiana. Traduzione a cura di Simonetta Po, maggio 2009.
La storia di Karen - perché sono contraria a Scientology Non riesco a parlare della mia esperienza in Scientology La storia di Janice La storia di KM La storia di Sharone È disponibile un glossario per la comprensione dei termini gergali interni. Sono arrivato in Scientology da piccolo, praticamente alla nascita, per cui devo ammettere che non mi sono considerato scientologist fino a quando, da adolescente, per faciloneria e senso di avventura, sono entrato in Sea Org. Lo feci con la mia famiglia in Inghilterra, dove ci eravamo appositamente trasferiti dal nostro paese di origine nell'Europa continentale. Iniziai la carriera come Cadetto e, ripensandoci ora, capisco che mi avevano lavato il cervello. Quando parlo di "lavaggio del cervello" non mi riferisco a qualche tipo di annegamento simulato in acqua fredda, a qualche tipo di trance ipnotica a cui potrei essere stato sottoposto mentre mi nutrivano a dati di Scientology, o cose del genere. Ciò che accade quando vieni esposto a Scientology, e me ne sono reso conto solo dopo, è una cosa molto più semplice: nei vari libri che il fondatore L. Ron Hubbard ha scritto vengono presentati, con le sue parole, i fondamenti della vita. Cose che hanno senso, che ti succedono ogni giorno e che hai proprio davanti agli occhi. Hubbard ha scritto quelle cose in forma di rivelazione, con le sue parole (non dimentichiamoci che era uno scrittore di fantascienza, sapeva come scrivere e catturare l'attenzione del lettore) per cui quando le leggi (o almeno era così per me), succede una cosa di questo tipo: «Oh certo! È proprio vero!». Non stiamo parlando di enormi misteri irrisolti, ma di dati sulla più comune vita quotidiana che possono essere applicati ad ogni grado di situazione, a tutte le situazioni della vita. Essenzialmente si viene ingannevolmente indotti a credere che si tratti di una serie di verità di fresca scoperta, mai prima raggiunte da nessun altro, e su cui è stata fatta approfondita ricerca. Tutto ha il sapore di una promessa che ti cambierà la vita e più studi più - poco a poco - ti vengono presentate cose che sembrano davvero irreali, che sembrano bizzarre, eccentriche e un po' fuori di testa, ma che arrivi ad accettare. Le accetti perché... beh, "qualche altra cosa ha senso" per cui ci "credi", fino a che non arrivi a renderti conto che è in Scientology che "devi" credere. Per il timore del distacco, di essere tagliato fuori e, alla fine, di essere punito, costringi letteralmente te stesso a credere in ciò che è scritto e che ti viene imposto. Mi viene da ridere nel leggere quell'articolo di LRH intitolato "Integrità Personale", in cui sostanzialmente dice che in Scientology qualcosa è vero per te solo se lo hai osservato personalmente ed è perciò vero per te, niente più di questo. È una bugia. Non è così che funziona. In Scientology o ci credi o sei fuori-etica, sei un nemico, "non stai seguendo L. Ron Hubbard". QUESTA è Scientology. Come in qualsiasi altro imbroglio, viene creato un prodotto ed è un prodotto (venduto per profitto) che sembra credibile, bello e accettabile e che viene acquistato dal "cliente" (public); a quel punto - quando ci sei ben dentro, ci hai investito ecc. - cominciano a propinarti bugie su una scala a basso gradiente che poco a poco ti porta a "credere" e a "fidarti". Niente di quelle cose sono mai state dimostrate, né scientificamente né in altro modo. Secondo la chiesa esiste un'intera gamma di "eccezioni", "giustificazioni" e motivi per cui. Prendete il famoso "Stato di Clear" e leggete le molte diverse spiegazioni date da LRH su di esso. Confrontatele con i molti "Clear" che sono stati dichiarati tali. Per ognuno di essi scoprirete che NESSUNO corrisponde ai punti, requisiti e caratteristiche descritti da LRH su quello stato. Ma quello è il modo in cui io, come molte altre persone bene intenzionate e fiduciose, hanno iniziato Scientology. Appena arrivato tra i Cadetti cominciai a fare corsi - roba breve e semplice - e alcune cose avevano senso così continuai, andai avanti. In quel periodo la mia vita era già qualcosa di insolito e fuori dall'ordinario per la gran parte dei ragazzini della mia età. Avevo un "hat", cioè un lavoro in seno alla "Cadet Org" e anche se tale "hat" cambiò alcune volte, fui quasi sempre l'incaricato degli orari dei Cadetti, delle pulizie e della produzione. Vivevo in un dormitorio con altri ragazzini della mia età, ogni stanza ne ospitava 8 o 10. La mattina mi svegliavo prima degli altri, vero le 7,15. Mi vestivo e iniziavo a svegliare gli altri affinché facessero le loro "stazioni di pulizia", ovvero pulissero lo spazio loro assegnato. Ogni bambino doveva pulire una certa area, rifarsi il letto e pulire una parte dello spazio comune, fosse il corridoio, le scale, i bagni o le docce. Ricordo che avevo appena 12 anni e quando andavo a svegliarli, i più grandi facevano i bulli, mi spintonavano, mi davano calci e mi offendevano. Una volta che me ne lamentai con l'adulto che ci seguiva, un membro della Sea Org, mi rispose «Falla andare bene!», aggiungendo che «quello di assicurarmi che gli altri si svegliassero era il mio lavoro». Una volta terminate le pulizie andavamo a fare colazione: quando andava bene c'erano uova immangiabili, pane tostato e cornflakes. Tante volte mancava il latte, non c'erano le uova e nemmeno i cornflakes. Dovevamo fare con quello che c'era. Dopo colazione si andava a scuola. Non era una scuola normale ma una scuola Scientology, autorizzata dal governo ma gestita in base ai principi di Scientology. Se sbadigliavi, ridacchiavi, ti distraevi, eri annoiato, ti grattavi la faccia, muovevi troppo le gambe ecc. ti dicevano di trovare nei materiali di studio una parola che non avevi compreso, poi di chiarirla sul dizionario come succede in qualsiasi corso ufficiale di Scientology. Non vorrei essere frainteso: non era una scuola da buttar via, mi hanno insegnato l'inglese da zero, ma mancava di seria educazione che andasse oltre la lingua inglese, o i loro programmi scritti. Una chiara evidenza di questo è che ora ho superato i vent'anni e non ho nessun tipo di diploma di scuola superiore o di College, e nessun credito formativo. In Inghilterra ho terminato soltanto 3 GCSE, cioè esami pubblici che devi sostenere per proseguire le scuole del Regno Unito. Quando frequentavo io quella scuola cercavano almeno di farti superare i GCSE assieme ad un'altra scuola Scientology (che non era però della Sea Org), ma poi smisero di farlo ed ora i bambini non hanno nemmeno più l'opportunità di fare i pochi esami GCSE che sono riuscito a fare io - in realtà ti dicono che non hai bisogno dei GCSE, il loro ruolo e importanza viene sminuito al punto che anche io ritenevo si trattasse soltanto di una perdita di tempo e di fatica sprecata. E mi sbagliavo di grosso. La scuola terminava verso le 14,00 e, dopo una breve pausa, i Cadetti andavano immediatamente a lavorare, il che significava fare "missioni" per la Sea Org. Si andava dal fare il bucato per i membri della Sea Org in cambio di denaro, al pulire le aree comuni dell'edificio in cui vivevamo, pulire i bagni, occuparci del giardino, fare lavori di ristrutturazione (sabbiare, piccole riparazioni, tinteggiare ecc.), imbustare materiali pubblicitari, pulire le cucine ecc. Non posso negare che a volte ci divertivamo molto perché erano attività che facevamo tra coetanei, tra amici, ma proseguivano per tutto il pomeriggio fino verso le 9 di sera, con solo una interruzione di 30 minuti per la cena e altri 30 minuti per attività a piacimento, che per me significava soprattutto giocare a calcio. Sebbene la legislazione britannica preveda che un minore (cioè con meno di 16 anni) possa lavorare due ore al giorno tra le 7 del mattino e le 7 di sera, noi lavoravamo quotidianamente ben più di due ore, e ben oltre le 19,00. Lo giustificavano dicendo che si trattava di "lavori saltuari" e di "incombenze domestiche" svolte a "casa nostra". Alle 9 di sera ci costringevano a letto ed è qui che sono stato per la prima volta testimone di abusi fisici in seno alla Sea Org. Un'adulta veniva letteralmente a sedersi nella nostra camerata e si assicurava che non parlassimo e non ci muovessimo, ma che semplicemente dormissimo. Se ti muovevi, emettevi un suono ecc. si metteva a sbraitare con quanto fiato aveva in gola e se la cosa si ripeteva, ci menava. Ci colpiva con un libro o a mani nude, dicendoci «stai zitto e dormi». Di solito restava con noi fin verso le 23,00, e a quel punto quasi tutti già dormivamo. Se la prese diverse volte con un ragazzino di un anno più giovane di me: quando qualcuno faceva casino si beccava una sberla, ma lui riceveva punizione doppia, una sberla e poi a pulire le docce, di sera, in pigiama. A volte gli arrivava addosso anche se non era lui il colpevole. Eravamo tutti convinti che ce l'avesse proprio con lui. Per farvi un'idea, ci arrivava una sberla o una sgridata anche per una cosa banale come dire "buonanotte" a un compagno di stanza. Vedevo i miei genitori di rado. Ricordo che mia madre mi veniva a svegliare verso mezzanotte, alla fine della sua giornata di lavoro in Sea Org, giusto per vedere come stavo. Si preoccupava per me e sapevo che per lei quella situazione significava essermi di aiuto - era veramente convinta che quella fosse la cosa migliore per noi e per tutti gli altri - aiutare il prossimo in un buon gruppo. La vita per me continuò in quel modo per un paio di anni. E in quei due anni dentro la Cadet Org avvennero molte cose che cominciarono a scioccarmi. Venni a conoscenza di festini lesbici nei dormitori delle ragazze più giovani, di botte a cui venivano sottoposti dei ragazzini, di miei coetanei che a malapena conoscevano i propri genitori perché non li vedevano mai. Alcuni da 7/8 anni non riuscivano a passare un'intera giornata con loro. Ricordo che una sera ero nel mio dormitorio pronto per andare a letto quando sentii delle urla e un certo scompiglio provenire dal corridoio. Uscii e trovai due ragazze in preda a una crisi isterica. Mentre una di loro cominciava a raccontarmi l'accaduto, andai a chiamare l'adulto incaricato di noi. Saltò fuori che la ragazza aveva scoperto sotto il suo letto una telecamera che riprendeva lei e la sua compagna di stanza mentre si cambiavano. Le due ragazze erano sui 14/15 anni. In seguito si scoprì che un membro della Sea Org aveva registrato le giovani cadette mentre si spogliavano, e aveva usato i nastri per azioni di autoerotismo. Prima di essere scoperto lo aveva fatto in diverse occasioni. Appresi poi che un membro della Sea Org aveva coinvolto un paio di Cadette sui 12 anni in pratiche sessuali che sconfinavano nella pedofilia. Comprava riviste pornografiche e se le faceva reggere dalle due ragazzine mentre lui si masturbava davanti a loro. Era un uomo adulto, loro appena dodicenni. Inutile dire che entrambi i tizi furono mandati via, il primo spedito sul RPF e in seguito cacciato dalla Sea Org, ma volevo solo spiegarvi il tipo di ambiente in cui io e altri miei coetanei siamo cresciuti. Imparai a vivere quello stile di vita, ad adattarmi agli standard nutrizionali piuttosto poveri, alle giornate di lavoro, alla mancanza di soldi e a vivere senza i miei genitori. So che mia madre e mio padre mi volevano bene con tutto il cuore, e so che pensavano che quello fosse il miglior ambiente in cui avrei potuto vivere, lontano dalla criminalità, dalle droghe e da tutte quelle cose orribili del vivere quotidiano che esistono nel mondo esterno, ma in termini di normalità e libertà, il trasferimento in Sea Org era stato un piombare in un mondo di reclusione, un mondo segreto e nascosto in cui venivi indotto a temere qualsiasi cosa esterna alla Sea Org e a Scientology, e dove imparavi ad accettare che la vita che stavamo conducendo era la miglior vita possibile a nostra disposizione, nonostante la mancanza di tempo libero, la mancanza di ambizioni, di un'educazione adeguata, cibo adeguato, tempo familiare adeguato, senza poter mai fare un gioco al computer, senza poter mai guardare la TV, al massimo un film alla settimana, tutti assieme ecc. Giunto ai 14 anni molti dei ragazzini più piccoli di me erano già entrati in Sea Org. Nella Cadet Org restò soltanto la "generazione più giovane" e divenni uno dei "leader" del gruppo. Ma dopo qualche mese anche io entrai in Sea Org. Anche io desideravo essere "ganzo" come loro. Il viaggio iniziò attraverso un programma chiamato Estates Project Force (EPF) che in sostanza è un campo militare che TUTTI i nuovi membri della Sea Org devono affrontare. Bisogna lavorare di fatica per 5 ore al giorno, altre 5 ore sono dedicate allo studio di Scientology e il programma dura in media 3 o 4 settimane, anche se ad alcuni porta via mesi. Una volta terminati i corsi e aver ben svolto il lavoro manuale, venni accettato nella Sea Org. Ammetto che ne fui felice, emozionatissimo. Finalmente anche io facevo parte del gruppo che "aiutava l'uomo" e che avrebbe "chiarito il pianeta". Ben poco sapevo del fatto che, a 14 anni, avevo posto termine alla mia adolescenza ed mi ero impegnato con Scientology per il successivo miliardo di anni. Tutto ciò che volevo fare era aiutare il prossimo. Da piccolo mio padre mi chiedeva quali fossero le mie aspirazioni, il classico «che cosa vuoi fare da grande?». Anche se il mio sogno era diventare un calciatore (non ero per niente male in quello sport) mi sarebbe piaciuto fare il poliziotto, l'assistente sociale, il pompiere, il dottore e, a 11 anni, gli dissi: «Papà, vorrei diventare ambasciatore delle Nazioni Unite per aiutare chi non ha la fortuna di avere la vita che ho io». Nell'entrare in Sea Org pensai che avevo fatto anche di meglio, e mi sentivo molto orgoglioso di me stesso. Sapevo ben poco del fatto che avrei dovuto sopportare anni di sacrificio personale, botte fisiche, abuso verbale, graduale "lavaggio del cervello" ed essere portato al punto in cui mi convinsi di essere un fallimento per l'umanità, in cui mi convinsi che in me c'era qualcosa di sbagliato, in cui pensavo che forse ero una "persona soppressiva" e che stavo danneggiando l'unica speranza di aiutare l'uomo. Le mie ambizioni, le mie credenze, l'autostima e l'amore per me stesso crollarono ai minimi storici. Diventai una persona diversa. Nei successivi anni di lavoro per la Sea Org operai anche in paesi diversi dall'Inghilterra. Mi recai in altre basi Sea Org compresa Flag, a Clearwater. Durante i miei viaggi e la mia scalata all'interno dei ranghi dell'organizzazione finii per avere a che fare, vedere e anche incontrare David Miscavige, Guillaume Lesevre, Mike Rinder e anche Tom Cruise, John Travolta, Kirstie Ally e Jenna Elfman. Attualmente la mia famiglia è ancora in Scientology e nella Sea Org. Io sono riuscito ad andarmene, non senza controversie, soltanto perché sapevo come muovermi, grazie al fatto che avevo lavorato in aree che avevano a che fare con la sicurezza e il dipartimento di Etica in una Sea Org americana. Sono uscito senza diploma di scuola superiore, senza laurea, senza patente, senza risparmi, senza nulla che certificasse una vita spesa a lavorare 120 ore la settimana per anni e anni, senza nessun compenso se non, a volte, qualche ora di riposo o l'attenuazione del trattamento disumano ricevuto quotidianamente. Vorrei continuare il mio racconto. Ho molto da dire sui rapporti con le persone citate in precedenza, sul mio lavoro vicino al vertice della Sea Org, sulle celebrità e su aree della chiesa ritenute "confidenziali" (RTC, CMO, Sicurezza, OSA, Snr HCO, CLO, ecc). Ho dati di prima mano sul trattamento che tali entità dispensano agli SP, a chi attacca, alla stampa, Anonymous ecc.. Ho nomi e ho storie sull'illegalità delle condizioni di vita in una delle basi Sea Org, sulla sua scuola, le sue cucine e su come vengono trattati gli staff - dati sufficienti per fare buoni video, buoni articoli di giornale e un gran buon libro (in considerazione del mio lavoro nella sicurezza, in OSA e nelle sezioni del Dipartimento 3 della chiesa). Ora però non posso ancora parlare apertamente a causa delle mie problematiche familiari, per cui non posso proseguire il mio racconto. E ancora una volta tutto questo è grazie alla "policy di disconnessione" di Scientology - che a parole difende i "Diritti Umani" e la "Libertà di parola" ma che in realtà non applica tali diritti quando qualcosa contraddice la loro credenza, la loro dottrina e modo di vita, o qualsiasi cosa essi considerino "antagonista". Sostengono che puoi restare cristiano ed essere contemporaneamente uno scientologist, ma questa è una BUGIA FATTA E FINITA. In Scientology puoi essere soltanto una di queste tre cose: 1) uno scientologist; 2) un wog [un non-scientologist che non ha mai acquistato un libro o avuto a che fare con la "religione"]; 3) un SP - cioè ti opponi a Scientology. In Scientology hai diritto alla libertà di parola solo fino a che le tue parole non contraddicono o non si oppongono a Scientology stessa. Vista la situazione devo essere paziente: prima devo sistemare le questioni di famiglia e occuparmi della mia vita, dopo di che sarò più che lieto di rendere pubblica la mia storia. Vorrei scrivere un libro sulle mie esperienze, so che altri lo hanno fatto e sto leggendo un sacco di roba in Internet, ma forse non sono tanti quelli che hanno avuto a che fare con Tom Cruise, David Miscavige, le aree della sicurezza e di OSA come è successo a me, anche se non alla Base Int. Spero di riuscire a scrivere qualcosa destinato al grande pubblico, non solo dei post internet. Il mio problema adesso sono i soldi e le risorse. Vivere è costoso e non ho ancora conoscenze sufficienti per cavarmela al meglio. Come nota finale vorrei specificare che il poco che ho scritto rispecchia fedelmente la realtà, salvo i nomi di alcune località. Gli episodi narrati e le persone citate sono veri e fattuali al 100%. Semplicemente, non potevo essere esatto al 100% per timore di essere riconosciuto.
Mi chiamo Karen Wolff, nome da ragazza Karen Mitchell. Ho 27 anni. Sono nata da genitori scientologist e sono cresciuta nella Chiesa di Scientology. Ho trascorso migliaia di ore studiando e praticando i suoi metodi. Ho occasionalmente lavorato per la chiesa sia come volontaria che come dipendente pagata dal 1992 al 1996. Sono entrata nella Sea Organization nel gennaio del 1997 e ne sono uscita nell'autunno del 2000. Da allora ho mantenuto un coinvolgimento marginale con Scientology fino al 2004. All'inizio ero una seguace risoluta ed entusiasta della chiesa, ma col tempo mi divenne chiaro che le negligenze, lo sfruttamento, le sofferenze e gli abusi sperimentati da me personalmente non erano un caso isolato, come inizialmente credevo. Grazie alle discussioni con altri membri della Sea Org, o figli di membri Sea Org, ho scoperto che quanto io avevo sperimentato aveva natura diffusa, e mi sono resa conto che era mio dovere uscire allo scoperto e raccontare la mia storia. È ormai chiaro che la chiesa non può o non vuole ripulirsi e che non permetterà a nessuna entità esterna ad essa di esaminarla attentamente o di regolarla. Non sto raccontando la mia storia con leggerezza. Lo faccio nella speranza che essa convincerà altri, ancora in silenzio, a parlare. Lo faccio nella speranza che la chiesa, come gruppo, cominci a osservare se stessa in modo critico. E lo faccio nella speranza che chi ha coperto dei crimini per proteggere il nome della chiesa venga denunciato, rimosso dai posti di autorità e perseguito. Lo faccio come piccolo tributo a chi non potrà mai parlare con la sua voce. Per le mie azioni, e perché non ritengo più che i suoi principi siano veri e assoluti, la chiesa mi etichetterà come nemica. Nemica di chiunque lavori attivamente dentro la chiesa, commettendo o perpetuando i suoi crimini. Tuttavia io non considererò mai mio nemico nessuno scientologist individuale solo perché mantiene le sue credenze religiose. Seguire un percorso religioso è suo pieno diritto. Quegli scientologist che un tempo erano miei amici lo restano, ai miei occhi; se qualcuno di loro decidesse di continuare a parlarmi nonostante i divieti della chiesa sarò lieta della loro compagnia, ne sarò felice. Contesto invece apertamente i tentativi di costringere mio fratello a "disconnettere" da me. Scientology non ha il diritto di interferire con la mia famiglia, che sarà mia in eterno e avrà sempre il mio affetto e sostegno, indipendentemente da quelle che sono le sue credenze religiose. Ci sono persone che la chiesa ha etichettato come malvagie e di cattiva influenza, vietando agli scientologist di contattarle in qualsiasi modo. Non riconosco alla chiesa, né mai lo farò, il diritto di dirmi con chi posso parlare. Continuerò a comunicare e a definire mio amico chiunque io voglia. E questo è un altro motivo per cui la Chiesa di Scientology si arroga il diritto di etichettarmi e rimproverarmi. Non mi importa. A me importano i miei amici - e confido sul mio giudizio per decidere chi è malvagio e chi non lo è. Invito ogni scientologist coinvolto in una disconnessione o che conosca qualcuno dichiarato "Persona Soppressiva" a pensare con la sua testa, a interrogarsi. Nonostante la pressione che l'organizzazione vi farà, o forse proprio per quella, voglio parlare a voce alta. Sono stata zitta troppo a lungo. E le ragioni sono molteplici. All'inizio ero troppo piccola e come molti bambini non avevo la capacità di giudicare le situazioni che mi riguardavano. Conoscevo soltanto la mia vita, non avevo pietre di paragone. Sarei rimasta scioccata se mi avessero detto che stavo subendo abusi. Quando ho acquisito la consapevolezza che le cose non erano come sarebbero dovute essere ero ancora una ragazzina, e non ero forte a sufficienza, non ero abbastanza coraggiosa per farmi avanti. Vedevo ciò che succedeva a chi sollevava critiche o obiettava, e ho imparato a non farlo. Sono stata zitta anche perché desideravo proteggere la chiesa. Mi era stato insegnato, e perciò "sapevo", che la Chiesa di Scientology doveva essere buona. Pertanto le mie stesse esperienze dovevano essere un caso isolato, degli errori. Non riuscivo a capire perché avrei dovuto danneggiare una organizzazione intera per la mia piccola infelicità personale. Ora, a distanza di anni, vedo la fallacia di quella logica. Perché mai un gruppo che mi trattava così non doveva trattare anche gli altri allo stesso modo? Tutti ce ne stavamo zitti assieme, non sapevamo che anche gli altri stavano soffrendo e non avremmo mai immaginato che la nostra felicità non si meritava di essere sacrificata. Questa è un'arma potente della chiesa. Ed è un'arma che spero di distruggere. Quando ho lasciato l'ambiente di Scientology ho tenuto rinchiusi in una scatola metafisica la mia conoscenza, le mie opinioni e i miei sentimenti. Mi è occorso tempo per aprire quella scatola e rendermi conto, con la maturità della persona adulta, del suo contenuto. Forse il fatto che me ne sono andata ormai da qualche anno lascerà spazio per cercare di screditarmi. Forse qualcuno dirà che la storia della mia vita è superata. Ma alcune cose non perdono di importanza solo perché è trascorso del tempo. Ed esistono molte altre storie più recenti della mia, e peggiori della mia. Sono rimasta in silenzio anche per paura: paura di perdere la mia famiglia, i miei amici, la mia sicurezza e la sicurezza della mia nuova vita. So perfettamente che le mie azioni avranno una ripercussione. Ma assieme alla comprensione che bisogna fare qualcosa arriva per me anche la necessità di mettere da parte la paura. Non posso parlare per gli altri, solo per me stessa. Non ho copie di documenti, o fotografie emozionanti o vistose o crudeli, o pettegolezzi succosi su qualcuno che è ancora dentro la chiesa. L'unica cosa che ho è la mia storia. Ed essa contiene la conoscenza di un trattamento dei bambini criminalmente negligente, di condizioni di lavoro al di sotto degli standard accettabili, del non essersi presi cura dei suoi stessi parrocchiani o dipendenti. È solo la storia di una bambina, una ragazzina, una goccia nell'oceano. È una piccola finestra su un mondo di cui tanti ignorano l'esistenza. Spero che altri racconteranno la loro storia perché siamo un esercito - solo che ancora non lo sappiamo. Scientologist, questa mancanza di compassione e l'insistenza nel non vedere nessun illecito si sono diffuse come un cancro. Distruggono il vostro popolo. Vi imploro di analizzare le vostre priorità, quelle che guidano le vostre azioni, e il loro vero risultato. Forse per una chiesa la cosa più importante non è il denaro, ad esempio. Le sole parole non bastano, fare affermazioni come "il maggior bene" o "salvare l'Umanità" non lo rendono un fatto. Vi chiedo di guardarvi da quelle giustificazioni che possono coprire ogni immaginabile peccato. Francamente ciò che può essere fatto in nome del "maggior bene" mi spaventa oltre ogni dire. In e su Scientology ci sono anche cose buone. Non lo negherò mai. Sfortunatamente il fatto che un gruppo o una filosofia contengano parti di bene non garantisce che anche tutto il resto lo sia. In alcuni casi, come nel mio, il danno fatto soverchia drammaticamente qualsiasi bene. Molti di noi hanno lasciato la chiesa per sempre, forse dovreste chiedervi perché. La chiesa cercherà di farvi ignorare le nostre parole per "proteggervi", e per "risparmiarvi di essere inturbolati". Ma forse voi siete più forti di quanto loro pensino. Forse dovreste farvi le vostre idee, invece che fare ciò che qualcun altro vi dice di fare. Sono fiduciosa che ci riuscirete. Anche voi dovreste avere altrettanta fiducia in voi stessi.
Non ho mai realmente parlato del mio periodo in Scientology. Soltanto i miei familiari stretti e una delle mie due migliori amiche sono a conoscenza del fatto che sono stata scientologist, e che sono stata sposata. Non lo dico in giro perché, francamente, suona davvero strano parlarne. Non ne ho mai parlato per timore di ritorsioni, per timore di ferire persone che ammiro e che ancora ne fanno parte, e per il fatto che ancora credo agli effetti di overt e natter, e perché non credo di essere una persona cattiva, per cui non voglio comportarmi da SP. Non credo di essere stata ancora "dichiarata" e non vorrei davvero esserlo - perché non sono una "soppressiva" e sostenere che io lo sono ferirebbe da morire tutte quelle persone che lo dovessero venire a sapere, anche se mi conoscono molto bene. Detto questo, però, sono fuori dalla chiesa da cinque anni e nonostante non voglia rispondere al telefono e abbia cambiato di casa diverse volte, continuano a cercarmi. Sono veramente stanca, non ne posso più, non voglio più essere molestata in questo modo. Forse se racconto la mia storia la smetteranno. Il mio ragazzo delle superiori proveniva da una famiglia Scientology e durante il primo anno di università feci anche io un corso. Erano tutti molto carini, affettuosi, si interessavano a me, mi piaceva il posto. A 18 anni venni reclutata per il TTC. All'epoca era chiaro che venivo reclutata nello staff soltanto perché volevano usarmi come leva per reclutare anche il mio ragazzo - lo dissi addirittura nell'intervista iniziale - e che anche la sua famiglia poteva essere potenzialmente reclutata. Ma non mi importava, ritenevo che lo stessero facendo per una nobile causa. Mi sono addestrata fino all'internato di auditor di Classe IV/GAT ma io personalmente non ho mai ricevuto molto auditing - ero troppo "PTS". Soffro da sempre di emicranie per cui non ero adatta all'auditing. Il fatto che mia madre fosse schizofrenica e molto antagonista a Scientology era un grosso problema. Sposai il mio ragazzo perché era ciò che ci si attendeva. Ricordo che un oratore della IAS una volta ci chiese quando pensavamo di sposarci, avevo appena 18 anni... Rimasi scioccata dal fatto che per lui era una cosa del tutto normale. E, dopo il mio primo anno nella chiesa, anche io lo ritenevo normale. Strano come le tue percezioni cambino. Gran parte dei miei problemi nella chiesa ruotavano intorno al problema di mia madre SP. Sono ancora del parere che quella donna sia fuori di testa. È una madre terribile e cerco di non avere contatti con lei. Però si verificarono alcuni episodi (tra cui lo staff senior che istruì mia suocera su come fare impazzire del tutto mia madre. E lei ci provò, ovviamente peggiorando di molto le cose) la gran parte dei quali furono tentativi di far firmare a mia madre una dichiarazione giurata in cui si impegnava a non denunciare mai Scientology. Alla fine dissi «Hey - la tech standard prevede che si disconnetta dai soppressivi. E lo farò». Ma a quell punto tutti uscirono di testa. «Non puoi farlo, potrebbe querelarci!». «Beh, è la cosa giusta da fare e se non lo faccio non riceverò mai auditing». Sfortunatamente la reputazione mediatica della chiesa è più importante che non seguire la policy o salire sul Ponte, signorina bella. Nella chiesa esistono un sacco di doppi standard e la policy può venire usata per giustificare praticamente ogni cosa. Puoi fare tutto il natter che vuoi sui publicche non vogliono scucire soldi o su un collega staff … anche se sono tutti perfettamente "in etica". Se lo fai, non viene considerato overt. A me sembrava sbagliato. Ho visto fare cose totalmente oscene. E' considerato accettabile trattenere qualcuno in una stanza dell'org per tutta la notte per convincerlo a entrare nello staff, non permettergli di andarsene. Ero entrata nello staff perché pensavo di poter aiutare il prossimo. Non mi ero resa conto che farlo avrebbe implicato anni di lavoro sette giorni alla settimana, spesso anche di sera o di notte, con a malapena la concessione di un po' di tempo libero per vedere famiglia e amici. Lavorare praticamente gratis e pretendere che costringi gli altri a fare altrettanto. Tutti gli staff di mia conoscenza erano al verde. E quello per molti era un fattore motivante - più lavoravi più teoricamente venivi pagato, perciò avrebbero dovuto pagarci. Bel trucchetto davvero. E se alla fine mettevi da parte qualche soldo c'era sempre un event della IAS in cui ti persuadevano a "donarli"!. Tutti gli staff che ho conosciuto che erano "saliti a bordo" con qualche risparmio, nel giro di breve erano al verde. Quando rimasi incinta ebbi quasi subito una minaccia di aborto e il medico mi ordinò di restare a letto e di non lavorare. Ero molto stressata e priva del sostegno della famiglia e degli amici (che avevano preso il largo). Non dimenticherò mai la telefonata in cui una staff senior mi rimproverò perché avrei dovuto essere all'org a lavorare e se il bambino moriva poco importava - svolgere il mio compito era più importante. Venni anche minacciata di un ComEv. Rimasi ferma nella mia decisione e restai a casa, nonostante le molestie. Quando alla fine persi il bambino la staff senior mi telefonò per dirmi che non dovevo sentirmi in colpa, e di tornare immediatamente al lavoro. Peccato che stessi ancora molto male. Quando, incinta, mio marito mi diede un pugno in faccia durante una lite venni mandata in etica per "tirar fuori i miei overt" e uscii quasi di testa quando l'auditor mi disse che dovevo sicuramente avere fatto qualcosa per attirarmi le sue botte. Evidentemente era colpa mia - mio marito lavorava nella divisione di Etica. Quando, in seguito, mio marito venne destinato all'addestramento a Flag lui e l'ED mi chiesero molto esplicitamente «Sei sicura che non si sia trattato di una semplice sberla? Sai, forse hai esagerato la cosa». Risposi «Certo, solo una sberla. Quel che vi pare». Del resto se lui voleva mentire poteva farlo. Che importava. A quel punto non ne potevo più di essere un'esca di etica e volevo solo evitare qualsiasi conflitto. "Mangiarti la faccia" è un'altra di quelle cose a cui sottopongono gli staff. A me accadde due volte, entrambe perché avevo scritto un Rapporto per Conoscenza su dei senior (tanto per dire quanto viene tenuta in considerazione la policy sui Rapporti per Conoscenza). La prima volta fui accusata di essere una SP da un tizio che poi in seguito si scoprì avere rubato migliaia di dollari ai patron. La seconda volta mi mangiò la faccia l'ED, aiutato in questo da mio marito che stava di guardia sulla porta in modo che non potessi andarmene. L'episodio avvenne opportunamente mentre nella stanza accanto era in corso una riunione dello staff, che poteva sentire tutto. Forse volevano mettere in guardia gli altri staff dal criticare i senior. In quell'occasione mi resi conto che quel gruppo non era di certo un luogo salubre. Capii finalmente che gente che si comporta in quel modo è "soppressiva". Se fossi rimasta avrei commesso un "overt di omissione" - avrei dato il mio consenso perché anche altri venissero sottoposti allo stesso trattamento, sarebbe stato come mostrare agli altri che quegli atteggiamenti funzionavano. Se me ne fossi andata, forse l'amministrazione superiore avrebbe ritenuto opportuno esaminare la situazione. Non sapevo ancora che quel tipo di comportamento si ripeteva uguale in ogni dannata org della Chiesa di Scientology, e che nella Sea Org era anche peggio. Comunque fino ad ora non sono stata "dichiarata" e forse qualcuno s'è accorto che non sono il diavolo. Dopo tre anni nello staff ne ebbi semplicemente abbastanza. Ero solo una mucca da mungere, dovevo audire il pubblico invece che terminare il mio addestramento. Il denaro era più importante che assicurarsi che la gente ottenesse i servizi di qualità per cui aveva pagato. Era frustrante, e mi sentivo fuori etica. Ogni volta che aprivo bocca venivo mandata in etica, ero stressatissima, soffrivo di emicranie continue (e ci si aspettava che continuassi ad audire, anche se mi veniva da vomitare), stavo sempre male, ero così magra che mi riconoscevo a stento allo specchio. Dissi chiaramente che ero infelice e che avevo bisogno di aiuto. Ma non accadde nulla. Tutti credevano fermamente alla policy secondo cui un auditor deve essere rimesso al lavoro, indipendentemente da ciò che in lui non va. Un giorno lasciai un biglietto a mio marito e feci i bagagli. Me ne andai, avevo il cuore a pezzi, non perché stessi lasciando il bastardo ma perché stavo abbandonando quel pubblico che avrei dovuto aiutare, e i miei amici dello staff. Quella sera non mi presentai al lavoro e le persone che avrei dovuto audire iniziarono a fare domande. Erano tutti infuriati. Negli ultimi cinque anni i sensi di colpa mi hanno riportata in org due volte, per fare dei cicli di etica. I public di mia conoscenza sono stati molto carini, erano felici di vedermi e felici che stessi cercando di "rimettermi in carreggiata". Molti staff invece mi odiavano, e quando intendo ODIO intendo proprio quello. Decisi che stavo molto meglio, ero molto più felice e potevo ancora essere di aiuto al prossimo senza dover stare in quell'ambiente odioso. Chi non mi odiava apertamente era troppo spaventato per dimostrarsi amichevole. Già da tempo si era sparsa la chiacchiera che ero una SP, un vero mostro. Mi resi conto che, per quanto amassi aiutare il prossimo e ancora pensassi che la tecnologia poteva funzionare, non sarei mai stata ritenuta degna di fiducia, sarei sempre stata una esca di etica, e che i problemi della chiesa erano gli stessi di sempre. I public possono avere problemi con il denaro che sono costantemente costretti a scucire, ma gli staff possono soffrire sul serio. Quando ripenso all'esperienza provo ancora molta amarezza ma dopo essermene andata ho divorziato, mi sono laureata, ho una carriera di successo, i rapporti con la mia famiglia e gli amici sono eccellenti. Le emicranie sono quasi solo un ricordo, sto bene fisicamente, ho raggiunto obiettivi importanti. Sono contenta della mia vita e non potrei mai più tornare indietro. Se siete ancora nella chiesa e ci state bene - beh, grandioso. Ma sarebbe carino da parte vostra accertarvi che la policy non venga usata come giustificazione per abusi verbali o mentali. Non esistono scuse per quel comportamento, non esistono giustificazioni. Difendete la vostra integrità e abbiate il coraggio di alzarvi in piedi se pensate che qualcosa sia sbagliato. Quanto accaduto a me è nulla rispetto a ciò che altri hanno patito. Mi dispiace di non essere stata sufficientemente forte da rimanere nella chiesa e cercare di aggiustare le cose dall'interno.
Quando accadde avevo cinque anni. Ero cresciuta in uno dei soliti campi, assieme a mia madre. Ad essere onesti non è che all'epoca avessi molto capito che cosa stava succedendo, e ripensandoci ora cerco di fare mente locale su ciò che accadde a mia madre. È davvero morta? O mi hanno mentito? Mi chiamo Janice Parker, figlia di [generalità cancellate dall'amministratore su richiesta] ex scientologist, ora defunta. Una mattina mi svegliai alle cinque, nella stanza che dividevo con altre tre bambine, e mi infilai la ruvida uniforme verde bottiglia pronta per iniziare a pulire la mensa per la colazione. Noi dodici bambini ci apprestavamo ad apparecchiare le tavole come facevamo ogni giorno quando venni chiamata da parte per incontrare mia madre, che non vedevo da tre settimane. Entrando nella stanza la vidi seduta su una sedia alla sinistra della pesante porta di quercia. Mi spiegò che sarebbe dovuta restare via per un po', e che le sarebbe piaciuto avermi con lei. Ma prima ancora che potesse finire mi dissero di andarmene e tornare con gli altri. Quella fu l'ultima volta in cui vidi mia madre. Per circa un mese mi punirono ogni volta che chiedevo di mia madre e mi rifiutavo di svolgere il mio lavoro. Una di tali punizioni consisteva nel farmi alzare un'ora prima degli altri e pulire mensa prima che gli altri bambini arrivassero ad apparecchiare. Se arrivavo in ritardo mi facevano indossare la stessa uniforme per una settimana intera, senza lavarla. Poi un giorno mi convocarono di nuovo per un colloquio con una donna di nome Sharon. Non mi disse mai il suo cognome o mai mi diede ulteriori informazioni sul suo conto, ricordo soltanto il suo nome di battesimo e i suoi capelli rossi e morbidi, e che mi disse che mio padre, un "SP", voleva prendermi con lui, ma io non avrei dovuto accettare perché lui era una persona molto cattiva. Dissi che andava bene, pensai che se non lo avessi fatto avrei passato dei guai. La vita continuò normalmente e io cercavo di dimenticare mio padre, ma senza esito. Sharon mi si avvicinava un paio di volte al giorno per dirmi che mio padre era cattivo, che io dovevo continuare a seguire Scientology e che un giorno sarei anche io entrata in Sea Org. Ma poi cambiò tutto. Una mattina mi svegliarono all'alba, mi dissero di preparare la mia roba e mi accompagnarono in fretta verso una macchina. A fine viaggio mi fecero entrare in una casa, e dentro quella casa c'era mio padre (e in quella casa avrei trascorso il resto della mia vita, libera da Scientology). Gli scientologist mi dissero che dovevo restare lì, punto. Nessun saluto, nessun arrivederci - semplicemente se ne andarono. Pare che, a mia insaputa, ci fosse stata una battaglia legale in merito alla mia custodia, come poi mi spiegò mio padre. Mia madre si era suicidata impiccandosi nella sua stanza una settimana dopo avermi detto che voleva che ce ne andassimo. Mio padre mi disse che Scientology voleva tenermi, ma lui si era rifiutato ed ecco qui, la mia semplice, e piuttosto noiosa, storia della mia infanzia in Scientology. Non so bene da dove iniziare, ma il mio primo ricordo di Scientology è alle Hawaii, mentre in macchina ci arrampicavamo verso la missione. Adoravo andare alla chiesa. In un qualche modo andò a finire che ci trasferimmo a Los Angeles e venni inserita nella Cadet Org su Melrose. Odore di escrementi negli androni, vedere la mia famiglia fatta a pezzi dall'esperienza. Ricordo mio fratello chiudere l'acqua calda, e non fare il bagno per ciò che mi parevano settimane di fila. Ricordo di una madre che lavorava alla Cadet Org, e che mi fece cadere dalle scale per un qualche motivo che aveva a che fare con mia madre che stava sul RPF. Ricordo di essere stata in Scientology fino alla tarda adolescenza, e che pensavo che quello fosse il modo giusto in cui vivere. Tutto bene, fino a che il mio migliore amico non venne dichiarato. Sapevo che era una brava persona ma mi vietarono di parlargli. Decisi che lui nei miei confronti non aveva mai dimostrato altro se non amicizia, e il solo fatto di non voler disconnettere da lui mi fece perdere tutti gli altri amici. Scrivo con trepidazione, forse parlo di qualcosa che permetterà di identificarmi e farmi dichiarare, perdendo così parte della mia famiglia. Ma più leggo più mi rendo conto che queste cose le devo tirare fuori. La mia famiglia è stata fatta a pezzi, amici e persone con cui ritenevo di condividere un grande affetto sono sparite, il tutto grazie a Scientology. Non odio Scientology, ma odio che persone che pensavo fossero i miei migliori amici abbiano preso il largo. Odio quando contatto i vecchi amici su Facebook, e poi li perdo di nuovo perché mi considerano cattiva o malvagia. Ho bellissimi ricordi del periodo trascorso in Scientology, ma io non l'ho mai realmente condivisa. La cosa che mi ferisce è che qualcuno mi consideri una brutta persona per il solo e unico fatto che non credo che Scientology faccia per me. Potrei parlarvi a lungo della Sea Org e della Cadet Org a metà degli anni '70, o dell'abuso di potere della sicurezza di Scientology, dei tipi molto "cow boy", ma sarebbe natter e non credo che aiuterebbe nessuno. Sono molto dibattuta anche all'idea di inviare questa e-mail, ma continuo a leggere racconti delle altrui esperienze in Scientology e credo che la gente debba capire che Scientology è una religione, né migliore né peggiore di qualsiasi altra religione. L'unica cosa che vorrei avere indietro sono tutti i grandi amici con cui sono cresciuta. È veramente terribile che mi considerino una brutta persona soltanto perché non pratico la loro religione. Se c'è qualcosa che vorrei chiedere a questo gruppo è di aiutare i vecchi amici a ritrovarsi, ad andare d'accordo. Ho amato la mia vita in Scientology e vorrei semplicemente che i miei vecchi amici potessero amarmi allo stesso modo, anche se non credo a ciò in cui loro credono.
Il mio racconto riguarda il periodo in cui ero già uscita dalla Sea Org, ripensarci mi fa ancora molto male e mi rende vulnerabile ma d'altra parte penso che si dovrebbe sapere come Scientology e la disconnessione incasinano la mente di un bambino. Non dimenticherò mai la prima notte nel centro di valutazione. Giacere nel letto in un dormitorio pieno di bambine estranee, e piangere fino ad addormentarmi. Pensare di essere una criminale e che il mio grosso crimine era desiderare di essere amata. Certo a 12 anni hai diritto di essere amata e accudita, ma evidentemente chiedevo troppo. Il centro era una unità di sicurezza, non c'erano sbarre alle finestre ma nessuna delle porte esterne poteva essere aperta, e nessuna delle finestre si apriva più di 5 centimetri. L'incaricato mi ricordava un MAA senza l'uniforme della Sea Org. Fu molto chiaro fin dall'inizio: «non metterti nei guai con noi e andremo d'accordo». «Di qui non puoi uscire, per cui non ti ci provare. Se cerchi di scappare sarai punita». Mi sembrava di aver barattato una prigione con un'altra. Mentre ciò che Hubbard faceva doveva essere illegale, questo invece rientrava nell'ambito della legge. Ero in trappola. Mi facevano continuamente domande sul mio passato, sulla mia famiglia, dove ero stata all'estero? Ero costantemente sul chi vive, anche rispondere alle domande più semplici era difficile, ero sicura che volevano cogliermi in fallo. Dare sempre una "shore story", così ci diceva sempre Hubbard, e anche se odiavo Hubbard, un uomo sgradevole e crudele, sembrava proprio che per sopravvivere dovessi conformarmi ai suoi ordini. Continuavo a pensare a che cosa poteva essere successo a mio padre. Quella gente non lo sapeva, era come se fosse scomparso dalla faccia della terra. Scomparso come erano scomparsi tanti altri sulla nave [Apollo]. Un giorno c'erano, il giorno dopo non c'erano più. Dove fossero andati non si sapeva. Era strano perché sembravano bravissime persone ma secondo Hubbard avevano fatto cose terribili. Viceversa, vedevo Hubbard ordinare di fare al suo equipaggio cose terribili. Chi era il bugiardo? Doveva essere Hubbard. Mi ero chiesta se per caso mio padre non fosse stato ucciso. Non sapevo che pensare. Hubbard poteva essere crudele a quel punto? Ero sicura di sì. Era difficile adattarsi a quel nuovo ambiente, un gruppo eterogeneo di ragazzini provenienti da ogni possibile situazione. Ma almeno parlavano una lingua che ero in grado di comprendere, il tacito accordo era che non dovevi chiedere agli altri perché erano lì, ognuno di noi aveva i suoi segreti e la sua triste storia. Mi resi conto che non era necessario provenire da un ambiente Scientology per vedersi ricoprire di letame. Era esperienza comune della vita di quei bambini trascurati. Ciò che non riuscivo a capire era perché punivano noi per le mancanze degli adulti. Non mi sarei mai più fidata di un adulto. Mi assegnarono un assistente sociale, ancora domande su domande. Quando si sarebbero resi conto che non gli avrei mai detto niente? Tanto, anche se lo avessi fatto, non avrebbero capito. Se anche avessi raccontato loro la mia storia, non avrebbero capito. Chi avrebbe potuto veramente capire che cosa succedeva nella Sea Org? L'universo in cui quella gente viveva era così fuori dal mondo che se anche avessi provato a raccontarglielo mi avrebbero rinchiuso in una stanza da sola, senza finestre, solo un letto. Solo io, un letto e una vita fatta di nulla. Ero un non-essere. Ero una "persona soppressiva". Sapevo che Hubbard era un truffatore, ma se nel mio caso avesse avuto ragione? In fondo avevo fatto pensieri terribili su di lui e non avresti dovuto avere pensieri del genere. Era un crimine. Tradimento. Forse anche mio padre era rinchiuso da qualche parte? Era in Tradimento. Non fidarti di nessuno. Nella struttura dei servizi sociali c'era una scuola e durante la settimana seguivamo il curriculum nazionale. Se non altro rappresentava un po' di respiro dai miei timori e preoccupazioni. L'insegnante era gentile, per quanto lo possono essere gli adulti. Il sabato mattina potevamo uscire per fare acquisti, un adulto e due ragazzi per assicurarsi che non fuggissimo. Nella mia prima gita fuori perlustrai i paraggi per cercare una via di fuga da sfruttare alla prima occasione. Alcuni degli altri ragazzini ci avevano già provato, ma erano stati presi e riportati dentro. Quando fossi scappata non mi sarei lasciata riprendere. Poi arrivò la visita psichiatrica, secondo Hubbard il genere più soppressivo della terra. Forse penserete che a quel punto dovevo essermi resa conto che Hubbard si sbagliava sugli psichiatri, ma ormai la credenza si era radicata dentro di me e mio padre mi diceva le stesse cose. E io a mio padre ci credevo. Ero convinta che lo psichiatra pensasse che ero matta, stava aspettando solo un mio passo falso e, quando lo avessi fatto, sarebbe stata la fine. Mi avrebbero rinchiusa in manicomio, buttando via la chiave. Era così che facevano gli psichiatri, giusto? Mi avrebbero centrifugato il cervello e poiché la mia mente era già estremamente fragile non ci sarebbe voluto molto per spingermi oltre il limite. Io e un'altra ragazza della SO avevamo riso su come nel mondo reale saremmo state rinchiuse se avessimo raccontato a qualcuno che cosa era la Sea Org. Avevo riso perché ero terrorizzata che sarebbe successo, ed ora eccomi lì davanti al mio dilemma. Non avrei detto nulla allo psichiatra, non mi avrebbe colta in fallo. Racconta una verità accettabile, non mi sarei fatta rinchiudere se solo avessi potuto evitarlo Mentre scrivo queste righe mi sento profondamente amareggiata e furiosa. A 12 anni i miei processi mentali erano totalmente disfunzionali. Se da una parte dovevo prendermi la responsabilità di selezionare l'indottrinamento ricevuto, e la filosofia hubbardiana era molto radicata dentro di me, dall'altra l'impostore era Hubbard, non io, ma a volte pensavo di essere io. Dopotutto ero io quella rinchiusa, mentre Hubbard era libero, era in mare. Quando arrivi in un posto nuovo è difficile fare amicizie. Imparai sulla mia pelle che essere sopraffatti dai propri pari era la norma, fino a che non ti dimostravi altrettanto dura. Nessuno degli altri ragazzini, ai servizi sociali, mi parlò per settimane. C'era questa ragazzina, era la leader, una specie di bulla e fino a che lei non decise che si poteva parlare con me nessuna osò farlo. Come tutti i bulli anche lei esibiva all'esterno una corazza forte ma sotto la superficie era a pezzi. Un giorno la trovai in lacrime nel dormitorio, sua madre doveva venirla a trovare ma non si era fatta vedere. Mi avvicinai cercando di darle conforto e decise che dopo tutto ero una persona a posto. Da quel giorno le altre cominciarono a rivolgermi la parola. Il giorno in cui arrivò la moglie di mio padre fu orribile. Penso fosse venuta su insistenza degli assistenti sociali. Arrivò di corsa, disse che aveva soltanto cinque minuti perché doveva recarsi a St. Hill. Mi disse che «mi ero pulinata tutto [1]» e che «toccava a me maneggiare la situazione», poi se ne andò. Non dimenticherò mai la faccia dell'assistente sociale, non riusciva a credere al comportamento della moglie di mio padre. Non cercai mai di fuggire dai servizi sociali. Sicuramente non ero ciò che potreste definire una bambina felice, ma riuscii ad adattarmi alla routine. Strinsi grandi amicizie perché eravamo tutte sulla stessa barca ed era veramente il caso di fare buon viso a cattiva sorte. Verso la fine della mia permanenza ci portarono in vacanza per due settimane su una grossa chiatta e potei godere di un tipo di libertà che non avevo mai conosciuto prima in vita mia. Ci divertimmo un sacco. Sempre verso la fine della mia permanenza trascorsi un fine settimana con la moglie di mio padre. Non che desiderassi particolarmente andarci, non volevo avere più nulla a che fare con Scientology e con lei. Ma l'assistente sociale pensava che fosse una buona idea. Mi ero chiesta che cosa avrebbero pensato se avessero avuto idea di che cosa era Scientology, che cosa era la Sea Org. Ma sembravano brancolare nel buio e non riuscivano a capire la mia riluttanza. Fu un fine settimana terribile. Feci una torta a giocai con mia sorella, quello mi piaceva ma oltre a quello erano solo scientologist che parlavano - indovinate di cosa? Di Scientology. Ormai di Scientology non ne potevo più, ciò che aveva fatto a mio padre e a me. Ma ancora nessuno sapeva dove fosse mio padre e anche se lo avessero saputo non lo avrebbero detto. Ho un ricordo di me seduta lì che pensavo «Che ci faccio qui?», mi guardavo intorno e sembravano tutti uguali, tutti la stessa faccia. Pensavo a questa faccia da scientologo … le uniche parole che mi vengono in mente per descriverla è "sorriso vitreo". Pensavo che non sarei mai più tornata in quella casa, tanto era come se non vi fossi nemmeno in quel momento. Quando lasciai il centro mi sorpresi a piangere. Non ci volevo stare, ma è anche vero che era tutto ciò che avevo e, quantomeno, mi era familiare. Mi avevano trasferita in una casa-alloggio. Odiai quella casa-alloggio dal più profondo del cuore. Erano severissimi. A parte due staff, molto gentili, i dirigenti a volte ci trattavano con disprezzo. Per certi versi era ancora peggio che stare rinchiusa. Potevamo uscire da soli e frequentavamo la scuola pubblica, ma da dove venivi era molto evidente e la gente, non solo i compagni di scuola, tendeva a trattarti come se fossi tu quello sbagliato. E io mi sentivo come se fosse un riflesso di me stessa, della mia personalità, come se non avere una famiglia fosse una mia colpa. Fuggii dalla casa alloggio, io e un'altra ragazza decidemmo che ne avevamo avuto abbastanza. Ero ancora convinta che sarei riuscita a trovare mio padre, che ingenua… non sapevo nemmeno da dove iniziare a cercarlo. Ci dirigemmo verso Londra, camminammo per buona parte della giornata. Senza soldi, senza mangiare, le gambe a pezzi, il buio che avanzava. Passammo davanti alla stazione di polizia e, dopo una breve discussione, decidemmo di consegnarci. Gli agenti furono molto gentili e ci riportarono "a casa", dove sapevamo che non sarebbero stati altrettanto gentili. Ci tennero in punizione per un mese e ci assegnarono compiti extra, oltre a quelli che già avevamo. Lucidare le scarpe di tutti divenne il mio momento di odio quotidiano. Il mio assistente sociale veniva a trovarmi tutti i mesi, mi portava fuori a pranzo. Lo trattavo malissimo e ogni volta lo pregavo di togliermi di lì. Lui continuava a dirmi che non era facile, e finivamo sempre per litigare. Odiavo terribilmente tutti gli adulti. A volte cercava ancora di farmi parlare del periodo trascorso lontano da mio padre, nella Sea Org. Era evidente che sapevo più di quanto dicessi ma ero molto determinata a non parlarne.
Un giorno ricevetti una lettera. Era di mio padre. Nell'aprirla piansi tutte le lacrime dell'universo. Non era morto... mi diceva che non poteva incontrarmi e che non poteva lasciarmi un indirizzo a cui rispondergli, e piansi ancora di più. Non diceva dov'era, dov'era stato, cosa gli era successo. Chiesi al personale se sapessero dov'era. Mi risposero che non ne sapevano nulla. Serbai con cura quella lettera, la cosa più preziosa che avevo, e continuai a leggerla. Piansi come non riuscii mai più a piangere in vita mia. Fui travolta dalla depressione, mi introvertii di nuovo e, ancora una volta, desiderai di morire. In quel periodo cominciai a fare sogni molto vividi in cui ero ancora sull'Apollo, e mi svegliavo ricoperta di sudore freddo. Ero sempre alla ricerca di mio padre, cercavo, cercavo ma lui non era da nessuna parte. 1. da pull-in, tirarsi addosso. Secondo le credenze di Scientology, "ognuno è responsabile della propria condizione", comunque e sempre. A ogni "flusso uscente" corrisponde un "flusso entrante". |
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