Il proliferare delle sètte religiose
e dei nuovi movimenti magici in Italia è documentato da un rapporto
della Direzione centrale polizia di prevenzione del Dipartimento della
pubblica sicurezza. Pur con alcuni limiti, il dossier del ministero dell'Interno
ha il merito di aver aperto una discussione a livello istituzionale su
un problema, quello delle sètte, la cui rilevanza sociale è
destinata ad aumentare, visto che il fenomeno è in continua espansione.
Il rapporto Sètte religiose
e nuovi movimenti magici in Italia, stilato dalla Direzione centrale
polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero
dell'Interno, nel Febbraio 1998 e inviato il 29 Aprile 1998 alla Commissione
affari costituzionali della Camera dei deputati, ha avuto nel periodo immediatamente
successivo a tale presentazione un notevole impatto sui diversi mezzi di
comunicazione. Ora, passato l'iniziale "clamore", ritengo se ne possa parlare
con più distacco e maggior cognizione di causa.
Innanzitutto è opportuno fare un
cenno alla composizione del rapporto che si può dire sia formato
essenzialmente da due parti. La prima affronta la descrizione del fenomeno
in generale con il relativo impatto sociale, la questione terminologica,
la classificazione, la stima numerica.
La seconda, che è certamente preponderante
(oltre 80 pagine sulle 105 totali del dossier), tratta la descrizione di
alcune categorie generiche e di 34 nuovi movimenti religiosi (nmr) e 36
nuovi movimenti magici (nmm) presenti in Italia.
Il dossier non si presenta certo come un
compendio esaustivo del mondo delle sètte in Italia, ma è
indubbiamente un primo interessante approccio a questo tema da parte del
Viminale. Per quanto riguarda la stima dei movimenti presenti e dei rispettivi
aderenti, in esso si segnala cbe in base ai rilevamenti compiuti dalle
Questure negli ultimi due anni è possibile parlare di 137 aggregazioni
(76 nmr e 61 nmm) che coinvolgono un totale di 85.100 aderenti (78.500
i nmr e 46.000 i nmm). Proprio per il suo carattere di documento redatto
da un organismo di polizia, mette in evidenza alcuni aspetti significativi
e particolarmente originali, come ad esempio quelli contenuti nei capitoli
1 (le radici del fenomeno e l'allarme sociale) e 3 (pericoli e possibili
implicazioni penali nell'attività di alcuni movimenti), oppure alcune
notizie rilevabili nelle schede dei diversi movimenti.
Al contempo però presenta almeno
due limiti di un certo spessore. Il primo è sicuramente quello relativo
alle stime, infatti i gruppi e movimenti presenti sul territorio italiano
sono certamente più numerosi rispetto a quelli indicati nel rapporto.
Per fare un esempio, in esso si afferma
la presenza di 3 movimenti di matrice cristiana con 45.000 aderenti e di
28 movimenti neopagani e New Age con 3.000 aderenti. Ebbene, i movimenti
di matrice cristiana presenti sul nostro territorio superano il centinaio,
inoltre all'interno di questa categoria non possiamo trascurare la presenza
dei Testimoni di Geova (peraltro citati in nota nel capitolo 2 del rapporto),
il cui numero di aderenti si attesta attorno alle 220.000 unità.
Anche il mondo New Age è indubbiamente sottostimato, perlomeno
andava messo in evidenza che la nascita (e morte) continua di gruppi o
centri che si ispirano alle idee acquariane, dipendenti o no da organizzazioni
maggioritarie, pur rendendo difficile una stima precisa, fa ipotizzare
una presenza di un numero ben maggiore di associazioni (c'è addirittura
qualche parlamentare che ha parlato della presenza di ben 13.000 associazioni
e di oltre 12.000.000 di clienti italiani, che fanno riferimento alla New
Age e ai prodotti proposti o veicolati da quell'ambiente. Comunque,
anche tale stima non è realistica, anzi altamente esagerata). L'altro
limite è riscontrabile in alcune schede contenenti imprecisioni
ed errori che hanno sollevato rimostranze da parte dei movimenti in esse
descritti.
A parte i limiti, penso che il merito principale
del rapporto sia stato quello di avere suscitato un'attenzione e aperto
una discussione a livello istituzionale su una tematica come quella delle
sètte che indubbiamente ha implicazioni di diverso genere e un'importanza
che con il passare del tempo è destinata ad aumentare, visto che
attualmente la loro diffusione è in pieno sviluppo.
Sono varie le questioni che un fenomeno
di tal genere può porre ai legislatori, alle autorità giudiziarie
e di polizia, agli studiosi del settore e alle persone a qualunque titolo
interessate.
Tra queste possiamo evidenziare: l'opportunità
o meno di ricorrere a leggi particolari per affrontarlo; la possibilità
concreta che alcuni gruppi o movimenti particolarmente ambigui cerchino
di ottenere agevolazioni di diverso genere o riconoscimenti giuridici per
operare al riparo della libertà religiosa e sfruttare le possibilità
che possono essere loro concesse da leggi correnti o ancora in discussione.
Problemi di questo genere esigono indubbiamente riflessioni profonde e
ben articolate; qui cercherò solo di stabilire qualche coordinata
alla quale far riferimento nel prendere in esame le tematiche da essi poste.
Il Consiglio d'Europa nella Raccomandazione
n. 1178 del 5 Febbraio 1992 ha affermato che la libertà di coscienza
e di religione garantite dall'art. 9 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo rende inopportuno il ricorso a una legislazione ulteriore per
le sètte e che anzi i problemi posti da esse dovrebbero essere affrontati
con interventi di tipo educativo, comprendenti anche la diffusione di un'informazione
concreta e obiettiva sulle maggiori religioni e le loro principali varianti
e sulla natura e le attività delle sètte e dei nuovi movimenti
religiosi. Successivamente il Parlamento europeo è intervenuto con
una Risoluzione sulle sètte in Europa, datata 29 Febbraio
1996, che tra l'altro chiede agli stati membri di accertare se le rispettive
disposizioni giuridiche, fiscali e penali sono idonee ad impedire che le
attività di certe sètte sfocino in azioni illecite.
Come è possibile appurare il non
ricorso a leggi particolari è strettamente legato al fatto che le
legislazioni correnti siano idonee ad affrontare i problemi che potrebbero
sorgere dal compimento di azioni illecite da parte di alcune sètte.
Ciò tiene aperto tutto un interessante campo di discussione, che
può anche avvalersi dei documenti approvati dagli organismi politici
europei e della Relazione sulle sètte nell'Unione Europea,
datata il Dicembre 1997, e rinviata dal Parlamento europeo alla Commissione
per le libertà pubbliche e gli affari interni in data 13 Luglio
1998. Questo tema non ha mancato di coinvolgere gli specialisti di nuove
religioni, alcuni dei quali non hanno tralasciato l'opportunità
di coniare frasi ad effetto del tipo "La setta è l'altro", "Chi
di setta ferisce di setta perisce", oppure "Leggi speciali contro le sètte
potrebbero ritorcersi contro le religioni storiche e tradizionali", e così
via.
Il corpus legislativo di un qualunque
Paese non è qualcosa di statico e immutabile e non può non
tener conto delle situazioni sociali che continuamente evolvono, si tratta
di volta in volta di vedere se è il caso o meno di apportare correzioni,
modifiche o introdurre nuove norme, improntando sempre il tutto a un profondo
senso di giustizia; pertanto, se eventuali nuove leggi in campo di materia
religiosa sono giuste e utili, non devono preoccupare gli aderenti a sètte
o a grandi religioni.
Non ha senso opporsi toutcourt all'introduzione
di nuove leggi, ma è invece fondamentale valutare l'effettivo bisogno
di introdurle e in caso affermativo è ancor più importante
preoccuparsi di valutare l'equità o meno delle stesse impegnandosi
a far sì che siano il più possibile improntate a un profondo
senso di giustizia.
Pertanto il problema va affrontato con
più serenità e con mente scevra da pregiudizi o posizioni
precostituite e va incanalato all'interno di un dibattito a più
voci sereno e chiarificante che rigetti la camarilla accademica
e che abbia come riferimento centrale la tutela della libertà religiosa
non solo delle minoranze, ma anche delle singole persone. Al riguardo può
essere illuminante l'intera Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae
sulla libertà religiosa, che sarebbe opportuno fosse presa come
riferimento da chi nei vari campi e a diverso titolo si occupa di queste
tematiche.
Al punto 4, in cui tratta la libertà
dei gruppi religiosi, la Dichiarazione afferma:
"La libertà religiosa che compete
alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono
in forma comunitaria (...).I gruppi religiosi hanno anche il diritto di
non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria
fede, a voce e per scritto. Però nel diffondere la fede religiosa
e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere
in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli
meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza
risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto
e come lesione del diritto altrui".
Queste considerazioni possono anche introdurre
con efficacia una discussione sul problema dei riconoscimenti giuridici
dei gruppi e dei movimenti di diversa matrice o ispirazione che si presentano
come aggregazioni religiose.
Al riguardo è evidente che la tutela
della libertà religiosa delle minoranze non debba comunque prescindere
dal rispetto della libertà religiosa del singolo individuo da parte
di ciascuna minoranza; se ciò non avviene per prassi, non è
fantasioso pensare che l'aggregazione che non rispetta la persona umana,
con più facilità può essere portata al coinvolgimento
in attività non abbastanza trasparenti se non chiaramente illecite,
pertanto diventa significativo ricordare quanto riportato al punto 4 della
Risoluzione sulle sètte (29-2-1996) del Parlamento europeo, che
"invita i Governi degli Stati membri a non rendere automatica la concessione
dello statuto religioso e a considerare, nel caso di sètte implicate
in attività clandestine o criminali, l'opportunità di togliere
loro lo statuto di comunità religiose che conferisce vantaggi fiscali
e una certa protezione giuridica."