Di Carol Giambalvo Tratto da Carol Giambalvo's Cult Information and Recovery, © 1996, Carol Giambalvo. Traduzione a cura di Martini
Relazione di Carol Giambalvo [1], consulente di riforma del pensiero, presentata al Convegno organizzato nel maggio 1999 dalla AFF [2].
Pannello di dibattito: David Clark, Consulente di riforma del pensiero, Joseph Kelly, Consulente di riforma del pensiero; Patrick Ryan, Consulente di riforma del pensiero; Hana Whitfield, Consulente di riforma del pensiero e Jerry Whitfield, Consulente di riforma del pensiero. In origine, secondo quanto riferito da alcuni “veterani”, gruppi come i Bambini di Dio permettevano ai loro membri contatti frequenti con i genitori – anche visite al gruppo – finché questi non si dimostrarono convincenti nel persuadere i figli adulti interrompere l'affiliazione. I gruppi iniziarono allora a limitare fortemente l'accesso familiare. Verso la metà degli anni '70 iniziarono ed emergere racconti di genitori che parlavano del coinvolgimento dei loro figli adulti in gruppi religiosi (e alcuni non religiosi) che molti definivano come sette. Parlavano di repentini cambiamenti della personalità ed esprimevano preoccupazione per i figli che improvvisamente abbandonavano gli studi iniziando ad evitare famiglia e amici, e dedicavano tutto il loro tempo al lavoro per questi strani nuovi gruppi a cui promettevano totale obbedienza. Molti genitori arrivarono alla conclusione che i figli erano stati plagiati. I genitori facevano quanto in loro potere per liberare i figli da quanto percepivano essere situazioni pericolose. Attraverso tentativi ed errori si sviluppò il procedimento di deprogrammazione. Negli anni '70 esso divenne il mezzo preferito per liberare membri di setta, perché molti lo consideravano l'unico modo per fare uscire la persona dal gruppo. In base alla nostra attuale esperienza si trattava in realtà di una percezione sbagliata, perché ogni anno migliaia di membri lasciano il gruppo autonomamente. Infatti da molte indagini non ufficiali portate a convegni e a seminari della AFF dedicati al recupero, risulta che la maggioranza di chi vi partecipa è rappresentata da walkaways [letteralmente: chi se n'è andato con le proprie gambe – N.d.T.]. Ma all'epoca le famiglie basavano le loro decisioni sulle informazioni prevalenti. E una buona parte di quelle decisioni si basava sul fatto che in alcuni gruppi i membri venivano zelantemente protetti dai genitori, spesso i loro nomi venivano cambiati oppure erano continuamente trasferiti in località diverse. Dobbiamo aggiungere che non tutte le deprogrammazioni erano situazioni “acchiappa e trattieni”. In alcune i membri erano liberi di andarsene in qualsiasi momento, in altre erano gli ex membri stessi a cercare la deprogrammazione volontaria. Ma per il nostro scopo di oggi e secondo l'attuale modo di pensare, useremo il termine deprogrammazione per indicare una situazione involontaria; assistenza d'uscita per indicare una situazione volontaria, e consulenza su riforma del pensiero per intendere un approccio ancora diverso, e cercheremo di spiegarne differenze e storia. I resoconti dei media hanno presentato – e in alcuni casi tuttora presentano – l'approccio di deprogrammazione drastica come unico esistente, e hanno successivamente diffuso il concetto che fosse l'opzione migliore a disposizione delle famiglie. La deprogrammazione sollevò controversie perché implicava costringere il membro del gruppo ad ascoltare persone che gli fornivano informazioni non rese disponibili all'interno dei culti. Alcune legislature statali passarono leggi di regolamentazione che legalizzavano il procedimento, una di esse ricevette il veto del governatore. L'opposizione alla deprogrammazione in seguito aumentò, così come crebbe il riconoscimento dell'efficacia di alternative meno restrittive. Nella deprogrammazione il membro del gruppo veniva a volte rapito in strada, anche se più comunemente gli veniva semplicemente impedito di lasciare l'abitazione o l'hotel. Spesso la deprogrammazione riusciva a districare il familiare dal culto di appartenenza; ciononostante falliva più frequentemente di quanto si pensasse, e a volte venivano presentate denunce contro genitori e deprogrammatori. In alcuni casi seguirono arresti e processi. Il procedimento di deprogrammazione è molto diverso dall'assistenza volontaria all'uscita. Alcune delle idee su sette e plagio prevalenti all'epoca hanno contribuito a quel procedimento. Si credeva che la presa del plagio sui processi cognitivi di un membro dovesse essere interrotta – o “snapped” [spezzata di colpo – N.d.T.] come alcuni dicevano – con mezzi che avrebbero scioccato il membro, o l'avrebbero costretto con il terrore a ragionare di nuovo. Per questo motivo in alcuni casi venivano bruciate le foto del leader del culto, o si creavano interazioni di forte scontro tra i deprogrammatori e il membro. Ciò che spesso si ricercava era una risposta emotiva all'informazione, lo shock, la paura, e lo scontro. Esistono storie dell'orrore – promosse con più veemenza dai culti stessi – di limitazioni, percosse e anche stupro. E dobbiamo ammettere di aver incontrato ex membri che ci hanno raccontato le loro esperienze di deprogrammazione – diverse di esse parlavano di manette, armi e abusi sessuali. Ma grazie al cielo si tratta di una minoranza – e per quanto ci riguarda non le abbiamo mai giustificate. Ciononostante la deprogrammazione ha aiutato a liberare molte persone che venivano tenute prigioniere da sette distruttive in un'epoca in cui altre alternative non sembravano percorribili. Assistenza d'uscita (Exit Counseling) Gradualmente aumentò non solo la comprensione del processo di riforma del pensiero, ma l'approccio volontario all'assistenza d'uscita dimostrò la sua efficacia – e i minori rischi sia a livello psicologico che legale. Alcuni si dedicarono in prima persona all'assistenza d'uscita rifiutando di agire senza la precisa accettazione (volontarietà) del soggetto. Anche nel campo dell'assistenza d'uscita sono presenti diverse scuole di pensiero. Alcuni tendono ad avere un orientamento tecnico e/o promuovono una particolare prospettiva religiosa. Altri hanno un orientamento informativo. Si presentano come persone in possesso di informazioni importanti. Sebbene possano dimostrare preferenze sul modo in cui il membro del gruppo sceglie di reagire a quelle informazioni, si assicurano di evitare ogni manipolazione. Un modello del procedimento viene descritto nel libro Exit Counseling: A Family Intervention. La differenza primaria tra assistenza d'uscita e deprogrammazione risiede nella sua natura volontaria, ma non è l'unica da rilevare. L'assistenza d'uscita mette un forte accento sulla valutazione preventiva, ricorrendo ad informazioni e colloqui pre-intervento che permettano all'assistente di determinare i turbamenti specifici di famiglia e membro, e di eliminare azioni che vengano richieste per scopi che non giustificano un serio intervento sulla vita di un individuo. Ad esempio Johnny sta per sposare qualcuno che appartiene ad un gruppo razziale o culturale diverso, o Johnny non frequenta più la chiesa XYZ. Questi esempi, tra l'altro, sono assai rari. Nella maggioranza dei casi vediamo famiglie responsabili che cercano aiuto per preoccupazioni legittime. Tuttavia dobbiamo essere molto attenti nel valutare quelle preoccupazioni e a non esagerarle. Esistono alcune situazioni in cui l'intervento è impossibile alle condizioni presenti, per esempio quando la famiglia non può mettersi in contatto con il membro del gruppo. Prima di progettare un intervento, alcune famiglie vengono indirizzate a professionisti di salute mentale con competenze nel campo, e si esegue un lavoro preliminare. Si mette l'accento sulla comunicazione tra famiglia e membro del gruppo, sulle informazioni relative al gruppo specifico e su che cosa insegna, che cos'è la riforma del pensiero e come funziona, e sui processi di recupero. Questo procedimento, secondo noi, è diverso dalla deprogrammazione perché ha un approccio molto più rispettoso, non è di scontro, gli assistenti devono dimostrare la loro credibilità, esiste molta più interazione con le informazioni e cerca primariamente una risposta cognitiva piuttosto che emotiva. Molto raramente si assiste ad visibile “snapping” – si rileva piuttosto un graduale aumento di interesse, interazione e reazione all'informazione – accompagnato spesso da un aumento dell'interesse e dell'interazione con la famiglia. Lasciatemi poi aggiungere che gli assistenti d'uscita si rendono conto che l'intervento è solo il primo passo. Nel caso la persona decida di lasciare il gruppo dovrà percorrere una lunga strada di recupero, che può essere facilitata dalla possibilità di frequentare Wellspring [3], ma che richiede moltissimo sostegno emotivo, psicologico e cognitivo, e potrebbe essere immorale ricorrere all'intervento se non si appronta quel sistema di sostegno. Consulenza di riforma del pensiero (Thought Reform Consultation) Negli anni '80 molti tra coloro che operavano in questo campo di intervento cercarono di riunirsi per trovare il modo di migliorare sia la professione che se stessi. Ma insorse la difficoltà di definire chiaramente assistenza d'uscita e deprogrammazione. All'epoca alcune organizzazioni di assistenza e aiuto contribuirono ad alimentare la confusione mantenendo l'idea che esistessero assistenza d'uscita sia volontaria che involontaria, e deprogrammazione sia volontaria che involontaria. Come conseguenza , e mancando una precisa definizione, non fu possibile escludere da quegli incontri chi si definiva assistente d'uscita ma di fatto faceva deprogrammazione involontaria, e il nostro lavoro per stabilire linee guida morali e un approccio più professionale girava a vuoto, per così dire. Un gruppo di persone che si dedicava unicamente agli interventi volontari decise di iniziare a riunirsi regolarmente per discutere idee e informazioni, e per sviluppare precisi standard morali. Formammo una organizzazione di Consulenti di Riforma del Pensiero, pubblicando infine i nostri Standards Etici. Essi furono modellati sui Codici Morali e sugli standards delle seguenti organizzazioni:
Abbiamo lavorato con impegno per combinare quegli standards ad alcuni che sono necessari e specifici alla nostra professione. Ed esprimiamo la nostra gratitudine ai consulenti che seguono, per il loro sostegno professionale ed incoraggiamento: Margaret Singer, Ph. D.La consulenza di riforma del pensiero implica una preparazione familiare molto, molto maggiore. Richiede una preparazione familiare formale di 2-3 o più giorni che deve coinvolgere tutti i membri della famiglia e tutti i consulenti del team. Questa preparazione formale serve a realizzare quanto segue: - la famiglia impara a lavorare in gruppo e sotto pressione, e apprende il modus operandi dei consulenti; - permette al team di consulenti di osservare in che modo la famiglia coopera quando sotto pressione, e chi può rivestire o meno i ruoli più importanti durante l'intervento; - migliora la comunicazione tra famiglia e membro del gruppo; - permette alla famiglia di capire la cultura del gruppo, i suoi insegnamenti e in che modo le tecniche di riforma del pensiero influiscono sul membro del gruppo; - prepara la famiglia su come comunicare durante l'intervento, e quali preparativi pratici dovrebbero essere fatti; - mette l'accento sui processi di recupero e sulle responsabilità familiari che esso implica; - mette l'accento sulla serietà dell'intervento, e su tutte le sue ripercussioni; - facilita la famiglia a prendere una decisione completamente informata sull'intervento. Come potete vedere la consulenza di riforma del pensiero implica molti altri preparativi – e riveste la famiglia di maggiori responsabilità. La famiglia si rende conto che il team non si limiterà ad arrivare ed eseguire qualche magico procedimento che sistemerà per sempre le cose. Sia nell'assistenza d'uscita che nella consulenza di riforma del pensiero lo scopo dell'intervento non è fare in modo che l'individuo lasci il gruppo. Se questo potrebbe essere il risultato auspicato, lo scopo è fornire al membro del gruppo quelle informazioni che gli permetteranno di fare una scelta completamente informata.
Carol Giambalvo - Thought Reform Consultant 1. Carol Giambalvo gestisce un interessante sito web su cui reperire informazioni utili per familiari e amici di persone coinvolte in gruppi settari: Cult Information and Recovery. 2. AFF, American Family Foundation, studia manipolazione psicologica, gruppi settari, sette e nuovi movimenti religiosi. Fondata nel 1979 è nota per la sua professionalità, per l'informazione e l'aiuto a famiglie, ex membri, professionisti, educatori e giovani, e si basa su ricerca e studi accademici. Pubblica la rivista Cultic Study Journal e organizza seminari e conferenze, oltre che convegni internazionali. L'ultimo in ordine di tempo si è tenuto lo scorso maggio a Seattle. 3. Wellspring è un centro di accoglienza che fornisce programmi personalizzati di assistenza, informazione, recupero e rilassamento dopo esperienze traumatiche vissute in situazioni abusive (gruppi settari, traumi psicologici, violenze domestiche, abusi sessuali). Il suo staff, composto da professionisti, aiuta l'individuo a riflettere sulle sue esperienze, a capire come opera l'ambiente abusivo, ad affrontare i disagi emotivi e spirituali derivanti dall'esperienza e a progredire verso vie alternative per una vita soddisfacente e produttiva. |
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