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I culti distruttivi: la seduttività di un partner ignoto

Di Pierangelo Garzia.

Centro Studi e Ricerche sulla Psicofisiologia degli Stati di Coscienza - Milano.

Articolo tratto dalle pagine internet del C. I. C. A. P., Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale.

La necessità di ogni individuo di raggiungere una spiegazione emotivamente soddisfacente ai grandi problemi dell'esistenza quali l'origine dell'uomo, la sofferenza e la morte, spinge alcuni a percorrere strade che apparentemente forniscono tali spiegazioni. 

Spesso, tuttavia, il prezzo da pagare è quello della perdita totale di se stessi, dei propri riferimenti sociali e affettivi, della propria progettualità di vita. Se vediamo la vita sana e realizzata di un individuo come il dispiegarsi e l'allargarsi di ogni sua possibilità cognitiva e comportamentale, possiamo parlare di "culti distruttivi" in tutti quei casi in cui le potenzialità di un individuo vengono sacrificate ad una fede, ad una ritualità, ad un sistema di credenze. 

Se da una parte ogni persona coltiva la legittima aspirazione al cambiamento e al miglioramento di sé, a ricercare rapporti soddisfacenti con gli altri, a trovare un ambiente affettivamente e emotivamente gratificante, l'affiliazione al culto come "scorciatoia" verso tali traguardi è a volte la peggior strada da percorrere. 

Ciononostante, nell'analisi psicosociale dell'adesione acritica ai nuovi culti e ai gruppi magico-religiosi settari, da vari autori si è fatto rilevare come tale adesione sia da ascriversi a motivazioni che percorrono tutto il tessuto sociale in molte manifestazioni della nostra epoca storica. In sostanza i nuovi culti, "distruttivi" o meno, non sarebbero una causa dei mali nella generale crisi della nostra società, ma soltanto un sintomo. 

Sintomo di un male molto più diffuso, complesso e dipendente da molteplici fattori. Inoltre, in un sistema sociale dove i rapporti interpersonali diventano sempre più difficoltosi, distanti e superficiali, in sostanza poveri o insoddisfacenti sul piano della carica emotiva, l'adesione al culto diventa una necessità vitale inderogabile. 

L'operatore della salute mentale, di formazione psicologica o psichiatrica che sia, non può perciò non tenere conto di questi molteplici fattori, per non incorrere nel rischio di "patologizzare" scelte di vita motivate dall'incapacità di sostenere il ritmo con un mondo complesso e ipercompetitivo. 

Il culto fornisce risposte semplici a problemi che fino al momento dell'affiliazione erano considerati complessi o, addirittura senza soluzione. Il culto organizza la vita della persona in orari, impegni, regole alimentari e sessuali, ritualità, quando prima dell'affiliazione tutto era, magari, percepito come disordinato e caotico. Il culto offre un luogo fisico, una nuova famiglia presso cui stabilirsi, nella quale vigono i principi della reciproca accettazione e della reciproca collaborazione. Il culto offre uno stile di vita che non è basato sulla lotta per l'affermazione personale e sulla competizione, ma bensì sulla dedizione totale ad un unico scopo e ad unico traguardo. Il culto è in relazione con una dimensione soprannaturale, in grado di dispensare gioie illimitate, poteri psichici, la guarigione dai mali, La serenità, il paradiso ultraterreno. Quale altra scelta umana, quale convinzione scientifica, politica o religiosa di stampo ortodosso può fornire una simile serie di possibilità ad una persona smarrita, delusa o insoddisfatta della nostra epoca? 

Da un giorno all'altro, dal momento stesso in cui una persona entra in relazione con i rappresentanti del culto, intravede questa serie di possibilità. Intravede questa soluzione "magica" di tutti i suoi problemi. A tutti noi è stato insegnato che i problemi, per essere risolti, il più delle volte richiedono impegno e tempo. Nel caso dell'adesione al culto la prospettiva di soluzione dei problemi appare quasi immediata o, almeno, facilmente attuabile. 

L'individuo aderisce al culto senza rendersi conto, o rendendosi limitatamente consapevole, che tale adesione può costituire una "distruzione" della sua personalità, dei suoi rapporti familiari e affettivi, della sua indipendenza lavorativa e economica, della sua individualità cognitiva. Tutto ciò può essere ascritto a quei culti che noi oggi definiamo "distruttivi", ma fa comunque parte di una millenaria tradizione in campo religioso e iniziatico. Nei riti iniziatici del passato il neofita è colui che deve "morire" alla vita precedente, che deve interrompere i suoi legami affettivi, per rinascere alla nuova vita di adepto. In sostanza, come è già stato fatto notare, ogni forma di culto e di credenza è un "fenomeno complesso e ambivalente". 

Tornando comunque ai culti che noi attualmente definiamo "distruttivi", possiamo semplificarne l'analisi individuandone una serie di "scopi" e di "tecniche" per ottenerli. 

Grosso modo, possiamo sostenere che tali culti, al di là delle promesse salvifiche, si prefiggono lo scopo di manipolare la vita emotiva di un individuo al fine di indirizzarne le possibilità operative ed economiche all'interno di un ordine gerarchico. Il leader del culto e i suoi più stretti collaboratori beneficiano dell'opera di una schiera di individui asserviti psicologicamente al culto, messi in una condizione di sottomissione, di vera e propria "schiavitù emotiva". 

Le tecniche che consentono agli operatori del culto di asservire i neofiti possono assumere vari aspetti rituali e comportamentali, ma grosso modo possono essere riuniti nelle seguenti categorie concettuali: 

 
 
  • il neofita proviene dal mondo profano, quindi è un impuro, un ignorante, un incapace, con la possibilità di accedere, grazie al culto, alla purezza, a dimensioni superiori di conoscenza e di potere su se stesso e sul mondo circostante;

  •  
  • il corpo e la mente del neofita sono al servizio del culto, che ne può disporre secondo i tempi, i modi e le necessità che ritiene opportuni;

  •  
  • gli operatori del culto sono coloro che "sanno", che non possono essere messi in discussione, pena l'emarginazione e a volte la punizione dell'adepto.
 
 
Accettando e attuando una simile serie di regole cognitive e comportamentali, non si può che regredire sul piano psicologico, dalla condizione di persona adulta, indipendente e autonoma, a quella infantile che riconosce la piena autorità genitoriale e si adegua totalmente ad essa. Non a caso diversi culti si sono dati come denominazione "I bambini di...", "I figli di..." , fin troppo evidente necessita` di far regredire i propri adepti a uno stadio simile a quello dell'infanzia; ma non tanto per un idilliaco ritorno alla purezza e alla semplicità infantile come spesso viene sostenuto dai rappresentanti dei culti stessi, quanto per poter dominare più efficacemente la mente degli adepti e, di conseguenza, di indirizzarne il comportamento. I leader del culto sono percepiti come "padri" e "madri" sostitutivi all'interno di una famiglia che accoglie il neofita con quello che è stato definito "love bombing", un insieme di attenzioni, di comprensione e di calore partecipativo, come dai magici anni dell'infanzia non pensava più di poter ottenere. 

I passaggi per arrivare all'asservimento dell'adepto sono, più che "riti di passaggio" come esoticamente si sostiene, delle vere e proprie tecniche di manipolazione psicologica. Il principale passaggio è quello dello "shock biografico". In sostanza, l'individuo che entra a far parte del culto non ha storia precedente. Mentre per qualsiasi attività adulta e` importante poter dimostrare quanto si è studiato, quale tirocino si è seguito, quali sono le specifiche competenze, in sostanza qual e` il nostro "curriculum", per l'adesione al culto tutto ciò non ha alcuna importanza. Si tratta di un sistema di valori completamente ribaltato rispetto alla norma. Da una parte questo è altamente rassicurante - non viene richiesta alcuna specifica competenza o capacità professionale - ma dall'altra dovrebbe essere indice preoccupante di come l'individuo, in quanto tale, non abbia grande importanza se non per i fini e gli scopi del culto. 

Lo "shock biografico" si estende al totale controllo della storia passata e futura dell'individuo, regolando la sua vita affettiva e sessuale, programmando l'unione matrimoniale all'interno del gruppo che aderisce al culto. L'individuo viene perciò totalmente sradicato dalla sua precedente realtà sociale e culturale. Viene completamente trasformata la sua storia personale. Si tratta di una vera e propria "rinascita" e l'individuo si trova a non aver più altri riferimenti che non siano quelli offerti dal culto. 

In un gruppo italiano di ispirazione magico-esoterica, con sede in un località montana del Piemonte, gli adepti hanno organizzato una vera e propria comunità socio-economica, all'interno della quale circola una moneta appositamente coniata. Gli adepti si devono servire di quello scambio monetario, e quindi, anche sul piano economico, non hanno più alcuna possibilità di rapporto con il mondo esterno. è altresí significativo che nella medesima comunità le persone non possano più utilizzare il loro nome di battesimo, ma debbano assumere il nome di un animale. Cosi` c'è chi ha preso il nome di "Canguro", di "Marmotta", di "Cinghiale". 

Soltanto il leader della comunità magico-esoterica mantiene il suo nome e cognome di battesimo, la sua identità originaria. Come dire che soltanto a lui è concesso di mantenere ancora una identità umana, mentre i suoi adepti sono declassati a identità "animali". 

Purtroppo da parte delle persone che aderiscono a "culti distruttivi" non c'è la consapevolezza del rischio a cui si espongono, al di là degli insegnamenti e degli stili di vita rassicuranti che vengono loro offerti. Qualcosa di simile, in campo medico-epidemiologico, avviene in relazione all'infezione da HIV, dove a seguito della pulsione affettiva e sessuale molte persone non tengono conto del rischio a cui si espongono iniziando una relazione con un partner fino a quel momento ignoto. Di conseguenza comportandosi senza prendere alcuna precauzione nei confronti della possibilità di infettarsi con il virus dell'AIDS. 

L'affiliazione a un culto è simile alla relazione con un partner seduttivo e amoroso, ma ignoto, di cui un giorno ci si potrebbe drammaticamente accorgere del rischio a cui ci si è esposti per eccessiva leggerezza. 

Da quanto abbiamo sommariamente detto è evidente che l'affiliazione passiva a simili culti può essere una strada senza ritorno. A maggior ragione per giovani o persone che si trovano ad attraversare periodi critici della loro vita e con disturbi di personalità che necessiterebbero più dell'intervento dello psicoterapeuta che non della trappola emotiva tesa dai culti settari. 

Ma, all'angolo della strada è più facile imbattersi nel rappresentante di un culto che non in uno psicoterapeuta. 
 

 
Bibliografia

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  • Wilson R. B., Religion in Sociological Perspective, Oxford, 1982.
 
 
 
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