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Inchiesta - Le sette in Italia 

Famiglia Cristiana n. 23, 14 Giugno 1998.

 
 
 
 
 
 
Una fede, qualunque 

di FRANCO PIERINI
 

Il diffondersi delle "nuove religioni" è fenomeno tipico dei momenti storici di transizione. Come difendersi, però, quando uno di questi culti s’infiltra in famiglia? Come giudicare certe proposte che arrivano persino dalla scuola o dal mondo del lavoro? Ecco la mappa delle sètte nel nostro Paese e la possibile risposta.  

Il fenomeno delle sètte religiose o, più eufemisticamente, delle "nuove religioni", sta passando ogni giorno di più dalle strade, dalle piazze, dai luoghi di raccolta, alle prime pagine dei periodici e, adesso, anche ai rapporti di Polizia e ai documenti parlamentari. 

Episodi tragici come quelli dei davidiani morti nel rogo della loro fattoria nel Texas o degli esoterici suicidatisi in California per trasferirsi sulla cometa Hale Bopp, e altri casi del genere vecchi e recenti, hanno avuto l’effetto di allarmare vasti settori dell’opinione pubblica, e quindi le Polizie e i Governi di mezzo mondo. 

Come è avvenuto tante altre volte nel corso della Storia, il fenomeno, sempre latente nel sottofondo della società, si acutizza, emerge, si manifesta quando convergono tra loro vari fattori caratteristici delle epoche di crisi e di transizione. Oggi fanno parte della miscela la mondializzazione e il rimescolamento sociale, le comunicazioni di massa e il pluralismo culturale e, paradossalmente ma non troppo, il fallimento delle tante pretese circa la "morte di Dio". Dove sono finiti gli ateismi di Stato, i teorici della secolarizzazione e dell’eclissi del sacro? Si ritrovano nelle tendenze più stravaganti come il regionalismo esasperato (con annessa celtomania e venerazione del dio Po), come il terrorismo ecologico (e relativa New Age), come le frenesie apocalittiche di fine millennio, come le attese spasmodiche degli Ufo e degli extraterrestri, come i desideri di fuga su altre stelle e altri pianeti. E c’è sempre di mezzo un "salvatore" che promette la soluzione di tutti i problemi, ma normalmente a spese degli altri. 

Il cristianesimo, quando nacque e cominciò ad affermarsi, fu considerato anch’esso da ebrei e da pagani alla stregua di una "setta", di una "nuova religione". I Romani lo definivano "superstizione nuova e malefica". Fu grande merito dei Padri della Chiesa aver cercato vigorosamente ed efficacemente di dimostrare il contrario: il cristianesimo – essi proclamarono – fa parte dell’anima stessa dell’uomo, è la sua più profonda aspirazione, e si ritrova fondamentalmente in tutte le tendenze culturali e religiose dell’umanità. Dovunque – essi dicevano – nonostante difetti, colpe ed errori, esistono e operano i "semi del Verbo divino", dovunque si può scoprire un "Cristo nascosto". 

È bene che le Polizie facciano indagini e rapporti, è anche giusto che ne discutano Governi e Parlamenti, è del tutto naturale che se ne interessino intellettuali e mass media: il fenomeno delle sètte, delle nuove religioni non si risolve però percorrendo queste strade. Sono e saranno sempre i cristiani l’"anima del mondo" più vera, lo spirito critico più autentico e costruttivo della società. Guidati dal magistero della Chiesa, spetta loro interessarsi di tutta questa gente alla ricerca della religione perduta, cercare di comprenderli, amarli e aiutarli. 

Questo non deve escludere, tutt’altro, la difesa della propria fede, delle proprie sacrosante convinzioni, e l’opera di prevenzione per la serenità e l’unità della famiglia, "chiesa domestica", e della parrocchia, "chiesa locale". Ciò che non dovrebbe mai mancare, però, è la testimonianza del rispetto, del dialogo, e anche della ricerca comune, là dove essa risulti possibile, auspicabile, praticabile. 

In ogni caso, sembra si possano dare per scontati due aspetti del problema. Il pluralismo religioso, così come il pluralismo culturale e politico, è entrato ormai a far parte stabile del paesaggio italiano, così che, accanto alle chiese e alle cappelle, accanto alle sinagoghe, accanto alle moschee con o senza minareto, spunteranno sempre più numerose le sale di riunione delle "nuove religioni". C’è da augurarsi, allora, che tutto avvenga alla luce del sole. La sfida – è questo il secondo aspetto – consisterà dunque nel convincere tutti a confrontarsi e a testimoniarsi reciprocamente la propria disponibilità e la propria fede. La sfida consisterà nel mostrare in teoria e in pratica che siamo tutti nella stessa barca, in viaggio verso il medesimo Cristo e il medesimo Dio. 

Franco Pierini  
 
 
 
Le crisi tra coniugi a causa di una nuova "fede": prime vittime, i bambini

Se tuo marito diventa un adepto 

di LUCIANO SCALETTARI
 

«L’indifferenza e l’intransigenza», dice don Cadei del Centro cattolico di ascolto di Bergamo, «sono sbagliate». «Meglio studiare il nuovo culto del coniuge». 

Questa è la storia di una coppia di Bergamo, con una bambina di tre anni. La crisi inizia quando il marito aderisce ai Testimoni di Geova. La moglie non accetta la scelta. I rapporti peggiorano e il clima familiare diventa molto conflittuale. «O me o la tua religione», dice a un certo punto la moglie. Lui sceglie la nuova fede, lei se ne va. La piccola resta col padre, ma nel tempo emerge nella bambina una crescente sofferenza psicologica, dovuta all’assenza della madre. 

Dopo due anni l’assistente sociale convoca i genitori: «Se non trovate una soluzione questa bambina avrà gravi turbe psicologiche», dice loro. I genitori decidono di provare a tornare insieme, per il bene della figlia. E dopo qualche anno risolvono anche il conflitto religioso, perché il marito lascia i Testimoni di Geova. «È una vicenda che abbiamo seguito al Centro cattolico di ascolto di Bergamo. E forse spiega, meglio di tanti discorsi, l’impatto devastante che ha sulla famiglia, e in particolare sui bambini, la conflittualità che spesso si crea in seguito all’ingresso di un coniuge in un gruppo religioso alternativo». Le parole sono di don Battista Cadei, responsabile del Centro di Bergamo. Sono centinaia, ormai, i casi di famiglie in difficoltà che si sono rivolte alla sua équipe

«Quando in famiglia si nota il cambiamento di atteggiamenti, di idee, di comportamenti del neoadepto, quando si nota la progressiva riduzione dei rapporti sociali abituali, i familiari reagiscono di solito in due modi: o con durezza e intransigenza, oppure con indifferenza, cioè lasciando fare. Entrambi questi modi di reagire sono sbagliati», sottolinea il sacerdote. L’esperienza degli operatori del Centro insegna, invece, che è di fondamentale importanza non interrompere il rapporto. Occorre mantenere un canale di dialogo, nel quale la prima regola è il rispetto reciproco delle idee e delle scelte. 

Don Cadei, in un volumetto in uscita in questi giorni (Sètte e nuove religioni. Che fare?, Edizioni Dehoniane) offre una serie di suggerimenti ai familiari preoccupati dall’adesione di un parente a una setta. Primo, è importante ottenere informazioni sul gruppo, capire di che cosa si tratta. E, contemporaneamente, comprendere anche le ragioni esistenziali che hanno spinto il proprio caro ad aderire a un "credo" diverso. 

«Certo», aggiunge don Battista, «studiare il nuovo culto mette i familiari nel rischio di lasciarsi troppo coinvolgere. Quindi è altrettanto essenziale fare un lavoro su sé stessi, per approfondire la propria fede e la pratica religiosa. Per molti è stata un’occasione di vera conversione. Infine, vediamo che è di grande aiuto un sostegno "esterno", come un centro di ascolto. Serve anche per confrontarsi con chi vive esperienze analoghe». 

Un ultimo importante suggerimento, specie se è un figlio ad aderire al gruppo religioso: niente soldi, oltre a quelli che si danno normalmente. Alcune sètte chiedono forti elargizioni in denaro, anche per molti milioni. Su questo versante il consiglio è di essere rigidi, non solo per salvare il bilancio familiare ma anche per responsabilizzare il figlio sulle sue scelte. 

Il problema dei minori resta il più grave: «Nelle famiglie in via di separazione», dice don Cadei, «le sofferenze, le sfide e i ricatti fra i coniugi spesso vengono giocati sulla testa dei figli. È necessario che i genitori, pur nella difficoltà del momento, facciano ogni sforzo per lasciar fuori i bambini dalle loro contese, a tutti i livelli e in tutti i modi». E in questa sorta di protezione possono essere d’aiuto anche gli insegnanti, se sono a conoscenza del problema, prestando particolare attenzione a evitare episodi di isolamento nei rapporti con i coetanei, tanto più importanti quando la famiglia è in difficoltà. 

«Sono d’accordo con don Cadei», aggiunge lo psicologo Maurizio Antonello, perito in molte cause di separazioni legate alle sètte, «per il bene del bambino è necessario che i genitori trovino forme di dialogo e convivenza. Ma occorre innanzitutto la volontà del coniuge che ha aderito al culto alternativo. Questa volontà spesso non c’è. In particolare nei casi in cui sono coinvolti i Testimoni di Geova, il coniuge estraneo alla congregazione di frequente si presenta a noi allargando le braccia: "Ci sono tre strade", dice, "separarsi, lasciar fare o accettare di entrare tra i geovisti". Questo di solito accade perché gli anziani della congregazione, ossia i responsabili locali, sembrano appoggiare in pieno l’intolleranza e la rigidità del coniuge settario». 

Luciano Scalettari 
 

 
Parla Giannicola Sinisi, sottosegretario all'Interno

«Lo stato mette il limite del codice» 

di GUGLIELMO SASININI

 
 
Mesi di lavoro, poi un rapporto di 105 pagine con 70 schede. Così il ministero ha censito i nuovi movimenti religiosi e magici oggi attivi in Italia.  

Il rapporto Sètte religiose e nuovi movimenti magici in Italia, non porta la firma di un centro studi, né di una commissione parlamentare, com’è avvenuto in Francia e in Belgio, bensì quella della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, ovvero l’Ucigos, l’Unità centrale per le investigazioni generali e le operazioni speciali che, normalmente, si occupa di terrorismo e di eversione. 

Un tipico documento di Polizia, dunque, che in 105 pagine e in 70 schede descrive nei minimi dettagli che cosa sta avvenendo nel mondo misterioso delle sètte e dei movimenti magici, dalle radici del fenomeno fino ai possibili allarmi sociali. 

L’onorevole Giannicola Sinisi, magistrato, sottosegretario all’Interno con la delega per la Pubblica Sicurezza, ha seguìto le diverse fasi del rapporto e tiene a precisare subito che «parlare di allarme sètte non è corretto perché non corrisponde all’impostazione che abbiamo dato al nostro lavoro, e non è nemmeno la conclusione. La nostra è stata un’attività di analisi svolta a largo raggio, chiamiamola propedeutica all’attività di Polizia di prevenzione, che è nata dopo alcuni fatti di carattere internazionale come gli attentati in Giappone e negli Stati Uniti che hanno destato allarme nell’opinione pubblica». 

 
 
  • Ma quante sono le sètte che avete censito?
 
«Sono circa settanta quelle che abbiamo evidenziato, ma c’è da chiarire che non abbiamo fatto solo un elenco delle sètte pericolose. Dopo aver operato le dovute distinzioni tra confessioni tradizionali ed espressioni di nuova religiosità, abbiamo cercato di individuare quali sono le condotte che possono assumere rilevanza penale. Quindi abbiamo fatto un’analisi del fenomeno e dei movimenti che oggi si sono maggiormente manifestati, fra i quali vi sono quelli buoni e quelli cattivi. Per noi le sètte cattive sono solo quelle che hanno pendenze giudiziarie per procedimenti penali sulla base di illeciti commessi. Naturalmente tutte le confessioni religiose sono libere di fronte alla legge, mentre è necessario che i rispettivi statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne, in privato o in pubblico, il culto: purché non si tratti di riti contrari al buon costume e purché non si commettano reati di sorta». 
 
 
  • Da che cosa è nato questo rapporto, che ha visto impegnata per molti mesi la Polizia di prevenzione?
 
«Dall’esigenza del Governo di fare chiarezza sull’attività e sul proliferare delle nuove religioni in Italia per verificare, in concreto, gli effetti che le sètte e le pratiche esoteriche possono produrre sulla legalità e sulle attività ai confini dell’illecito. Prima di tutto abbiamo cercato di capire la linea di demarcazione tra movimenti e sètte. È un terreno difficilissimo, dovendo distinguere tra confessioni tradizionali, espressioni di nuova religiosità e quelle che invece hanno assunto un rilievo penale. «Abbiamo adottato dei criteri per operare queste distinzioni: criteri che vanno dai metodi utilizzati per reclutare i nuovi seguaci attraverso i meccanismi del cosiddetto "lavaggio del cervello" o la limitazione della libertà all’autodeterminazione dei singoli. Il fatto che vi siano interessi di tipo materiale o commerciale dei capi carismatici ci ha fatto verificare se vi fossero versamenti di denaro ottenuti con metodi aggressivi, vendite di merci o servizi, sedute psicoterapeutiche, corsi di perfezionamento. Le condotte qualificate come immorali o illecite dal Codice penale possono infatti instigare a comportamenti devianti o addirittura pericolosi per la sicurezza pubblica. In ultima analisi abbiamo anche verificato che non vi fossero piani eversivi o destabilizzanti dissimulati dal pretesto religioso». 
 
 
  • E avete trovato conferme di questo?
 
«Il rapporto si conclude dicendo che questo pericolo, che è stato ravvisato a livello internazionale, in Italia, allo stato attuale, non sussiste. L’allarme generalizzato lanciato dai mezzi d’informazione non è affatto fondato. Ovviamente non si possono escludere gesti inconsulti di individui o di singoli appartenenti a sètte religiose anche in occasione del Giubileo. I folli non mancano mai e un matto o un esaltato può sempre saltar fuori e sfruttare il grande evento per ottenere gli onori della cronaca». 
 
 
  • C’è anche chi ipotizza che il fine reale di alcuni di questi movimenti sia di condurre gradualmente la nostra società verso un nuovo assetto non solo spirituale ma anche politico...
 
«Un disegno di questo genere, per essere realistico, necessita di una struttura organizzativa efficiente e ben distribuita sul territorio, oltre che di consistenti finanziamenti e di accrediti presso ambienti influenti. Al momento nessuno dei movimenti presenti in Italia sembra possedere questi requisiti. Non si può però ragionevolmente escludere che molte delle nuove sètte importate dall’estero in un prossimo futuro possano differenziare la loro attività. E in particolare che i gruppi maggiormente ambiziosi e politicizzati attuino strategie più incisive per ampliare la propria sfera di influenza, oppure che qualche leader carismatico, abituato a esercitare un potere incontrastato nei confronti dei fedeli, decida di tentare soluzioni forti per imporre anche ad altri la propria verità. Per questo è importante seguire l’evolversi del fenomeno, verificando per ciascun movimento sia la consistenza numerica, sia la coerenza dell’attività effettivamente svolta rispetto alla dottrina professata». 
 
 
  • In Italia questi movimenti sono in crescita?
 
«Indubbiamente sono tanti. Tra nuovi movimenti religiosi, gruppi orientalisti, movimenti esoterici ed occultistici, spiritisti, sètte sataniche, movimenti neopagani, si arriva a più di 83 mila aderenti». 

Guglielmo Sasinini  

 
 
 
Il pericolo dei movimenti che promettono la libertà della mente

L'invenzione delle psicosette 

di LUCIANO SCALETTARI
 

Mescolano psicanalisi, religione, scienza e pratiche iniziatiche. E spesso si mascherano da scuole di formazione o addirittura da corsi per manager.  

Le sètte "di tendenza", ossia quelle che negli ultimi anni hanno ottenuto le maggiori adesioni, sono certamente quelle legate al variegato mondo della New Age (Nuova Era). L’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, nel suo recente libro Nomadi spirituali (Mondadori), definisce il movimento «in espansione, complesso e articolato», la proposta esistenziale di un «sincretismo davvero stupefacente tra filosofie orientali, psicologia del profondo, visione magica del mondo, ufologia e religioni primitive». Insomma, un calderone dove bolle di tutto, e in cui ciascuno può trovare gli elementi per confezionarsi un "credo su misura". 

A livello statistico, la New Age presenta le più significative percentuali di crescita (si tratta comunque di circa 3.000 aderenti in Italia), seguita dai gruppi satanisti (ma in questo caso i numeri sono ancora più esigui). Le sètte che, invece, allarmano di più il ministero dell’Interno sono quelle per lo sviluppo mentale, o psicosette, non per ragioni di crescita numerica degli aderenti (c’è, ma è contenuta), quanto piuttosto per la potenziale pericolosità sociale. 

Secondo il rapporto «queste sètte sono ritenute le più pericolose e capaci di operare una "destrutturazione mentale" negli adepti, conducendoli spesso alla follia e alla rovina economica; per cui sono spesso definite anche "culti distruttivi"». 

Il censimento del rapporto cita una serie di gruppi: oltre alla nota Scientology, ci sono Life discover principles, Silva mind control, Fellowship of friends, Il Centro (Evo Cris), Centro italiano di psicologia e di ipnosi applicata, Valter bredeon seminars, Centro sipcasdia, Cultural and spiritual association (Casa), Associazione di ontopsicologia, Harmony body mind, Ergoniani

Le psicosètte «rappresentano una novità tutta occidentale», prosegue il rapporto, presentando una mescolanza di intuizioni psicanalitiche, precetti morali, metodi pseudoscientifici, pratiche iniziatiche e liturgiche «che prescindono, nella maggior parte dei casi, dalla credenza in un Essere supremo e da speculazioni escatologiche». Ciò che accomuna queste sètte è la pretesa di sviluppare appieno le potenzialità mentali e psicologiche dell’uomo attraverso la liberazione di condizionamenti mentali, malattie e infelicità. 

Il guaio è che spesso si mascherano sotto forma di centri psicoterapeutici, istituti di ricerca e scuole di formazione, o addirittura corsi per manager o per lo sviluppo della memoria. Il rapporto del Viminale osserva che spesso «è richiesta la frequentazione di appositi "corsi" a pagamento (piuttosto onerosi) o addirittura la devoluzione di tutti i propri beni al gruppo e un impegno a tempo pieno nelle attività dell’organizzazione». 

Il documento si sofferma particolarmente su Scientology: «La caratteristica del movimento che desta maggiore preoccupazione è la sua ambizione a creare una "democrazia scientologica" su base planetaria, il cui presupposto necessario è la "purificazione" di tutti gli individui; ove tale obiettivo fosse realizzato almeno all’80 per cento, non ci sarebbe più bisogno di elezioni e dibattiti politici. A chiunque si opponesse sarebbe negato lo status di cittadino». La ricerca sottolinea le gravi ripercussioni familiari nei soggetti che entrano nel movimento (che conta in Italia 7.000 aderenti): la terapia tenta di «ridurli in uno stato di totale soggezione», attuando «sistemi di condizionamento mentale». Infine, le "confessioni" degli adepti sulla propria vita privata, di solito rilasciate durante le sedute di terapia, «successivamente potranno essere adoperate contro di loro come strumenti di ricatto». 

Luciano Scalettari  
 
 
 

E la personalità va in fumo
Brain-washing, lavaggio del cervello. La felice metafora fu coniata agli inizi degli anni Cinquanta dal giornalista Edward Hunter Jr. per indicare i sistemi di condizionamento mentale utilizzati in Cina e in Corea nei campi di rieducazione. Il fenomeno dei dissidenti che dopo il trattamento di persuasione abbracciavano senza riserve il "credo" comunista è stato a lungo studiato, e se ne conoscono i meccanismi.

Oggi, l’espressione lavaggio del cervello viene accostata anche alle tecniche fascinatorie di alcune sètte. «Su questo tema il dibattito è acceso», dice lo psichiatra Mario Di Fiorino, che sta per pubblicare un libro nel quale analizza proprio il fenomeno del brain-washing (L’illusione comunitaria, edito da Moretti e Vitali). «Ma senza dubbio vengono messe in atto alcune pratiche per rendere più suggestionabili i neofiti». Il professor Di Fiorino le indica: la limitazione dei contatti con la famiglia, il ritiro dei nuovi adepti in luoghi isolati, la drastica riduzione degli spazi di privacy e l’iperattivismo che sottopone il soggetto a condizioni di stress. Infine i cambiamenti dietetici e alimentari, e la privazione del sonno.

«Quando entra in una setta», spiega lo psichiatra, «il neofita subisce una sorta di spoliazione: viene coperto di attenzioni e reso più ricettivo dal brusco cambiamento di abitudini e dalla stanchezza. Poi, nella seconda fase, viene sollecitato ad adottare le nuove idee, le pratiche e i comportamenti approvati dal culto». La terza fase è l’integrazione: il soggetto acquisisce una nuova personalità, sostenuto da una diversa visione del mondo, diverso linguaggio, ruolo, attività, relazioni sociali. «Potremmo usare l’immagine del "gorgo", del vortice di corrente che trascina», dice Di Fiorino. «All’inizio la scelta di immergersi nel torrente è libera e consapevole, ma poi si può entrare in un vortice e procedere trainati».

Lo psicologo Maurizio Antonello punta il dito sulle psicosètte: «Questi gruppi», dice, «utilizzano in modo selvaggio tecniche psicoterapeutiche. Credo che gli psicologi non debbano più tollerarlo: oggi, la legge consente di perseguire questi abusi della professione». Come difendersi dai culti distruttivi? «Le difese individuali sono scarse», risponde, «anche perché spesso le persone si avvicinano alle sètte quando sono più vulnerabili. Lo Stato deve difenderle, quando scopre violazioni di legge. Vi sono sètte che mantengono archivi segreti, "processano" i propri seguaci indisciplinati, professano una dottrina che non riconosce lo Stato italiano. Ma intanto trattano per ottenere l’8 per mille, come i Testimoni di Geova»

 
l.sc.
 
 

Parla Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del Gris

«Quei corsi a scuola e in fabbrica...» 

di SIMONETTA PAGNOTTI

 
«Gruppi legati alla New Age stanno cercando di penetrare nelle scuole e nel mondo del lavoro», dice Ferrari, «è un affare, forse anche politico» 

«No, tutto sommato il rapporto del Viminale non ci ha detto niente di nuovo. Credo sia stata fatta una scelta e si sia deciso di pubblicare solo una parte dei dati a disposizione. Le notizie che fornisce mi sembrano attendibili proprio perché parla solo di alcuni gruppi, quelli ritenuti più problematici dal punto di vista dell’ordine pubblico. I seguaci della religiosità alternativa, un fenomeno che noi valutiamo nella sua globalità, sono molti di più, circa l’1,5 per cento». 

Giuseppe Ferrari è segretario nazionale del Gris, il centro cattolico di ricerca sulle sètte. Non si sbilancia nell’esprimere la sua preoccupazione. 

«Credo che alcuni di questi gruppi possano essere pericolosi, sono convinto che talvolta ci siano anche legami con elementi del terrorismo. Non credo, però, ci sia una matrice in sé più pericolosa delle altre. Voglio dire che un’eventuale minaccia può venire da gruppi legati all’occultismo come dalle cosiddette dottrine per lo sviluppo del potenziale umano o anche da movimenti di matrice cristiana». 

 
 
  • Che cosa pensa di fare la Chiesa per fronteggiare questo fenomeno?
 
«La Chiesa non può fare prevenzione riguardo a presunte attività di carattere terroristico. Il problema della Chiesa è legato alla fede delle persone: deve fare in modo che i cattolici non cadano nella trappola di chi predica messaggi vicini al cristianesimo per poi staccarli dalla fede e portarli su tutt’altro terreno. È chiaro che la Chiesa è preoccupata anche per eventuali azioni negative dal punto di vista sociale, ma non può occuparsi di questo. Può far presente che l’individuo va rispettato nella sua libertà religiosa individuale. Questo non lo mette mai in luce nessuno. È vero che le minoranze religiose vanno rispettate, ma è altrettanto vero che le minoranze religiose devono rispettare la libertà religiosa individuale del singolo. Quando esercitano condizionamenti illegittimi, non rispettano certo questa libertà». 
 
 
  • Qual è il vostro compito, se non è quello di fare prevenzione?
 
«Noi dobbiamo da un lato fare ricerca, dall’altro dare informazioni e aprire centri di ascolto per chi ha bisogno di aiuto, o per sé o per qualche familiare. Si tratta sempre di problemi legati al non rispetto dell’individuo. Le famiglie sono quelle che ne risentono di più: questi gruppi cercano per prima cosa di staccare l’individuo dalla famiglia, proprio per esercitare su di lui un maggiore controllo e infine arrivare al totale condizionamento». 
 
 
  • Dal rapporto del Viminale risultano inquietanti tecniche di condizionamento e proselitismo. Anche la scuola può diventare un ambiente a rischio?
 
«Tutti gli ambienti lo possono diventare, nella scuola con un’incidenza ancora maggiore. Ci risulta che nelle scuole stiano entrando gruppi che propongono corsi legati alla New Age e allo sviluppo del potenziale umano, ovvero alle psicosètte. Attraverso gli studenti ma anche attraverso gli insegnanti. Che questi insegnanti possano far passare determinati messaggi mi pare persino ovvio. Ancora più grave è che si chieda al Consiglio dei docenti di ratificare questi corsi come corsi di aggiornamento per tutti gli insegnanti. È accaduto, per esempio, in una scuola in Toscana. La stessa cosa avviene nel mondo sindacale. Sappiamo di corsi di questo genere proposti dal sindacato per tutto il personale di diverse aziende». 
 
 
  • Diventa sempre più difficile difendersi. Che cosa possono fare, per esempio, i genitori per opporsi a eventuali condizionamenti esercitati dagli insegnanti?
 
«Bisogna vigilare, stare con gli occhi bene aperti. Se succede che un insegnante cerca di condizionare pesantemente la personalità del ragazzo, non bisogna esitare a denunciarlo: è una cosa che un insegnante non deve assolutamente permettersi di fare». 
 
 
  • Di fronte a un attacco così massiccio, non avete la sensazione di una complicità di certe forze politiche con le sètte?
 
«Sicuramente c’è in atto un tentativo di dare legittimazione al mondo della New Age. Hanno cominciato i Verdi, oggi ci provano anche forze politiche vicine alla maggioranza. Perché? Penso si tratti di una specie di business che può portare consensi. Il problema è che dentro la New Age c’è di tutto, movimenti innocui e altri pericolosi. Credo che oggi non ci siano strumenti culturali adeguati per difendersi di fronte a un mondo che lavora in modo ambiguo. L’unica possibilità è non fermarsi all’apparenza ma cercare di focalizzare, accanto agli eventuali aspetti positivi, anche le cose ambigue e controverse». 

Simonetta Pagnotti 

 
 
 
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