MILANO - Doccia fredda sui seguaci
di Scientology. Ribaltando la maxi-assoluzione pronunciata nel '91 dai
giudici di primo grado, la Corte d'Appello di Milano ha dichiarato Gabriele
Segalla - l'«importatore» di Scientology in Italia - e altri
28 adepti della sua «Dianetica» colpevoli di «associazione
per delinquere», con pene che arrivano a due anni e nove mesi. Un
marchio pesantissimo, per una istituzione che si fa chiamare «chiesa»
e che a livello mondiale conta oltre undici milioni di «fedeli»
tra cui Tom Cruise e Jonh Travolta.
«La Scientologia» - dichiara
da anni quest'ultimo - «possiede il segreto filosofico dell'universo».
Senonché, secondo il pm di primo grado Pietro Forno, l'unico vero
«segreto» dell'associazione fondata dall'americano Ron Hubbard
era ben altro: e cioè aver trovato un modo semplicissimo con cui
alcuni «profittatori» riescono a spillare quattrini a persone
deboli o disperate, promettendo felicità e successo in cambio di
corsi a pagamento. All'epoca del processo le cifre oscillavano - negli
Usa - tra i 500 dollari l'ora (un «riesame» per «sentirsi
puliti») e i 25.600 dollari in qualche mese (per scovare le «entità
negative» nascoste in noi «da milioni di anni»).
Quel dibattimento di primo grado sulle
filiali italiane di Scientology si concluse con l'assoluzione di 67 imputati
su 74: e gli unici sette condannati - la pena più alta toccava i
due anni - furono ritenuti colpevoli solo di maltrattamenti e circonvenzione
di incapace. Tutti assolti per l'ulteriore imputazione di evasione fiscale:
se Scientology è una chiesa, hanno sempre detto i «dianetici»,
le tasse non deve pagarle. La procura di Milano rispose alla sentenza con
ricorso che arrivò fino alla Cassazione, la quale rispedì
tutto in Appello. Ed è qui che l'accusa ha ottenuto il 2 Dicembre
scorso (ma la sentenza è "trapelata" solo ieri) una rivincita clamorosa
proprio sul capo d'imputazione che riteneva fondamentale l'associazione
per delinquere, che è valsa a Segalla - l'imputato più importante
- la condanna a un anno e otto mesi di reclusione. Confermate - e incrementate
- le pene inflitte in primo grado: tutte comunque sospese con la condizionale.
La parola ora torna alla Cassazione.